La leggenda del serpente bianco all’Opera di Pechino
Quella del serpente bianco è in Cina una leggenda famosissima, ed i protagonisti sono riconosciuti come parte della cultura popolare al punto da venire utilizzati per pubblicità e parodie anche su Youtube, anzi Youku, il clone cinese di Youtube.
Esistono leggi naturali di fronte alle quali l’uomo deve arrendersi? Si può essere nel giusto ed umani allo stesso tempo? Sono solo alcune delle domande che vengono spontaneamente in mente quando ti raccontano questa leggenda.
L’opera
Gli studiosi ritengono che nei tempi antichi questo racconto venisse tramandato oralmente, mentre la prima testimonianza scritta che abbiamo risale alla dinastia Tang, e più precisamente al 618, quando la leggenda divenne così patrimonio della letteratura cinese, sebbene in forma di storia breve.
Da allora ne sono state scritte innumerevoli versioni, fino alla sua apparizione sui palchi teatrali a partire dal XIV secolo. In particolare la leggenda del serpente bianco divenne una delle opere più importanti per l’Opera di Pechino, ossia una particolare forma teatrale sviluppatasi, appunto a Pechino, nel XVIII secolo.
Questa caratteristica rappresentazione è tra le arti orientali più conosciute in Occidente, per via del forte impatto scenico. Sul palco infatti gli attori sono anche danzatori, cantanti ed acrobati, mentre i costumi sono ricercatissimi e carichi di simbolismo, a partire dal colore.
Una tra le compagnie teatrali oggi più prestigiose per quanto riguarda l’Opera di Pechino è la Jingju Theater Company of Beijing, fondata nel 1979, che ha visto tra le sue file alcuni dei più grandi attori cinesi degli ultimi decenni, tra cui Mei Lanfang specializzato nel ricoprire proprio il ruolo, femminile, del serpente bianco.
La trama
La trama della vicenda risulta essere abbastanza semplice, almeno a prima vista, con un protagonista (lo studente Xu Xian), un’amata (il serpente bianco), un amore contrastato da un terzo (il monaco Fahai) ed un quarto personaggio ora alleato ora avversario del protagonista, la sorella del serpente bianco (il serpente verde).
I due serpenti vivono sui monti Emei, sacri sia per il buddhismo che per il taoismo, quando un giorno decidono di scendere sulla terra. Nella città di Hangzhou, nei pressi del Lago Occidentale, incontrano Xu Xian, ed il serpente bianco se ne innamora.
I due si sposano ma sulle tracce del “demone” vi è il monaco Fahai, che tenta di convincere Xu Xian che la moglie non è umana. Segue una lotta alla fine della quale il serpente bianco viene sconfitto da Fahai.
I simboli e la morale
A partire da questo schema con il passare del tempo sono state create innumerevoli versioni della vicenda, arrivando a far comparire tra i protagonisti anche Buddha. Una leggenda, quella del serpente bianco, riconducibile alla figura classica dello spirito volpe, dove donne bellissime conosciute spesso nelle locande si rivelano poi essere ben altro. Con il mutare dei tempi, tuttavia, cambia il simbolismo del racconto, ossia quella che può esserne ritenuta la “morale”.
Nella versione originaria distinguere fra buoni e cattivi era semplice. Fahai (letteralmente “oceano della legge”) era il bene supremo, il monaco vestito di giallo (il colore del sacro e del potere) che combatteva il male, ossia il serpente vestito di bianco (il colore della morte), salvando Xu Xian, dietro al quale si può intravedere la rappresentazione del genere umano.
Un genere umano ingenuo che cade tra le braccia del demone e che ha quindi bisogno di qualcuno che lo aiuti a ritrovare la retta via; e questa non può essere che la fede ed il rispetto della tradizione.
In tema di colori è interessante notare come il secondo serpente sia stato rappresentato di volta in volta come verde (simbolo della natura e della vita), blu (la spiritualità e l’immortalità) e finanche nero (uno dei cinque colori primari simboleggiante l’acqua, ma senza particolari implicazioni di valore).
Interpretazione in chiave moderna
Col tempo il gioco delle parti nella lotta tra bene e male diventa più ambiguo e se da un lato il serpente bianco si fa sempre più donna, con il riconoscimento della sincerità del suo amore verso Xu Xian, dall’altro Fahai sembra essere sempre più “umano”.
Iniziano a sorgere quindi dubbi sulla natura della legge e del potere, e sui limiti che questo deve avere di fronte alla vita privata dei due amanti. Lo stesso Fahai sarà colto dal dubbio che il suo cacciare i demoni non sia fare del bene, ma un causare sofferenza tramite inganni e sotterfugi.
La popolarità di questa leggenda fa si che le chiavi di lettura siano davvero molte e diverse fra loro, arrivando addirittura a vedere un rapporto sentimentale tra i due serpenti, non più quindi sorelle ma amanti, con una valorizzazione del serpente verde sempre più geloso e nemico di Xiu Xian.
A questo proposito un film che narra la vicenda in tale ottica è “Il serpente verde” (青蛇), girato nel 1993 da Tsui Hark. Altro film molto interessante, in quanto recente, è “Lo stregone e il serpente bianco” (白蛇传说) noto anche come “It’s Love” di Cheng Xiaodong, girato nel 2011.
In questa pellicola è già evidente nel titolo come Fahai non sia più il buono, ma venga anzi definito uno stregone. Il film è popolato da mostri e vampiri – in realtà assenti nella mitologia cinese – e vede anche nascere una storia d’amore tra il serpente verde e l’aiutante di Fahai, dopo che il giovane monaco diventa demone per via di una ferita ricevuta in uno scontro con le “forze oscure”.
In tutte le versioni con le quale la vicenda è stata raccontata sembra comunque che Xu Xian resti sullo sfondo, mai protagonista, quasi oggetto del contendere tra male e bene, tra amore e ragione, in qualunque forma li si voglia rappresentare. La morale che si ricava dalla storia forse è proprio questa, ossia come di fatto il genere umano sia impotente di fronte a forze più grandi di lui.
Pietro dice
Sulla musica cinese riporto un interessante articolo, spiega molte cose. Anche la musica, come i colori, ha una forte valenza simbolica, ed in particolar modo nell’Opera di Pechino. Se hai notato anche il parlato era particolare, quasi in falsetto.
Buona lettura
laura dice
Ciao Furio
questo tuo post viene proprio a fagiolo. ho visto al teatro strehler di milano proprio questo pezzo: fantastico e incredibilmente gli attori, nonostante i mascheroni erano estremamente ironici e espressivi. Bellissimo.
una curiosità mia personale: confesso la mia ignoranza sulla musica cinese, lacuna che non ho mai colmato forse per mio disinteresse. Ascoltare a teatro gli sturmenti e il canto, specie i lunghi a solo, mi disturbanvano moltissimo l’udito, mi creavano momenti disagio, in altri momenti dove la musica era meno stridente però anche piacere.
Mi spieghi questa cosa.
Grazie di esistere
laura
Furio dice
Ciao Laura,
l’articolo l’ha scritto Pietro, quindi lascio a lui il piacere di risponderti (anche perché sono alquanto ignorante sul tema : p)
Marta dice
Leggendo questi articoli super-culturali mi innamoro ancora di più della Cina e mi viene sempre meno voglia di tornare a casa!
Spero che tu vada avanti ad usare questo blog per raccontare queste fantastiche storie perchè sono tutto quello che amo. Sappi che se continui ha una fan super accanita ; )
Saluti
Marta