La vita
Mo Yan (莫言), che letteralmente significa “niente da dire”, è lo pseudonimo di Guan Moye (管谟业), un affermato scrittore e saggista cinese conosciuto a livello mondiale soprattutto per aver vinto il premio Nobel per la letteratura del 2012 grazie alla sua abilità nel fondere racconti popolari, storia e contemporaneità con un forte realismo allucinatorio. Durante la sua infanzia, Mo Yan era solito ascoltare i racconti della tradizione popolare e folcloristica narrati dalla nonna.
Dal momento che Mo Yan, negli anni, ha regalato al mondo una copiosa produzione di opere, il suo pseudonimo estrapolato dal contesto potrebbe essere alquanto contraddittorio, dal momento che invece ha tante cose da dire; è Mo Yan stesso che racconta che durante quel periodo era una vera e propria necessità averne uno, perché altrimenti si poteva incorrere in problemi non indifferenti.
La scelta di “niente da dire” veniva dal ricordo dei genitori che lo ammonivano di non parlare durante la Rivoluzione Culturale altrimenti sarebbe finito nei guai grazie alla sua parlantina sciolta: non tutti sanno che durante quel decennio, una parola fuori posto poteva costare la libertà o anche la vita.
Mo Yan ci racconta che da piccolo era un povero infelice, un disgraziato a cui le furbizie si ritorcevano sempre contro; infatti, scrisse un racconto intitolato Bocca Larga, il cui bambino protagonista era modellato su se stesso.
Mo Yan nasce da una famiglia di contadini il 2 febbraio 1955 a Gaomi (高密), una piccola città cinese situata nella parte orientale dello Shandong in cui lo scrittore ha ambientato diversi dei suoi romanzi e racconti.
Gaomi appare come il microcosmo di una Cina rurale, poverissima e piena di impervie; nonostante ciò, il legame di Mo Yan con la sua terra è molto forte: nei suoi racconti sono presenti lunghissime e vivide descrizioni del mondo contadino e della natura, nonché tutta una serie di metafore che provengono proprio dal mondo contadino.
Mo Yan così descrive Gaomi: “si trova all’estremità sud-orientale della regione, abitato giusto da una decina di famiglie, poche case con mura di fango e tetti di paglia disseminate tra le braccia del fiume Jiao. Benché piccolo il villaggio è attraversato da un’ampia strada di terra gialla ai cui lati crescono disordinatamente salici, cipressi, catalpe e tanti altri alberi di cui nessuno conosce il nome e le cui chiome in autunno si riempiono di foglie d’oro”
Molto giovane, a soli dieci/undici anni, a causa della Rivoluzione Culturale (1966-1976), dovette abbandonare precocemente gli studi per dedicarsi alla pastorizia per poi, a circa diciott’anni, lavorare in una manifattura di cotone. Nonostante fosse un semplice operaio del cotonificio locale, Mo Yan ha sempre avuto grandi ambizioni e grandi sogni, tant’è che spendeva tutto il suo stipendio in guanti bianchi come quelli dei divi del cinema.
Tra il 1975 e il 1976, Mo Yan si arruola nell’Esercito Popolare di Liberazione, finendo in una sperduta unità a coltivare i campi e a sognare di morire nella Guerra del Vietnam; nel 1979, sempre all’interno dell’Esercito Popolare di Liberazione, viene ammesso al dipartimento culturale e letterario in cui conseguì la laurea nel 1986 e dove lavorerà fino al momento delle sue dimissioni, nel 1999. Fu proprio durante questo periodo che diede luce ad alcuni dei suoi capolavori.
A differenza di molti scrittori suoi contemporanei che si erano formati in ambienti colti, Mo Yan è un vero e proprio scrittore di origine contadina formatosi in seno all’esercito che ha sperimentato sulla propria pelle le esperienze dure e per niente gratificanti che la vita gli ha portato.
Il suo primo successo letterario gli arriva nel 1981 con la pubblicazione della storia 透明的红萝卜 (touming de hongluobo), “il ravanello trasparente”: storia di un giovane innocente, del tutto indifferente a quello che lo circonda.
Mo Yan riesce a regalare al lettore l’immaginario di una Cina che forse non esiste più, la Cina che odora di “oriente” e di mistero, non ancora contaminata dalla globalizzazione che, purtroppo, elimina la diversità. Tra gli scrittori che lo hanno maggiormente influenzato figurano Gabriel García Márquez e Faulkner.
Le opere più rappresentative
Hong Gaoliang jiazu 红高粱家族 “Sorgo Rosso”
Sorgo Rosso, lett. “la famiglia del Sorgo Rosso”, è uno dei romanzi rappresentativi di Mo Yan, pubblicato in origine in cinque parti tra il 1985 e il 1986, per poi essere pubblicato in un unico testo nel 1988. Con una scrittura realista che richiama anche il magico e il bizzarro, il libro racconta la storia di una famiglia del distretto di Gaomi da un punto di vista diacronico: dal banditismo degli anni Venti, all’invasione dei giapponesi degli anni Trenta e Quaranta, fino al periodo della Rivoluzione Culturale. La narrazione avviene attraverso gli occhi di un bambino.
Mo Yan è capace di evocare la paura della gente semplice, il furore dei contadini, il sangue dei martoriati con la stessa forza del rosso dei campi di sorgo in fiore, con una descrizione vivida che non ha eguali. I campi di sorgo rosso fanno da sfondo a tutta la storia: in autunno, come scrive Mo Yan, questi campi di sorgo scintillano come un mare di sangue.
Tra i fusti del sorgo si dipana la storia di Yu Zhan’Ao, il nonno del bambino narratore, e la sua amata, Dai Fengliang, e la partecipazione dei due alla resistenza all’occupazione giapponese. Yu Zhan’Ao era un fuorilegge, mentre la donna proveniva da una ricca famiglia facoltosa.
Il romanzo racconta dell’eroica resistenza dei contadini nei confronti del nemico giapponese; nonostante le azioni dei popolani siano effettivamente eroiche, queste non vengono narrate sottolineandone l’eroismo, ma piuttosto mettendo in luce la miseria, la disperazione e la violenza che caratterizzavano le loro condizioni di vita.
Per questo motivo, questo romanzo è stato anche visto come un romanzo di critica e di denuncia. In questo romanzo sono presenti tantissimi personaggi: contadini, soldati, monaci buddisti, presunti maghi daoisti.
Così come fece con il romanzo Vivere di Yu Hua, da questo romanzo, il grande regista Zhang Yimou ha tratto un film omonimo, vincitore del premio “Orso D’oro” del Festival di Berlino nel 1988.
Tangxiang Xing 檀香刑 “Il supplizio del legno di sandalo”
Il supplizio del legno di sandalo è il mio preferito di quelli scritti da Mo Yan. Romanzo pubblicato nel 2001, da molti considerato di tipo storico: ci troviamo nella Cina del 1900, nel periodo della ribellione dei Boxer. Quella dei Boxer è stata una ribellione sollevata in Cina da un gran numero di organizzazioni cinesi popolari e un gran numero di scuole di arti marziali, contro l’invasore straniero, iniziata proprio nella regione dello Shandong.
I protagonisti del romanzo sono Sun Bing, un ribelle che si trova per caso a guidare una rivolta di contadini a fianco dei Boxer, e Zhao Jia, un grande esperto di torture. Questi due maestri durante il romanzo si affronteranno, ciascuno con la propria arte, per cercare di portare a termine la propria “opera”.
Mo Yan è in grado di mescolare insieme l’atto di ribellione storico, una storia d’amore e una terribile tortura (il supplizio del legno di sandalo); lo sfondo del romanzo è di nuovo storico: la Cina a inizio Novecento, in guerra con le potenze straniere e calata in un caos politico che precede la disfatta dell’Impero millenario cinese.
Mo Yan, inoltre, porta nel romanzo tutta una serie di fenomeni sovrannaturali e di leggende che vengono dalla tradizione orale tramandate tra il popolino. In particolare, viene descritto il mestiere del boia come se fosse tra i mestieri più onorevoli del mondo: inizialmente, il boia doveva compiere le torture all’aperto, di fronte a un pubblico, per poter ammonire chiunque a non compiere delitti e crimini; successivamente, questo mestiere divenne un’arte, tanto che i boia venivano acclamati come fossero dei veri e propri artisti.
Il libro è scritto con tutta la maestria di Mo Yan, tant’è che alcune parti sono descritte così vividamente e minuziosamente (vedi la tortura dei cinquecento tagli!) che non ti consentiranno di procedere spedito nella lettura.
Shengsi pilao 生死疲劳 “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao”
Shengsi pilao, letteralmente “la fatica del vivere e del morire”, tradotto in diverse lingue con “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao”, è un romanzo pubblicato nel 2006. Così come il Supplizio del legno di sandalo, anche questo è un romanzo storico che racconta le vicende della Cina nella seconda metà del XX secolo attraverso gli occhi di un proprietario terriero, un tale Ximen Nao 西门闹, giustiziato (ingiustamente secondo lui) dai contadini durante la rivoluzione.
Una volta giustiziato, finisce nel regno dell’Al di là, dove ad attenderlo c’è il grande Re Yama (forse te lo ricorderai da Dragon Ball!), il Signore della Morte, che gli consente di reincarnarsi per ben sei volte, soltanto perché arcistufo di lui.
Convinto che gli sia stata concessa la grazia, Ximen Nao viene invece ingannato da Re Yama: questi, infatti, lo fa reincarnare per la prima volta in un asino per poi, in ordine, farlo reincarnare in un toro, in un maiale, in un cane, in una scimmia e per finire in un bambino.
Ximen Nao, prima di ritornare nel mondo dei vivi, si rifiuta di bere un intruglio che gli avrebbe consentito di non ricordare quanto accaduto. Per cui, quando Ximen Nao torna nel mondo dei vivi sotto altre spoglie, ricorda chi era stato nella vita precedente e vede tutta una serie di cose che non riesce assolutamente a mandare giù: tutti gli animali in cui si reincarna hanno legami con le persone che facevano parte della vita di Ximen Nao. Ti lascio immaginare cosa scopre il povero Ximen Nao!
Ximen Nao, alla fine, si reincarna in un bambino, Lan Qiansui (Lan Mille Anni): sarà proprio questo bambino, con un corpo piccolo e magro, la testa insolitamente enorme, una memoria eccezionale e una parlantina sciolta, a iniziare il racconto della propria storia…
La storia copre un lasso di tempo di cinquant’anni, durante i quali Ximen Nao riesce a liberarsi di ogni rancore e di ogni desiderio di vendetta nei confronti di chi gli aveva “mancato di rispetto”.
A fare da sfondo alla storia di Ximen Nao i piccoli e grandi cambiamenti che sconvolgeranno la Cina nell’arco di questo mezzo secolo: dalla riforma agraria al Grande Balzo in Avanti, dalle Comuni Popolari alla Rivoluzione Culturale, per arrivare alla morte di Mao Zedong e a quanto accaduto sino al 2000.
Questo romanzo è stato nominato per il Premio Newman per la letteratura cinese del 2009 dal suo traduttore inglese, Howard Goldblatt.
Wa 蛙 “Le Rane”
Le Rane è un romanzo pubblicato nel 2009; il titolo richiama un gioco di fonetica tra due parole cinesi distinte solo per il tono diverso: wa 蛙 “rane” e wa 娃 “bambini”. Q
uesto romanzo vuole denunciare gli effetti della politica del figlio unico specialmente nelle campagne: molte persone, pur di evitare cattive conseguenze per non aver rispettato la politica del figlio unico, erano solite compiere delle barbarie per far abortire le donne, anche dopo 6/7 mesi di gravidanza.
Il romanzo gira intorno alla figura di Wan Xin 万心 (letteralmente “Diecimila cuori”), la levatrice di Gaomi (paese natale di Mo Yan) che, prima della politica del figlio unico, aveva fatto nascere, grazie alla sua esperienza, tutti i bambini del posto. L’intero romanzo è narrato dal punto di vista di Wan Zu 万足 (letteralmente “Diecimila piedi”), il nipote della levatrice Wan Xin. Anche Wan Zu era nato grazie all’abilità di nonna Wan Xin, che era quasi venerata come se fosse la dea della fertilità, Songzi Niangniang 送子娘娘.
A metà degli anni Sessanta, Wan Xin viene incaricata di far rispettare la politica del figlio unico e quindi di controllare severamente le nascite, quindi inizia a praticare aborti e vasectomie con la stessa cura e con la stessa serietà di quando faceva nascere i bambini.
Wan Xin non poté rifiutare quest’incarico, perché era una presunta “sospetta” agli occhi del Partito, quindi questa era la sua possibilità per redimersi in qualche modo: possiamo comunque dire che è passata all’estremo opposto. Con il passare degli anni, vista l’elusione della politica, la campagna per il controllo delle nascite acquista un carattere barbaro e violento a cui la vecchia levatrice Wan Xin si adatta fin troppo facilmente.
Dopo anni di barbarie, una notte Wan Xin, mentre tornava a casa, sente gracidare le rane, gracidio che le ricorda il pianto dei bambini mai nati (in cinese, il suono onomatopeico per indicare il pianto dei bambini è proprio “wa” così come il gracidio!) la spinge a un ripensamento di tutta la sua vita. Purtroppo, a pagare le conseguenze delle scelte di Wan Xin sarà anche un suo caro.
Tiantang suantai zhi ge 天堂蒜薹之歌 “Le canzoni dell’aglio”
Questo romanzo, pubblicato nel 1988 e ambientato nell’anno precedente, si svolge a Tiantang 天堂 (lett. “Paradiso”), un luogo immaginario della Cina, in cui un gruppo di contadini è stato obbligato dal Partito Comunista Cinese a coltivare aglio a causa di una pianificazione agricola del tutto fallimentare che, infatti, fa crollare le vendite dell’aglio, facendo restare a secco i contadini.
Essendo ormai ridotti alla fame, esasperati, i contadini di questo posto immaginario (che dovrebbe trovarsi a nord-est di Gaomi) si ribellano e vanno ad assaltare la sede del partito: irrompono nei vari uffici e distruggono tutto ciò che gli capita a tiro; tra di loro ci sono i protagonisti dell’opera, Gao Ma e Jinju che devono combattere contro pratiche molto antiche, quali il matrimonio combinato, pur di poter restare insieme.
Jinju era stata promessa in sposa a un uomo anziano e malato. I due poveri innamorati, Gao Ma e Jinju verranno rinchiusi e costretti a subire delle violenze; questo, purtroppo, non sarà soltanto il destino di Gao Ma e di Jinju: molte altre famiglie verranno imprigionate ingiustamente, costrette a impazzire in luride celle in cui la speranza non esiste.
Purtroppo, questo romanzo non ha lieti fini: molti dei personaggi finiranno brutalmente ammazzati, altri continueranno a vivere peggio di come vivevano prima.
Anche questo è un romanzo di denuncia e di critica: infatti, tutti i disordini nascono dall’indifferenza e dagli abusi degli esponenti del Partito. Mo Yan descrive il marcio del Partito paragonando all’aglio che marcisce invenduto sotto i raggi del sole, esalando tanfo di putrefazione.
Il titolo proviene dalle canzoni del cieco Zhang Kou, il cantastorie locale, che aprono ciascun capitolo come avveniva nella letteratura popolare classica (ma si pensi anche ad alcuni capitoli del romanzo dei tre regni).
Jiuguo 酒国 “Il Paese dell’Alcol”
Il Paese dell’Alcol è un romanzo satirico, pubblicato nel 1993, sul rapporto che i cinesi hanno con il cibo e l’alcol, nonché sulla corruzione dei funzionari governativi e sugli eccessi. Il romanzo segue due fili narrativi diversi: da una parte abbiamo una sorta di detective fiction; dall’altra abbiamo una corrispondenza di lettere tra Mo Yan in persona e un aspirante scrittore che dice di essere un grande fan delle opere di Mo Yan, un tale Lidou, che ha scritto un racconto riguardo la vicenda del cannibalismo.
Il filo narrativo del detective fiction segue le vicende di un ispettore investigatore di 48 anni, un tale Ding Gou’Er, che è stato inviato in una zona della Cina rurale (nel Paese dell’Alcol, per l’appunto) per indagare su presunti atti di cannibalismo: nell’opera sembrerebbe che alcuni ristoranti selezionati offrano ai propri clienti carne di neonato.
L’ispettore Ding Gou’Er viene regolarmente invitato dalle autorità locali a banchetti pantagruelici e, irretito dai fumi dell’alcol, non riesce a capire se quanto gli viene offerto sia veramente carne umana o una presentazione ad effetto dei cibi serviti. Insomma, realtà e finzione si mescolano sapientemente in quest’opera e, così come avveniva in Sorgo Rosso con la presenza costante del sorgo, nelle Canzoni dell’Aglio con la continua presenza dell’aglio, in quest’opera il vino è onnipresente.
Mo Yan ha dichiarato di aver scritto questo romanzo a causa di uno sfogo d’ira in seguito agli eventi accaduti a piazza Tian’An Men, quasi per denunciare la corruzione che impelagava all’epoca in Cina.
Yang mao zhuanyehu 养猫专业户 “L’uomo che allevava gatti e altri racconti”
I racconti contenuti in quest’opera hanno una strettissima relazione, sia linguistica, sia tematica con Sorgo Rosso. Ed ecco che a fare da sfondo a molti di questi racconti sono i campi di sorgo che nascondono meraviglie e tutta una vita misteriosa di stormi di anatre divine, dai colori bianchi, di pesci d’erba caduti da chissà dove che sfrecciano tra le verdi radici dei fusti di sorgo, di volpi che si accendono come scie di fuoco per indicare la strada a chi l’ha perduta, e via dicendo.
Si tratta del paesaggio che, come abbiamo già detto, tanto ama il nostro scrittore Mo Yan: una civiltà rurale e contadina, rimasta lontana dalla globalizzazione, in cui dominano la miseria e la durezza dei rapporti umani, per lo più imposte da una vita di stenti, di fatiche e di sforzi non riconosciuti.
Insomma, un immaginario della Cina che purtroppo non esiste più, soppiantato dai grattacieli che si perdono nel cielo e dalle metropolitane che sfrecciano a 300 chilometri orari. Ed è per questo amore di Mo Yan verso il micromondo rurale che molti studiosi l’hanno definito “scrittore delle radici”.
Di questa raccolta di racconti, i protagonisti sono i bambini che vedono la realtà in modo diverso: basta chiudere gli occhi e anche le storie più miserabili diventano leggende. Di seguito i titoli dei racconti racchiusi in quest’opera: il vecchio fucile; il fiume inaridito; il cane e l’altalena; esplosioni; il neonato abbandonato; il tornado; la colpa; musica popolare; l’uomo che allevava i gatti.
Fengru feitun 丰乳肥臀 “Grande Seno, fianchi larghi”
Nel 1995, Mo Yan pubblica un romanzo che tratta la storia di una famiglia, dal titolo “Grande Seno, fianchi larghi”. In questo romanzo, che è insieme un inno a sua madre, alla sua terra e al suo popolo, Mo Yan descrive vividamente con uno stile di scrittura neorealista la vita nello Shandong durante gli anni Trenta. La storia gravita intorno a una signora e alle sue otto figlie e un figlio, la storia della famiglia Shangguan 上官.
Durante tutto il romanzo, questa famiglia affronta gioie e dolori portati da un terra rurale estremamente primordiale, in cui fare qualsiasi cosa è complicato. Dal punto di vista storico, questo romanzo ripercorre le vicende che vanno dalla guerra sino-giapponese (1937-1945), fino al periodo che seguita l’anno delle riforme di apertura (1978).
Malgrado le denunce che vuole fare Mo Yan, in questo romanzo esprime anche il suo profondo rispetto e amore nei confronti delle donne. Un romanzo che ha subito le ire della censura e che merita di essere letto dalla prima all’ultima pagina, malgrado la sconfinata lunghezza. Lo stesso Mo Yan così si è espresso: 你可以不看我所有的作品,但你如果要了解我,应该看我的《丰乳肥臀》 “puoi non leggere tutte le mie opere, ma se vuoi comprendermi, dovresti leggere il mio “Grande Seno, fianchi larghi”.
Altre opere
Di seguito riporto i titoli delle altre opere scritte da Mo Yan, lasciando a te il piacevole compito di leggerle e scoprirne i contenuti: 十三步 (shi san bu) “i tredici passi”; 食草家族 (shi cao jiazu) “la famiglia vegetariana”; 红树林 (hong shulin) “il bosco rosso”; 四十一炮 (si shi yi pao) “i quarantuno colpi”; 怀抱鲜花的女人 (huaibao xianhua de nv ren) “la donna che abbraccia i fiori sgargianti”; 师傅越来越幽默 (shifu yue lai yue youmo) “il maestro è sempre più spassoso”; 欢乐 (huanle) “la gioia”; 与大师约会 (yu dashi yuehui) “incontro con il grande maestro”; 我们的荆轲 (women de jingke) “il nostro fallito assassinio al re di Qin”; 碎语文学 (sui yuwenxue) “filologia fatta a pezzi”; 用耳朵阅读 (yong erduo yuedu) “leggi con le orecchie”; 会唱歌的墙 (hui changge de qiang) “il muro che sapeva cantare”.
Photo Credits: Sorghum Seed Heads by Melinda Young Stuart
Carlos Bello dice
Grazie mile mi ha veramente spinto a leggere mo yan.
La contatto dopo.grazie di jlnuivo