La Città Probita vista dalla Collina di Carbone, a sud.
Introduzione
Le residenze di re, sovrani o imperatori che solitamente siamo abituati a vedere nei paesi occidentali, pur essendo ricche e sfarzose, hanno le dimensioni di un grande palazzo o al massimo, specialmente per quelli di periodo pre-rinascimentale, di un castello.
In Cina, a partire dal tardo medioevo, quando in Europa l’oscurantismo della santa inquisizione dominava la scena, e fino ai primi anni del XX secolo, l’imperatore viveva in una vera cittadina fortificata, interamente costruita attorno a lui e pensata per permettergli di svolgere le sue funzioni pubbliche e, allo stesso tempo, di soddisfare tutte le sue esigenze umane e personali.
In questa cittadella si poteva entrare o uscire solo con il consenso dell’imperatore. Chi disobbediva a questa regola pagava con la vita.
Questa è l’origine del nome “Città Proibita” (“Zi Jin Chen”, in cinese), un luogo storico, perfettamente conservato, che ha ospitato l’imperatore della Terra di Mezzo per circa 500 anni, dal 1420 fino al 1912, quando l’ultimo imperatore fu costretto ad abdicare dalle forze della prima rivoluzione cinese.
Da questo momento in poi gli fu cambiato il nome a quello che tutt’oggi viene usato nelle nelle mappe e nelle indicazioni: “Palace Museum”.
L’appellativo “Museum” sta a sottolineare il fatto che ci si riferisce ad una reliquia storica che non è più sede di alcun potere politico.
Fortunatamente, la Città Proibita fu risparmiata da saccheggi e distruzioni nelle varie epoche rivoluzionarie e nelle invasioni di popoli stranieri vissute dalla Cina.
Né Francesi, né inglesi e nemmeno le truppe rivoluzionarie vittoriose di Chiang Kai Shek prima e di Mao Zedong poi, hanno avuto il cuore di distruggere tale bellezza architettonica, nonostante fosse la sede e il simbolo di ciò contro cui avevano strenuamente combattuto.
Fortunatamente, quindi, possiamo ancora godere di questo luogo magico e incantato.
Questo suo fascino discreto e allo stesso tempo ammaliante e pervasivo è stato riconosciuto di fronte al mondo intero quando, nel 1987, il sito è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, come il più grande e meglio conservato sistema di strutture antiche in legno al mondo.
Dove si trova e quanto costa il biglietto per la Città Proibita
La Città Proibita (o Palace Museum che dir si voglia) si trova nel pieno centro della città di Pechino, di fronte a Piazza Tienanmen.
Si può raggiungere tramite la linea 1 della metropolitana, scendendo alla fermata di Piazza Tienanmen Est (o quella di Piazza Tienamen Ovest) e seguendo le indicazioni.
Ricorda di portare il passaporto perché è necessario sia per oltrepassare i controlli di sicurezza all’ingresso della piazza, sia per poter fare il biglietto di entrata.
Fai attenzione a non fare il biglietto per la terrazza panoramica per la piazza (le segnalazioni non sono fra le più chiare); procedi sempre avanti finché non ti chiedono il biglietto, la biglietteria è al lato dell’entrata.
Il costo è tutto sommato contenuto ed è di 60 Yuan a persona.
Inquadramento storico
Pechino non è sempre stata la capitale dell’impero cinese; la diventò sotto la dinastia Yuan (1271 d.C. – 1368 d.C.) per volere di Kublai Khan.
La dinastia Yuan, il cui capostipite fu Gengis Khan, era originaria delle steppe del nord e fondò e resse per circa 100 anni quello che è passato alla storia come l’impero più esteso mai esistito, l’impero mongolo.
Nonostante la loro austerità nei costumi, di cui andavano fieri, il popolo mongolo non è sfuggito al fascino della cultura e dell’efficienza dell’amministrazione dello stato in uso presso i diversi regni che allora si dividevano la Cina, i quali, pur essendo frammentati e in lotta per la supremazia da circa 900 anni (ovvero dalla caduta definitiva della dinastia Han del 221 d.C.), conservavano una marcata omogeneità culturale e amministrativa.
Anche i mongoli, infatti, come tutte le popolazioni straniere che nell’arco della storia hanno conquistato la Cina, hanno dovuto fare i conti con la sua ricchezza culturale e materiale, e sono stati sottoposti ad un inesorabile processo di sinizzazione che li ha portati ad incorporare la cultura e l’organizzazione statale cinese e ad adottarne la struttura burocratica di potere, fondamentale per gestire “un impero su cui non tramontava mai il sole”.
Principalmente per questi motivi, il gran Khan dei mongoli spostò la sua capitale da Karakorum (al centro dell’odierna Mongolia) a Khanbaliq ponendo le basi di una vera città imperiale, sulle quali, in seguito, venne edificata Pechino.
Caduta la dinastia Yuan, dopo una breve parentesi di lotte intestine, prese il potere la dinastia Ming che aveva la sua base nelle regioni del sud e la sua capitale a Nanjing.
Presto iniziò un dibattito per lo spostamento della capitale al nord e fu individuata l’area di Pechino, che fu definita da uno dei più influenti consiglieri di corte come un’area con un “Feng Shui superiore”.
Dopo accesi scontri sulla opportunità o meno dello spostamento del baricentro del potere amministrativo, prevalse la posizione del principe Yongle (già in precedenza nominato dal padre governatore dell’area di Pechino) che, spostando la capitale, mirava a liberarsi dalla pesante influenza della nobiltà che aveva la sua base di potere al sud.
Da questi ultimi fatti si può comprendere la genesi del nome di Pechino, che fu dato alla città nel 1403, appunto, nei primissimi anni dopo l’instaurazione della dinastia Ming.
Pechino è la traslitterazione del nome cinese Beijing (北京). Il suo nome cinese è costituito dall’unione delle parole “nord” (北, bei) e “capitale” (京, jing) e significa letteralmente “la capitale del nord”; in contrapposizione a Nanjing, “la capitale del sud” da “sud” (南, nan) e “capitale” (京,jing).
Dopo aver deciso definitivamente lo spostamento del baricentro di potere verso nord e aver debellato le fazioni contrarie capeggiate dai suoi fratelli, il principe Yongle, divenuto nel frattempo imperatore, ordinò di dare inizio alla costruzione di quella che sarebbe stata la futura residenza.
Fu così che nel 1406 la costruzione della Città Proibita ebbe inizio.
I lavori procedettero spediti e, nonostante la sua immensità, fu completata in “soli” 14 anni.
Fu a questo punto, nel 1420, subito dopo il completamento dei lavori, che Pechino venne designata ufficialmente come la nuova capitale sotto la dinastia Ming, per poi rimanere tale fino ai giorni nostri.
Durante le epoche successive tutti e 24 gli imperatori che vi risiedettero (10 appartenenti alla dinastia Ming e a quella 14 Qing) governarono il loro enorme paese da qui, tramite editti imperiali garantiti dagli innumerevoli sigilli con cui venivano timbrati.
Tale situazione si protrasse fino al 1912 (anno in cui le truppe rivoluzionarie del Kuomintang entrarono nella cittadella), quando l’ultimo imperatore (Xuantong) fu costretto ad abdicare all’età di soli 6 anni (aveva 2 anni quando salì al trono nel 1908).
Su intercessione del nuovo governo, presieduto da Sun Yat Sen, gli fu comunque concesso di continuare a vivere nella sua residenza presso la corte interna fino al 1924 (fino cioè al raggiungimento della maggiore età), quando fu costretto a rifugiarsi presso l’ambasciata giapponese.
Morì all’età di 61 anni, il 17 ottobre 1967, di tumore alla prostata in un ospedale di Pechino, dopo che varie vicissitudini personali legate alla seconda guerra mondiale, che la Cina ha combattuto principalmente contro il Giappone, lo portarono ad occupare una anonima posizione di funzionario nell’enorme apparato amministrativo del partito.
A ricordare la sua avvincente storia rimane il colossal di Bernardo Bertolucci “L’ultimo Imperatore” che è stato il primo film che ha ricevuto il permesso ufficiale di effettuare le riprese direttamente all’interno della Città Proibita.
La costruzione della Città Proibita
Gran parte della cittadella fu progettata da un eunuco di nome Nguyen An. Fin da qualche anno prima dell’inizio della sua costruzione, l’imperatore iniziò a mandare degli inviati in tutto l’impero per raccogliere e scegliere i materiali migliori, che sono stati poi trasportati a Pechino principalmente per via fluviale.
La tipologia di legname utilizzato include Olmo, Rovere, Catalpa, Canfora e Abete; che furono trasportati da migliaia di chilimotri di distanza. Le forniture, inoltre, continuarono anche dopo la fine dei lavori per garantire le eventuali riparazioni.
Sebbene il principale materiale di costruzione fosse il legno, sia le mura che le piattaforme su cui sono stati costruiti gli edifici hanno richiesto molti mattoni e marmo, che è presente in due principali qualità: marmo mugwort, che è duro e bianco con una sottile ombreggiatura verde e marmo di giada bianca.
Questi blocchi di marmo, alcuni del peso di 180 tonnellate, potevano essere movimentati solamente in inverno gettando acqua sulla strada che, ghiacciando, ne permetteva lo scivolamento e richiedevano una ingente forza lavoro che arrivava fino a ventimila persone per un solo blocco.
Questa immensa forza lavoro veniva reperita tramite corvée obbligatorie, che sostituivano le tasse, e impiegando i condannati e i reclusi che dovevano lavorare con i ceppi al collo e nei piedi (almeno le manette gli venivano tolte!).
I mattoni erano principalmente costituiti da terracotta ma furono utilizzati anche altri tipi di mattoni e di piastrelle prodotte direttamente in situ, a Pechino, dove alcuni dei laghi presenti (ad esempio il lago in Taoranting Park), sono il frutto degli scavi effettuati per l’estrazione della arenaria necessaria alla costruzione.
Le forme dei tetti, veri e propri capolavori, differiscono profondamente e spaziano dalla forma conica a quella a capriata, più tradizionale, che presenta incurvature della parte discendente di inclinazione variabile.
Spesso, sul bordo del tetto, si trovano figure di animali allineate che rappresentano leoni, fenici, draghi, cavallucci marini, galli e tanti altri, di dimensioni variabili in base alla grandezza del tetto.
Sotto la supervisione di Nguyen An, un milione di lavoratori si occuparono della carpenteria, mentre centomila artigiani specializzati eseguirono le decorazioni.
L’intera struttura è stata elaborata seguendo perfettamente il Li Ji (o “Libro dei Riti”) ascritto a Confucio, e perfino le stanze da letto seguono i principi dello yin-yang e dei cinque elementi, incarnando un simbolismo molto caro ai regnanti di ogni epoca, che conferiva un’aura divina al loro potere assoluto e,di conseguenza, lo legittimava.
Anche la dominanza del colore giallo, colore imperiale dell’epoca Ming, simboleggia i cinque elementi e la dualità yin-yang.
Il primo occupante della città, l’imperatore Yongle, fu anche il primo ad essere interrato nelle colline sopra Pechino, ovvero nel famoso complesso cimiteriale che ospita le tombe degli imperatori Ming e, poco distante, di quelli Qing.
Con l’instaurarsi della dinastia Qing (nel 1644), originaria della Manchuria, furono apportati alcuni cambiamenti alla cittadella in ragione delle diverse esigenze e credenze dei nuovi regnanti (che venivano questa volta dal nord invece che dal sud), che modificarono i nomi delle sale e ne costruirono delle nuove.
Escluse le mura, tutti gli edifici sono costruiti in legno con uno stile architettonico tipico cinese.
Questo ha fatto sì che il nemico principale della struttura, che ha causato innumerevoli danni, fosse il fuoco. I 500 anni di storia della Città Proibita sono stati segnati da continui incendi, seguiti da innumerevoli ristrutturazioni e ricostruzioni.
Il primo incendio si verificò appena 100 giorni dopo l’insediamento del primo imperatore. Le strutture che vediamo oggi sono il risultato di ricostruzioni su ricostruzioni; e forse nessuno degli edifici ha la forma originaria che aveva nel 1420, anno di conclusione dei lavori.
Per combattere il fuoco, furono disseminati vicino a tutti gli edifici dei grossi contenitori di bronzo che venivano sempre mantenuti pieni di acqua e sotto i quali si accendeva un fuoco in inverno per evitare che l’acqua si congelasse e diventasse inutilizzabile.
La vita nella Città Proibita
L’imperatore rappresentava il vertice di una vasta struttura burocratica che gestiva, o tentava di gestire, dalla sua residenza nella capitale.
Poiché all’interno della sua Città non mancava nulla, di rado usciva nel mondo reale e questo ha provocato, negli anni, un progressivo distaccamento dalla realtà dei regnanti; e la sensazione che questa magnificente struttura fosse diventata una gabbia dorata, che portava i sovrani a delegare il potere reale nelle mani dei loro più vicini funzionari.
Infatti, nonostante l’imperatore tenesse regolamente più udienze giornaliere, data la vastità dell’impero e l’enorme quantità di petizioni e richieste di intervento, solo i documenti più importanti erano sottoposti alla sua approvazione, mentre la stragrande maggioranza erano valutati solo dai suoi funzionari o consiglieri.
All’epoca Ming si contavano circa ventidue mila ufficiali amministrativi, selezionati in accordo agli esami ufficiali basati sulla conoscenza dei quattro libri e dei cinque classici scritti da Confucio.
Gli ufficiali governativi che riportavano direttamente all’imperatore all’interno della Città Proibita erano i suoi 3 gran segretari e i suoi 6 ministri (del Personale, dei Riti, della Guerra, dei Lavori Pubblici, delle Finanze e delle Punizioni).
Anche all’interno della città era poi ovviamente presente un grande quantità di servitori, consiglieri e funzionari: gli eunuchi, ovvero maschi che si sottoponevano volontariamente alla castrazione facendosi asportare il pene e i testicoli per poter avere l’opportunità di servire l’imperatore all’interno della sua residenza.
Queste persone dovevano sottoporsi ad un’operazione cruenta e complicata che veniva effettuata con arpioni di metallo e senza anestesia, e che a volte portava alla morte per le complicazioni che ne scaturivano, sia durante l’operazione stessa sia e soprattutto dopo, nel caso che la ferita rimarginata impedisse il passaggio dell’urina.
La loro volontà di sottoporsi a una tale mutilazione veniva considerata come il segno della loro incondizionata lealtà; e vennero utilizzati in gran numero sia come spie che come consiglieri.
Verso la fine del Quindicesimo secolo si calcola che fossero attorno ai 10 mila e che il loro numero arrivò fino ai 70 mila agli albori della dinastia Qing nel 1644.
Venivano anche utilizzati come doni ai parenti del re e agli alti ufficiali meritevoli, assieme a seta, oro, argento e gioielli.
Erano diventati essenziali per svolgere gli affari di governo come dimostrato dal fatto che già a partire dal 1453, attorno alla città imperiale, si concentravano 24 agenzie specializzate nella fornitura di eunuchi.
Avevano importanti funzioni e una stretta gerarchia a capo della quale si trovava il Direttorato del Cerimoniale, presieduto a sua volta da un eunuco, che era in carica per la gestione dei rituali, delle sale cerimoniali e degli eunuchi e che, in sostanza, regolava sotto moltissimi aspetti la vita della Città Proibita.
Infatti, sotto la sua supervisione, lavoravano i numerosi dipartimenti che si dividevano la gestione del quotidiano all’interno della Città.
Vi era il Dipartimento dei servitori e dei carpentieri, che svolgeva tutti i lavori di ricostruzione e di restauro, il Dipartimento dei vestiti imperiali, che in pratica confezionava i vestiti per l’imperatore e le sue concubine e mogli, e il Dipartimento dei bagni, che puliva i bagni e li riforniva di saponi, sali da bagno e bacinelle varie.
Vi era addirittura il Dipartimento della carta igienica, dove gli eunuchi producevano i milioni di fogli di carta igienica richiesti annualmente. L’imperatore aveva una carta particolarmente soffice fatta di diversi materiali; ma quella standard era fatta con paglia, legno, oli e limone e su ogni foglio era riportato un timbro.
Vi era poi il Direttorato del cibo e della cucina, che preparava e serviva i pasti per tutti e che prima di servire l’imperatore, come nei film, li assaggiava per evitare proditori avvelenamenti.
I cibi per l’imperatore venivano serviti in piatti d’oro o di speciale porcellana (la qualità della porcellana Ming rimane a tutt’oggi insuperata e i famosi vasi Ming valgono ben più dell’oro), da eunuchi che lo seguivano con molte differenti tipologie di alimenti per essere pronti ad agire velocemente e sul posto se l’imperatore voleva mangiare.
I prodotti alimentari erano coltivati in grandi fattorie all’esterno della cittadella, anch’esse gestite da eunuchi, che fornivano una grande varietà di carne e ortaggi e che preparavano anche salsa di soia, tofu, farina e l’immancabile vino.
Gli eunuchi erano anche responsabili della farmacia imperiale che ovviamente era la meglio fornita del regno.
Non poteva mancare il Dipartimento dei vigili del fuoco che, come ho già sottolineato, ha sempre avuto un delicatissimo e importantissimo lavoro.
Non stupisce quindi che nel tempo gli eunuchi abbiano acquisito un potere straordinario e che, verso la fine della dinastia Ming, controllassero di fatto lo stato, avendo il totale controllo di tutte le comunicazioni in arrivo e in uscita per l’imperatore.
Questa tendenza si affievolì durante la dinastia Qing che aveva, non senza ragione, individuato nello strapotere di queste figure che agivano nell’ombra, la causa dell’indebolimento e della finale caduta della dinastia Ming.
Non riuscirono però appieno nel loro intento e gli eunuchi rimasero, fino alla fine, delle figure dimesse ma che condizionarono pesantemente le scelte dei vari imperatori e, in ultima analisi, i destini dell’impero.
Nonostante la città fosse proibita ai cittadini comuni, ai diplomatici stranieri era concessa una certa libertà di ingresso, della quale godettero, in primis, i diplomatici Coreani e Giapponesi.
Il primo occidentale ad entrare nella Città Proibita fu un italiano.
Il missionario gesuita Matteo Ricci fu infatti ricevuto nel 1601 da alti funzionari (ma non dall’imperatore in persona) e, conoscendo il cinese, rimase a corte parecchio tempo per istruire gli eunuchi riguardo alla tecnologia e all’astronomia occidentale, dopo aver constatato lo scarso interesse che suscitavano le idee religiose in oriente.
Durante la dinastia Qing fu comunque fatto largo uso di occidentali colti (tedeschi, olandesi, francesi e italiani) come traduttori e come consiglieri in materie tecnologiche.
Il ruolo dei pensatori occidentali crebbe nel tempo fino ad arrivare all’ultimo imperatore che addirittura ebbe come precettore il docente scozzese Reginald Fleming Johnston.
Per concludere questo capitolo sulla vita nella cittadella non si può non menzionare il ruolo che rivestivano le donne e che di volta in volta, in base alla loro capacità e scaltrezza, ha portato alcune di loro a esercitare una influenza determinante sul sovrano e addirittura a ricoprire la più alta carica come imperatrice.
Durante i regni della dinastia Ming si contavano fino a 100 “donne imperiali” e dalle 2000 alle 3000 “donne di servizio”.
Esse fungevano da portatrici della portantina reale, danzatrici, musiciste, fisioterapiste, contabili e da donne di servizio in generale.
Venivano reclutate in gruppi che andavano da 40 a 500 in base ai loro meriti ma anche forzosamente e a volte venivano rilasciate in caso si ammalassero o diventassero troppo vecchie.
La loro posizione si rafforzava, permettendo loro di salire la gerarchia di palazzo, specialmente se partorivano un figlio maschio, che ovviamente non poteva non appartenere all’imperatore dal momento che qualsiasi altro uomo all’interno della cittadella doveva essere un eunuco.
Ovviamente questa condizione fece sorgere intrighi e competizioni tra le varie madri che facevano di tutto per far prevalere i loro figli come potenziali successori o per ricoprire le alte cariche dello stato.
Alcuni imperatori volevano che le mogli li seguissero nella morte e questo diede origine, a volte, a esecuzioni di massa.
Quando questo estremo sacrificio non era richiesto e, alla morte del sovrano, riuscivano a mettere il loro figlio sul trono ancora minorenne, ne diventavano le tutrici e di fatto esercitavano tutte le funzioni come vere e proprie sovrane.
La più famosa di queste donne fu l’imperatrice Dowager Cixi (1835-1908) che conquistò il potere assoluto, nonostante le sue umili origini, nel 1861, quando suo figlio salì al trono dopo la morte dell’imperatore.
Inizialmente condivise gli affari di stato con un’altra imperatrice (la prima consorte del defunto imperatore), ma quando questa morì, nel 1881, divenne la sola reggente.
Orientamento
La cittadella ha forma rettangolare e copre una superficie di 72 ettari, estendendosi in direzione nord-sud per 961 metri e in direzione est-ovest per 753 metri.
Contiene, a oggi, 980 edifici per un totale di 8.886 stanze ed è circondata da mura di cinta alte circa 8 metri e larghe 8,5 metri alla base e 6,5 metri alla sommità.
Le mura hanno la doppia funzione di occultare la visuale al cittadino comune e di difesa; quest’ultima funzione è rinforzata da un fossato profondo 6 metri e largo 52 metri che circonda tutta la cittadella.
L’imponente struttura è suddivisa in due porzioni principali: la corte esterna, dove l’imperatore conduceva le cerimonie ufficiali; e la corte interna, dove si trovavano i suoi alloggi personali e le sue innumerevoli mogli e concubine.
Nella corte interna, che si trova nella zona sud (cioè dalla parte opposta a piazza Tienanmen), ci sono i giardini imperiali dove l’imperatore poteva rilassarsi.
La corte esterna, essendo la zona dedicata alle cerimonie, è caratterizzata da ampi spazi aperti dove le truppe sia a piedi che a cavallo potevano omaggiare l’imperatore con parate militari o dove venivano gratificate dopo una campagna vittoriosa.
Ci sono anche alcuni edifici pubblici (anche se è meglio dire “non privati”), ognuno con una sua determinata funzione che venivano utilizzati per ricorrenze particolari legate al cerimoniale di corte dettato del calendario lunare ma che comunque potevano cambiare nome e funzione al cambio dell’imperatore.
Il visitatore entra dalla porta nord, situata sulla piazza Tienanmen, e percorre tutta la via principale, dritto, fino alla corte interna per poi uscire dalla porta sud, che si trova oltre i giardini.
La visita
La visita si sviluppa in senso nord-sud e inizia dalla biglietteria con a fianco l’entrata sulla Piazza Tienanmen, guardando la grande fotografia di Mao Zedong sulla sinistra.
Ricordati di seguire le indicazioni per il “Palace Museum perchè se cerchi quelle per la “Forbidden City” (la “Città Proibita”) puoi cercare in eterno.
Una volta entrati ci si rende subito conto dell’ampiezza delle corti interne che sono attorniate di edifici in gran parte chiusi al pubblico.
In realtà non si può entrare in nessuno degli edifici ma, almeno, si possono vedere dal di fuori gli interni di quelli più importanti e contemplarne gli arredamenti.
Quelli aperti (o meglio con la porta d’ingresso aperta) al pubblico sono quelli lungo la via centrale e che hanno rivestito una qualche importanza nelle varie epoche imperiali.
Il visitatore non è obbligato entro percorsi predefiniti, ma può spaziare lungo tutta la struttura. Quindi, siccome la quasi totalità dei visitatori si mantiene lungo la via centrale, anche nei giorni di maggiore afflusso (ogni anno ci sono circa 14 milioni di turisti), la visita rimane gradevole.
Lungo la direttrice principale si trovano in sequenza gli edifici denominati la “sala della suprema armonia” (subito passato l’omonimo arco che funge da entrata), la “sala dell’armonia centrale”, e la “sala della conservazione dell’armonia”.
Si accede poi alla corte interna attraverso l’entrata della “purezza celeste” per incontrare l’omonima sala, seguita dalla “sala dell’unione e della pace”, dalla “sala della tranquillità sulla terra” e dai giardini imperiali.
Oltre a quelle lungo la via centrale ci sono molte altre stanze in cui si può buttare un occhio; meritano sicuramente menzione la “sala del valore militare” e la “sala della gloria letteraria” nella corte esterna e la “sala della venerazione degli antenati” e la “cucina imperiale” nella corte interna.
Gli edifici visitabili sono in tutto circa una quarantina.
All’interno del complesso, circa verso la metà del percorso sulla destra, si trova un ristorante con piatti cinesi e con prezz accettabili; oltre che ad un bagno.
Conclusione
Che tu sia interessato o meno alla storia cinese, penso valga la pena di spendere almeno una mezza giornata all’interno del complesso, non tanto per riempirsi di nozioni riguardanti le varie sale e i preziosi pezzi in esse contenute, ma anche solo per rimanere seduti qualche ora, in disparte dalla folla, e immaginare di vedere eunuchi, soldati, generali, diplomatici, concubine, imperatrici e imperatori camminare e svolgere le loro funzioni.
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Laura dice
Non ho ben capito dove si trova la biglietteria!
Grazie Laura
Furio dice
Ciao Laura, se entri da Piazza Tien An Men, dovrebbe essere sulla sinistra, se ricordo bene (ci sono stato tanti anni fa). Nota che comunque basta seguire i cartelli o, al massimo, chiedere a uno dei tanti inservienti!
Lola dice
Leggere i tuoi resoconti di viaggio è sempre un piacere..sono approfonditi e scorrevoli nella narrazione. Sei un viaggiatore attento, che approfondisce la storia e la cultura dei luoghi che va a visitare..