Se il video ti è piaciuto, alla fine di questo articolo trovi l’intervista a Agie, il proprietario della Ravioleria Sarpi
Storia di via Paolo Sarpi e dintorni
Non lontano dal centro di Milano sorge il quartiere Sarpi, da tutti conosciuto come la China town milanese. Si tratta del quartiere che si estende da quartiere del Municipio 1 sino al Municipio 8.
Come è facile immaginare, il nome deriva da una massiccia presenza della comunità cinese in questo luogo, dove sorgono numerose attività commerciali sulla strada, che recano insegne visibilmente cinesi.
Un errore comune è pensare che quella che a Milano viene comunemente chiamata China Town, comprenda solo via Paolo Sarpi. Inoltrandosi per le vie limitrofe, infatti, ci si accorge immediatamente che la Cina è “arrivata” e si è “estesa” per tutto un perimetro più ampio, tra via Canonica e, soprattutto, via Bramante.
I primi cinesi, prevalentemente provenienti dalla regione dello Zhejiang, sono arrivati negli anni venti, e molti milanesi ricordano ancora le strade di via Paolo Sarpi riempirsi di venditori ambulanti che si aggiravano per le strade gridando “clavatte”.
I negozi
Se i negozi italiani sono rimasti quelli della tradizione, Il tipo di esercizi commerciali cinesi presenti nella zona, ha subito diversi cambiamenti nel corso degli anni: mentre in origine erano prevalenti le attività di lavorazione di tessuti come seta e pelletteria, negli anni più recenti si è visto un boom di negozi, all’ingrosso e al dettaglio, di abbigliamento.
Sono andati via via nascendo poi una serie di negozi che offrono servizi, come assistenza ai prodotti telefonici ed agenzie di viaggio. Sono arrivati negozi di alimentari e non, dove fare provviste ed acquistare oggetti di uso quotidiano e per la casa.
E’ sorto un centro commerciale, al cui interno si trovano bar, negozi di abbigliamento, articoli per la casa e per lo svago, e perfino un centro di tatuaggi.
Non possono infine mancare punti di svago, come ristoranti o caffetterie cinesi. Tanto da essere persino possibile gustare una tazza di milk tea, o mangiare un hot pot fumante.
I cambiamenti del quartiere
Secondo lo studio del 18 febbraio 2013 “Via Paolo Sarpi: Caratteristiche, Cambiamenti e Bisogni di Abitanti e Commercianti” della Dr. Angela Savio, Socio-antropologa dell’Università degli Studi di Milano, e che riporta i dati del Dossier Statistico Immigrazione, Caritas-Migrantes 2011, riferita all’anno 2010, contrariamente all’idea dell’immaginario collettivo, in questa zona meno del 15% dei residenti è cinese, mentre i residenti italiani sono la maggioranza dei residenti totali, con un 84,4%.
Appare quindi abbastanza chiaro che la comunità cinese abbia preso questa zona come punto di riferimento per fornire dei servizi, rendendola così un luogo di incontro per tutti i cinesi di Milano, ma non ci si sia trasferiti in massa.
In seguito al radicamento dei cinesi in questa zona, inizia a sollevarsi qualche malcontento tra gli abitanti italiani, principalmente legato al fastidio arrecato dall’attività frenetica di carico e scarico delle merci, trasportate su carretti a due ruote, a tutte le ore del giorno.
Pare essere questo il motivo principale della trasformazione di via Paolo Sarpi in zona a traffico limitato nel 2011.
Questo cambiamento si inserisce in una cornice più ampia di interventi iniziati già negli anni novanta, e volti a riqualificare una zona centrale, ma all’apparenza abbandonata a sé stessa.
Una riqualificazione edilizia su ampia scala porta all’aumento dei prezzi degli affitti e degli immobili e mira, possibilmente, a dissuadere ulteriori acquirenti cinesi, i quali si dicono disposti ad una delocalizzazione della comunità in un altro punto della città, che però pare difficile
Nonostante diverse possibilità per la delocalizzazione, tra cui in particolare il quartiere di Gratosolio, zona più periferica rispetto alla centrale Sarpi, vengano prese in considerazione, sembra difficile si possa arrivare a un accordo.
La riqualifica del quartiere ha comunque reso Paolo Sarpi una zona dalle forti potenzialità attrattive, sia da parte di cittadini italiani, che di cinesi e turisti. E se vuoi concederti una serata da milanese, potrai scegliere uno dei locali più in della zona da questa selezione proposta dalla versione online del Corriere della Sera.
Aspetto
Via Paolo Sarpi appare come una gradevole area pedonale, costeggiata su entrambi i lati da una fila di cespugli allineati.
Le facciate degli edifici sono proprie dello stile milanese, e dipinte con colori opachi. Anche gli interni, sebben ristrutturati, conservano ancora quel fascino di case da ringhiera, tipico di un’altra epoca.
Su entrambi i lati della strada sorgono vetrine di negozi, tra i quali si possono riconoscere antiche botteghe storiche milanesi, pizzerie e pasticcerie, attorniate da negozi recanti invece insegne cinesi.
Passeggiando per le vie nelle giornate e negli orari giusti, si può tuttora assistere allo spettacolo di carico e scarico delle merci che, trasportate da enormi camion che faticano a trovare lo spazio per il parcheggio, e scaricate sugli stessi minuscoli carrellini di un tempo, rendeva tanto vivace questa via.
Se in passato erano queste attività legate al commercio a rendere viva quest’area di giorno adesso, invece, Paolo Sarpi subisce la sua vera trasformazione di sera, e soprattutto nel fine settimana, quando si anima per quella che è la tipica movida milanese: persone di tutte le età vi si recano per bere un buon bicchiere di vino, oppure fare un aperitivo (che, da bravo milanese, è in realtà una cena).
Percezioni
Prima di tornare nel quartiere Sarpi, mi chiedevo se mi sarei sentita più in Cina o in Italia. Una volta arrivataci mi sento persa, perchè non mi sento in nessuno dei due posti. E dove sono allora?
Se in Cina il laowai è guardato con curiosità, in Italia lo stesso straniero è generalmente ritenuto degno di scarsa considerazione se non, a volte, di sguardi di diffidenza.
Ma qui in Paolo Sarpi tutto è diverso: persone di nazionalità differenti, e che non per forza rientrano in quella cinese o quella italiana, camminano per la strada mescolandosi tra di loro in un tutt’uno che li fa quasi assimilare ad un’unica identità.
Qui si respirano storie e odori di una Milano antica, fatta di botteghe artigiane e trattorie ed, al contempo, la Cina moderna dei centri commerciali e dei negozi di alta tecnologia, e quella popolare dei cibi di strada.
È in Paolo Sarpi che puoi sederti a mangiare un trancio di pizza, prendere dei pasticcini, oppure gustare jiaozi, baozi, o spiedini di frutta candita. Fermati in un supermercato cinese per comprare gli ingredienti necessari per preparare un pranzo cinese coi fiocchi, oppure compra della carne piemontese nella storica macelleria. Cosa vuoi bere, una tazza di naicha, o un bicchiere di prosecco ghiacciato?
Tutto questo accade qui, dove la popolazione si mescola, gli italiani mangiano jianbing, e i cinesi si recano nei negozi a comprare profumi ed abiti italiani.
Testimonianze
Presa dalla curiosità che questo quartiere mi infonde, inizio a fare qualche domanda ai vari negozianti, ma ciò che appare da subito chiaro, è che i cinesi-italiani sono completamente diversi dai cinesi che vivono in Cina.
Qui non amano dare particolari confidenze, e nessuno ti dirà “ni hao” di propria spontanea volontà al tuo passaggio. Ma sono tutti comunque molto cordiali e gentili, nonostante l’apparente freddezza.
Proseguo, e qualcosa richiama la mia attenzione: arrivando da via Canonica e passeggiando per via Paolo Sarpi, trovo verso il fondo della via una vetrinetta sulla destra che porta il nome “Ravioleria Sarpi”. E nonostante io sia per qualche giorno in vacanza dalla Cina per la festa di primavera, decido che mi mancano i jiaozi, e ne prendo una porzione.
La Ravioleria Sarpi può essere presa ad esempio dell’integrazione tra la comunità italiana e quella cinese, essendo infatti il frutto di una cooperazione tra Walter Sirtori, della storica macelleria di via Paolo Sarpi, e Agie, il proprietario della Ravioleria.
Non solo una mescolanza di persone e culture, ma anche di cibi. Nonostante la tradizione della preparazione del raviolo sia cinese, gli ingredienti utilizzati sono tutti italiani.
E mentre sono al centro di una lunghissima coda aspettando il mio vassoietto fumante di ravioli take-away, non posso fare a meno di notare che in fila insieme a me ci sono persone sia italiane che cinesi, oltre a turisti di non so quali altri paesi. Chi ordina in italiano, e chi in cinese, in una perfetta sintonia e armonia che sembra assolutamente essere la norma.
E chi meglio di Agie può raccontarti la sua storia?
Nonostante i tratti somatici, parla un italiano perfetto. Mi offre prima una tisana cinese, e poi continuiamo a chiacchierare addentando un autentico roujiamo cinese del suo negozio, che accompagnamo ad un rosso della Sardegna, preso dalla cantina in fronte. Abbinamento perfetto.
Intervista ad Agie, proprietario della Ravioleria Sarpi
Agie, quando sei arrivato per la prima volta in Italia, e perché hai scelto questo paese?
Sono arrivato nel 1996, quindi faccio parte della seconda generazione. Non è stata una scelta mia, è stata semplicemente una scelta dei genitori, che io ho poi seguito perchè ero ancora adolescente, avevo 14 anni.
Mio papà era già da anni in Italia e mi ha fatto venire fin lì e con mia mamma, ai tempi, siamo immigrati tutti insieme in Italia. Gli anni novanta erano proprio i tempi in cui arrivavano tutte le famiglie, erano quei decenni in cui erano arrivati la maggioranza degli immigrati cinesi in Italia. È stata una scelta di vita.
Come ti è venuta l’idea di aprire una ravioleria?
Ho aperto la Ravioleria dopo venti anni che ero in Italia. Io ho fatto tutt’altro nella vita, non ho mai lavorato nella ristorazione. Io ho sempre voluto fare un posto semplice, facendo dei piatti popolari e autentici, ma in maniera trasparente, in modo che i clienti possano vedere quello che facciamo.
La Ravioleria funziona così: tu entri, vedi le signore che fanno i ravioli, li vedi cuocere e li vedi servire. Come tutti i posti che, se fanno ravioli, fanno solo ravioli: come una pizzeria. E io vorrei che sia un posto così, dove si può raccontare la storia della cucina cinese.
I ravioli sono un piatto buonissimo, che piace tantissimo anche ai miei amici italiani. Soprattutto perché è un piatto popolare, un piatto che si mangia senza impegno e che fa parte della vita in Cina, ed è la cosa più bella secondo me. Non ho mai pensato di fare alta cucina, e portare la parte più lussuosa, che comunque esiste in Cina.
Quando hai aperto questo business, e come nasce il progetto?
La Ravioleria è stata aperta nel 2015, da dicembre, dopo parecchi mesi di prove insieme al macellaio che ho di fianco, Walter. Loro mi hanno aiutato molto perchè mi hanno dato intanto lo spazio, che ho preso in affitto da lui.
Lui ci ha dato tantissima fiducia e ci ha aiutato in questo progetto, infatti abbiamo fatto tutti i lavori di preparazione insieme. Ad esempio la farina l’abbiamo scelta insieme: siamo andati in Piemonte, dove lui prende la carne piemontese, e abbiamo visto il mulino insieme. Inoltre lui ci dà la carne per fare il ripieno dei ravioli.
Per la preparazione dei ravioli usate solo prodotti italiani?
Assolutamente sì, per scelta. Usiamo prodotti che siano reperibili in Italia, e di buona qualità. Tutto è semplice, ma abbastanza studiato. Poi tutta la parte manuale e tradizionale rimane, e ciò che vogliamo quindi offrire è un piatto autentico, che rispetti la tradizione, ma sia di qualità e prezzo contenuto. Semplice, buono e accessibile: perchè il raviolo è un piatto da tutti
Parlando della “famiglia” della Ravioleria, il personale è italiano o cinese?
Il personale è cinese e italiano, perché abbiamo anche una signora italiana che ci segue, e ha anche lei imparato a fare i ravioli. Il personale in realtà è ancora più internazionale: abbiamo avuto anche un ragazzo filippino, e abbiamo tuttora un ragazzo egiziano. E poi abbiamo portato soprattutto donne, che era un po’ il tabù dei ristoratori cinesi.
In Cina chi faceva la preparazione principale nelle cucine erano sempre gli uomini. Loro sono i pilastri della ravioleria, le “zie raviolo”. La zia per noi è chi fa i ravioli, sono bravissime e vengono tutte dal nord della Cina: infatti lo stile dei ravioli è del nord.
Sono tutte persone che in Cina non fanno i ravioli al ristorante, li fanno a casa: sono ravioli caserecci. Mi chiedevano “come li dobbiamo fare?” Ho detto loro “Come li avete sempre fatti”. Abbiamo tre signore che li fanno, e vengono fuori dei ravioli diversi: ognuno ha una propria manualità diversa, che è anche questa una cosa bella.
Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato nella realizzazione di questo progetto?
Le difficoltà incontrate nel realizzare questo progetto sono state tantissime, abbiamo fatto i salti mortali: ristrutturare il posto, chiedere i permessi, costruire la canna fumaria… Che sono poi tutte cose normali cui uno va ad incontrare all’inizio, ma l’importante è tenere duro.
Per quale motivo hai scelto via Paolo Sarpi per la tua Ravioleria?
Paolo Sarpi perché la via è il centro del quartiere cinese, quartiere dove comunque gli italiani e i cinesi si incontrano. Quello che succede qui fa parte della vita di tutti i cinesi. Quindi è importante che la Ravioleria venga fuori qua, secondo me non c’è un altro posto.
Ti ho sentito parlare di questa zona come un “quartiere di incontro”, puoi spiegarmi questa espressione? Ti piace pensare anche la Ravioleria come un luogo di incontro?
Questo quartiere è un luogo di incontro per definizione. Abbiamo anche molti clienti giapponesi, che provano i nostri ravioli o anche le crepes. Quindi sta diventando la ravioleria di tutti. È errato pensare al quartiere Sarpi come luogo di incontro solo di cinesi e italiani, secondo me non è più così.
Come tutte le China Town, nel senso positivo del termine, alla fine sono sempre dei quartieri molto avanti, e secondo me questo quartiere ha delle enormi potenzialità, anche di attrazione per chi viene a Milano.
È limitato pensare che sia un quartiere cinese, oppure un quartiere italiano occupato dai cinesi, è semplicemente un luogo di incontro di persone con culture diverse, che hanno costruito insieme questo quartiere nel corso degli anni.
È un quartiere tranquillo, con un sacco di negozi cinesi particolari, quindi già con un pezzo di storia importante, ma anche molte botteghe storiche di Milano sulla via. E nascono sempre negozio nuovi, è un quartiere vivace, non è un quartiere stabile, anzi in continuo cambiamento.
Noi abbiamo questa ravioleria, e con Walter della macelleria accanto e Luca delle Cantine Isola, abbiamo creato quest’associazione, così si può chiamare, dove noi facciamo da mangiare, e loro il vino. Puoi mangiare qualcosa di autentico cinese buono, e bere un super vino italiano!
Sei nato in Cina, ma hai passato molti anni in Italia: come percepisci la tua identità?
È difficile dire se sono cinese o italiano. Io sono molto cinese, ma conosco anche bene parte della cultura italiana. Credo che come me, anche i cinesi cresciuti nella mia generazione sono così, perchè è difficile da definire cinese o italiano.
Probabilmente coloro che sono nati in Italia e cresciuti qua si sentono magari più italiani. O magari la generazione dei miei genitori, che sono cresciuti e vissuti in Cina, poi trasferiti in età adulta in Italia, si sentono più cinesi. Noi siamo nati in Cina, cresciuti un pò in Cina e un pò in Italia, siamo “animali” strani.
Hai aperto la ravioleria: i ravioli sono il tuo piatto preferito?
Sì, a me piacciono tanto i ravioli, ne ho mangiati veramente tanti.
Ti è piaciuta la storia di Agie? Clicca qui per visitare la pagina Facebook della Ravioleria Sarpi!
Atmosfera cinese: festeggiamenti per la Festa di Primavera
Se si può percepire l’atmosfera di Cina solo passeggiando per le strade di Paolo Sarpi, immaginati cosa può diventare questa via per il capodanno cinese! Se ne hai l’occasione, non perderti la sfilata per la Chun Jie.
Nonostante il cattivo tempo e la pioggia battente, la comunità italo-cinese di Milano non si è fatta scoraggiare ed ha organizzato la parata, come ogni anno.
Aspettando l’inizio della cerimonia, si possono vedere passeggiare per le strade bambini e ragazze vestiti con i tradizionali abiti cinesi e, non a caso, meravigliosi ombrellini colorati.
C’è chi indossa il qipao, e chi trasporta il tamburo per dare inizio alle feste, ma è con la sfilata dei dragoni che l’atmosfera si anima: il corteo parte intorno alle due di pomeriggio da piazza Gramsci, e percorre tutta l’arteria del quartiere di China town, tra gli sguardi affascinati del pubblico.
Nonostante la pioggia, infatti, quest’anno gli spettatori accorsi ad assistere alla manifestazione sono numerosissimi: italiani e cinesi sono perfettamente mescolati tra loro, e vedere al di là delle teste e di migliaia di ombrelli è davvero difficile.
Se vuoi trovare tutte le informazioni sulle manifestazioni, gli eventi o la cronaca di quartiere, puoi visitare il sito web dell’associazione Vivi Sarpi.
VIviane Ragot dice
Complimenti per questo bellissimo articolo riguardo ad un quartiere affascinante in cui mi piace molto passeggiare, fare qualche compera, bere qualche aperitivoe mangiare la pizza soprattutto da quando la via Paolo Sarpi è diventata pedonale. La prossima volta andrò a comprare questi ravioli cinesi che sembrano ottimi!
Furio dice
Grazie Viviane : )