Similitudini tra cinese e giapponese – Indice
Una domanda che di frequente viene posta agli studenti di lingua cinese o giapponese è “che differenze ci sono tra il cinese e il giapponese?”
Domanda che, se posta da qualcuno che non ha mai avuto la fortuna di studiare una di queste due lingue, nasce dalla semplice constatazione che i sistemi di scrittura di entrambe le lingue fanno ricorso ai caratteri cinese: 汉字 (“hanzi”, in cinese) o 漢字 (“kanji”, in giapponese).
Sebbene questa domanda parte da una premessa alquanto riduttiva, trova comunque la sua ragion d’essere perché le due lingue hanno un filo che le lega indissolubilmente.
Tuttavia, essendo due lingue parecchio diverse, sarebbe dunque più appropriato riformulare la domanda in questo modo: “quali sono i tratti in comune tra cinese e giapponese?”
Similitudi principali tra il cinese e il giapponese
Ecco quelle che, a mio parere, sono le similitudini principali tra le due lingue:
I sostantivi
Il primo tratto in comune tra le due lingue è rappresentato dai sostantivi. Un sostantivo, come già saprai, è una parola che designa qualcosa e può essere anche chiamato “nome”. I sostantivi – tanto in cinese, quanto in giapponese – non hanno genere (femminile o maschile) e non hanno numero (singolare o plurale).
Per esempio, le parole “gatto”, “gatta”, “gatte” e “gatti” corrispondono tutte al carattere cinese 猫 (mao) e al giapponese 猫 (neko).
Questa particolarità in comune del cinese e del giapponese fa sì che i sostantivi di queste due lingue siano facili da usare (proprio perché non cambiano), ma complicati da interpretare (perché non si può assolutamente sapere a priori quale sia il genere o il numero – bisogna fare affidamento sul contesto della frase).
I caratteri (hanzi e kanji)
Come descritto nella sezione precedente, entrambe le lingue fanno ricorso allo stesso carattere per identificare il concetto di “gatto”, anche se la fonetica è diversa.
Fino al IV secolo dopo Cristo, i giapponesi non avevano un proprio sistema di scrittura. Fu proprio in quel periodo che, attraverso la penisola coreana (piccola curiosità su cui non mi soffermerò in questa sede: circa il 60% del lessico coreano proviene dalla lingua cinese), la scrittura cinese fece irruzione in Giappone sotto forma di trattati di buddismo e di filosofia (anche se sarebbe meglio dire “pensiero cinese”).
In principio, solo pochissimi giapponesi che avevano ricevuto un po’ di istruzione erano in grado di leggere il cinese ma, dopo poco tempo, i caratteri cinesi iniziarono ad essere usati anche per scrivere il giapponese.
Naturalmente sorse un problema di non poco conto: la lingua giapponese esisteva già (se pur senza un proprio sistema di scrittura) e con l’importazione dei caratteri cinesi, si importò anche la pronuncia cinese di questi.
Per questo motivo, oggi giorno uno stesso carattere può leggersi in più modi diversi. In giapponese, la lettura derivata dal cinese si chiama on yomi, mentre la lettura originale giapponese si chiama kun yomi.
Per esempio, il carattere cinese 山 (che in cinese si pronuncia “shan” e significa “montagna”), lo si trova anche in giapponese con due letture: in on yomi (lettura derivata dal cinese) si pronuncia “san”; in kun yomi (lettura originale giapponese) si pronuncia “yama”.
Come fare a capire quando usare la on yomi o la kun yomi?
In linea di massima, se un carattere va da solo nella frase, si è soliti leggerlo con la kun yomi; se è accompagnato ad altri caratteri a formare una parola composta, lo si legge invece con la on yomi.
Per esempio, il carattere “montagna” contenuto nel nome del Monte Fuji, si dovrà pronunciare utilizzando la on yomi (lettura derivata dal cinese) e quindi si leggerà “Fuji San”, visto che suddetto nome è costituito da tre caratteri 富士山,
I giapponesi e i cinesi fanno dunque ricorso ai caratteri cinesi, solo che nel sistema giapponese, questi hanno cambiato fonetica.
Inoltre, mentre in Cina si utilizzano esclusivamente i caratteri cinesi, in giapponesi fanno anche ricorso a due sillabari: lo hiragana (ひらがな) e il katakana (カタカナ).
Per l’apprendimento dei caratteri, i cinesi utilizzano il sistema di trascrizione fonetica chiamato pinyin, mentre i giapponesi usano il furigana, ovvero piccoli caratteri hiragana riportati sopra il carattere in questione per indicarne la pronuncia.
I numeri
Il sistema numerico di entrambe le lingue funziona allo stesso modo e i caratteri usati per rappresentare i numeri sono gli stessi, se pur con fonetiche differenti:
Numero | Carattere | Pronuncia cinese | Pronuncia giapponese |
---|---|---|---|
1 | 一 | yi | ichi |
2 | 二 | er | ni |
3 | 三 | san | san |
4 | 四 | si | shi |
5 | 五 | wu | go |
6 | 六 | liu | roku |
7 | 七 | qi | shichi |
8 | 八 | ba | hachi |
9 | 九 | jiu | ku |
10 | 十 | shi | ju |
100 | 百 | bai | hyaku |
1,000 | 千 | qian | sen |
10,000 | 万 | wan | man |
I classificatori
Un altro aspetto in comune tra le due lingue è rappresentato dai classificatori. Quando vogliamo formulare delle espressioni numerali o quantitative, ad esempio “due libri”, “tre quaderni”, “cinque penne”, bisognerà far seguire al numero un carattere che viene convenzionalmente chiamato classificatore.
Esistono decine e decine di classificatori che variano in base al sostantivo che devono, per l’appunto, classificare. Ad esempio, se vogliamo dire “tre libri” bisognerà far seguire al numero il classificatore specifico per gli oggetti sfogliabili.
Innanzitutto c’è da dire che non sempre lo stesso carattere classifica la medesima classe di oggetti, animali o persone. Per esempio, il carattere 匹 in cinese si legge “pi” e si usa come classificatore per i cavalli, mentre in giapponese si legge “ippiki” o “hiki” (la fonetica varia in base al numero presente) e si usa per classificare animali di piccole dimensioni come il gatto.
La seconda differenza – a mio parere più rilevante – sta nella regola d’uso dei classificatori, diversa per entrambe le lingue.
Regola d’uso in cinese:
Numero + Classificatore + Sostantivo.
Ecco un esempio: 一只猫 (yi zhi mao), che significa “un gatto”.
Regola d’uso in giapponese:
Sostantivo + Particella が (ga)+ Numero + Classificatore.
Ecco un esempio: 猫が一匹 ( neko ga ippiki), che significa sempre “un gatto”.
L’interrogativa semplice
Il cinese e il giapponese possiedono diversi modi per formulare le interrogative. Il più comune (e forse più usato) consiste nell’inserire alla fine della frase in forma affermativa una “particella”.
In cinese, alla fine della frase affermativa si inserisce il carattere 吗 (ma ); in giapponese invece si inserisce la particella か (ka).
Cinese:
Affermativa: 你是中国人 (ni shi zhongguo ren), che significa: “sei cinese”
Interrogativa: 你是中国人吗 (ni shi zhongguo ren ma), che significa: “sei cinese?”
Giapponese:
Affermativa: 君は日本人です (kimi wa nihon jin desu), che significa: “sei giapponese”
Interrogativa: 君は日本人ですか (kimi wa nihon jin desu ka), che significa: “sei giapponese?”
I nomi e titoli
In cinese e in giapponese, il cognome va messo prima del nome. I nomi cinesi sono generalmente formati da 2 o massimo 3 caratteri; quelli giapponesi invece possono arrivare anche a 4 caratteri (in effetti, è una pratica molto comune).
In entrambe le lingue, i titoli e le professioni devono seguire il cognome. In cinese abbiamo 王先生 (Wang xiansheng), che significa “Il signor Wang”; in giapponese abbiamo 小林先生 (Kobayashi sensei), che significa “il professor Kobayashi”. Da notare che la parola 先生 si pronuncia in modo diverso e possiede anche un significato diverso!
Differenze principali tra il cinese e il giapponese
Di seguito invece troverai quelle che, a mio parere, sono differenze più evidenti tra le due lingue (e che differenze!):
La struttura della frase
Una prima differenza rilevante è costituita dalla struttura della frase. Mentre il cinese è una lingua SVO (soggetto – verbo – oggetto), la lingua giapponese è una lingua SOV (soggetto – oggetto – verbo).
Molti studiosi sono concordi del fatto che la lingua giapponese moderna è molto più vicina alla lingua cinese classica di quanto non lo sia la lingua cinese moderna. Infatti non è difficile trovare strutture SOV nella lingua cinese classica.
Tuttavia, nella lingua cinese moderna c’è un costrutto che anticipa la posizione dell’oggetto fino a trasformare la frase in SOV. Parlo delle costruzioni con il 把 (ba).
La grammatica
Mentre il cinese ha una grammatica “facile” e abbastanza ridotta (se paragonata a lingue come l’inglese o l’italiano), il giapponese ha invece una grammatica “difficile” e piuttosto ampia.
In cinese i verbi e gli aggettivi non si coniugano, in giapponese sì. Un tratto comune grammaticale è che entrambe le lingue hanno la struttura “tema-commento”.
Voglio comunque fare un appunto: a mio parere non ci sono lingue più difficili di altre. Ci sono solo lingue più distanti dalla nostra madrelingua e che per questo motivo ci vengono più difficili da apprendere.
Tuttavia, vorrei comunque condividere l’impressione di John Pasden: secondo lui, se messe a confronto le due lingue, inizialmente risulta più difficile apprendere la grammatica giapponese che quella cinese; mentre risulta più difficile padroneggiare la pronuncia cinese che quella giapponese. A lungo termine, invece, le difficoltà curiosamente “si ribaltano”.
La pronuncia
Una differenza colossale tra le due lingue è data dalla presenza dei toni nella lingua cinese e dall’assenza di questi nella lingua giapponese. Non soltanto questa è una differenza che salta subito all’occhio (o sarebbe meglio dire all’orecchio), ma è anche qualcosa che rende molto più difficile apprendere e padroneggiare la fonetica cinese!
Domande frequenti
Tuttavia, molti sostengono che inizialmente il cinese è difficile imparare, ma dopo qualche tempo diventa più facile. La grammatica non è così complessa ed i sostantivi non sono scritti o pronunciati in modo diverso al singolare o al plurale. I verbi non sono diversi per i tempi passati, presenti e futuri, ma aggiungono semplicemente la parola “le”, scritta così 了, dopo i verbi ai tempi passati.
Molti sostengono che il giapponese sia difficile, a causa della sua grammatica complessa e di tante regole in termini di formalità. Nel giapponese parlato esistono anche le differenze di genere, pertanto devi prestare molta attenzione al modo in cui ti rivolgi e parli a persone di età e professioni differenti.
Avrai dei vantaggi quando ti candidi per un lavoro, o quando fai affari ad Hong Kong, a Taiwan, a Singapore e in Malesia, ma tieni presente che ci sono tantissimi cinesi che vivono anche all’estero.
I giapponesi hanno questo vantaggio in quanto hanno un alfabeto, il Kanji, che comprende i caratteri cinesi. Ma, come per le altre nazionalità, anche il giapponese, quando parla in cinese, fa fatica con la pronuncia.
ABC
DEF
GHI
Sequenza di lettura: CFI BEH ADG
Questo accadeva durante il periodo in cui i cinesi scrivevano i caratteri su bastoncini di bambù, anziché sulla carta. Hanno successivamente adottato il sistema occidentale con cui scriviamo in orizzontale e da sinistra a destra. Tuttavia, scoprirai che in posti come il Giappone e Taiwan è più facile che le persone scrivano verticalmente dall’alto verso il basso.
Cinese standard (Mandarino)
Yue (Cantonese)
Wu (Shanghainese)
Minbei (Fuzhou)
Minnan (Hokkien-Taiwanese)
Come accennato in precedenza, c’è più di 1 miliardo di persone che parla il mandarino. Il cantonese è significativamente più ridotto in termini numerici e viene parlato nella provincia del Guangdong e ad Hong Kong. Trovi anche molte persone che parlano il cantonese in Paesi in che hanno molti cinesi ancestrali, come a Singapore e in Malesia. Si parla lo Shanghainese (dialetto Wu) nella regione attorno a Shanghai.
Ci sono meno di 10 milioni di madrelingua Minbei. Li puoi trovare a Fuzhou e nelle aree circostanti, ma anche a Taiwan (Isole Matsu), in Thailandia (Chandi Town e Lamae), a Singapore, in alcune parti della Malesia ed in Indonesia (Semarang e Surabaya). L’accento di Minnan viene spesso indicato come Hokkien, almeno tra i madrelingua di Singapore e Malesia, e lo parlano circa 10 milioni di persone.
Conclusione
Come avrai notato, salvo qualche tratto in comune, il cinese e il giapponese sono due lingue a sé stanti! Spero tanto che la prossima volta che ti chiederanno “che differenze ci sono tra il cinese e il giapponese?”, saprai rispondere con prontezza, lasciando il tuo interlocutore con gli occhi sgranati!
Chiudo dandoti un incoraggiamento per lo studio di queste due splendide lingue:
FORZA!
In cinese si dice 加油! (jia you !)
In giapponese si dice がんばって! (ganbatte!)
Photo Credits: No by Takashi Hososhima
angelo dice
bravo ,bravissimo Armando . Complimenti
Beppe Pastormerlo dice
Molto istruttivo, grazie. Ho vissuto parecchi tempo in Cina ed incontrato un certo numero di persone giapponesi.
La lingua giapponese non è tonale, ma ho notato che moltissime parole sono accentate alla fine ( un poco come il francese ). Non è un tono questo?
Grazie
Furio dice
Ciao Beppe,
provo a rispondere io anche se non sono un esperto. Quello giapponese penso sia un accento (come nel francese o l’italiano), non un “tono”. Penso che la differenza di base sia che un tono cambia il significato delle parole (stessa sillaba ma tono diverso = significato diverso)
Armando Turturici dice
Ciao Beppe,
grazie a te per l’apprezzamento!
Hai ragione, diciamo che anche il giapponese ha una sua “musicalità” data dagli accenti ma non possiede i toni. Furio ha comunque risposto benissimo :)