Immagini di uno degli ultimi forni della tigre di Shanghai. L’audio è in cinese ma sotto il video trovi la traduzione in inglese
Riceviamo e pubblichiamo questo bell’articolo scritto da Gianluca Falso.
Che la nostra sia un’epoca di grandi cambiamenti non è certo una novità. Sarà per il progresso tecnologico, sarà frutto della globalizzazione e dell’ormai veloce contatto che c’è tra gli esseri umani, ma quanto rimane dello scorso secolo?
La speranza è l’ultima a morire, e quindi anche in una delle città che è cambiata più profondamente, che ad un’elevata velocità ha spazzato via quasi tutto ciò che può essere considerato vecchio per lasciar posto a palazzi moderni, fast food e discoteche all’ultima moda, c’è chi come me spera di trovare un qualche ultimo baluardo dello scorso secolo.
Ma è ancora possibile?
Mi sono per caso incuriosito di cosa fossero i Laohuzao (老虎灶), che potremo tradurre con i Forni della Tigre, ovvero dei luoghi caldi, rumorosi e di aggregazione, in cui veniva bollita dell’acqua per poi cuocere il riso o preparare del tè; uno di quei luoghi indispensabili in epoche in cui i servizi come l’acqua calda non erano riservati a tutti i cittadini.
L’origine del nome è incerta, c’è chi sostiene che la forma dei grandi recipienti in cui veniva prima messo il carbone e poi la grande giara d’acqua ricordasse la zampa di una tigre, oppure i più romantici potrebbero essere entusiasti nel credere alla legenda del monaco che diede questo strano nome.
Un monaco buddista che di cognome faceva Fu (傅), si occupava nel suo monastero di riscaldare l’acqua per tutti gli altri monaci e per la gente del villaggio, un bel giorno si innamorò di una giovane del villaggio, e per scappare da quell’amore impossibile si recò a Shanghai.
Arrivato a Shanghai fece del suo vecchio mestiere una professione, e così aprì una piccola bottega per chi avesse bisogno di acqua calda. La bottega prese presto il nome di Laofu (老傅), cioè vecchio Fu, e vista l’assonanza tra il cognome del vecchio monaco e la pronuncia del carattere tigre, venne ribattezzata Laohu.
Leggendo un articolo dello Shanghai Daily, su cosa i giovani di Shanghai non conoscono più della vecchia città, ho scoperto dell’esistenza dei Forni della tigre, e ho potuto constatare di come solo gli anziani nati a Shanghai o nelle province vicine del Jiangsu e dello Zhejiang sappiano cosa è un Laohuzao.
Nonostante siano ormai stati del tutto rimossi dalla città, visto il rapido sviluppo e i servizi accessibili alla maggior parte delle abitazioni, c’è ancora chi su internet scriveva di un ultimo Laohuzao, nel distretto di Hongkou nella parte nord di Shanghai; così una piovosa domenica mattina mi sono deciso ad andare alla ricerca di uno dei vecchi simboli di Shanghai.
Prendendo la metro fino alla fermata di Xichuan Bei Lu, mi sono addentrato nei vecchi Longtang (弄堂) di Shanghai, i tipici quartieri fatti di casette basse e attaccate l’un l’altra, amministrati da autorità locali, ognuno con un capo quartiere e controlli di sicurezza.
Rispetto alla moderna zona di Shanghai sembrava di stare in tutt’altra città, e questo rafforzava le mie speranze di trovare il Laohuzao di Anqing Dong Lu; oltre al fatto che alcuni anziani signori a cui chiesi indicazioni dicevano di aver visto il forno non molto tempo prima.
Arrivato ad Anqing Dong Lu ho purtroppo scoperto che del vecchio Laohuzao rimanevano soltanto un cumulo di macerie; tutta l’intera piccola strada con le varie attività era stata rasa al suolo, ed alcuni signori presi a giocare a carte nella vicina Jiangxi Bei Lu mi hanno appunto dato la triste conferma della Chaidiao(拆掉, termine che indica appunto l’opera di rimozione di vecchi edifici)della bottega.
Per chi come me fosse interessato a questi luoghi nostalgici, i simpatici signori di Jiangzi Bei Lu mi hanno consigliato di recarmi all’ufficio informazioni del distretto e chiedere del signor Lu (in cinese 陆), un signore originario della provincia del Jiangsu, ovvero il vecchio proprietario della bottega. Chissà se incontrando il vecchio Lu non si possa rivivere almeno tramite i suoi racconti l’esperienza di una tazza d’acqua calda in un Laohuzao.
Bio
Mi chiamo Gianluca Falso, ho 24 anni e sto finendo il mio master in interpretariato e traduzione Italiano/Cinese. Sono nato e cresciuto nel quartiere Esquilino di Roma, uno dei luoghi più multietnici e folkloristici della capitale. Il folklore delle strade che hanno circondato la mia infanzia mi ha spinto a cercare stimoli in tutto ciò che vedevo come diverso ed esotico, ed ecco che finiti gli studi presso il liceo scientifico ho deciso di studiare e comprendere la cultura cinese. Per il momento vivo a Shanghai, e spero di restare in Cina ancora per molto, in modo da potermi avvicinare sempre di più alla millenaria cultura cinese.
Photo Credits: Photos by Gianluca Falso
Gennaro Mucciariello dice
Coraggio Gianluca e buona fortuna alla ricerca di tradizioni e costumi che ancora resistono a Shanghai. Il tuo articolo e il video mi hanno riportato indietro di dieci anni (con un pò di nostalgia). Ho vissuto circa quattro anni a Shanghai, in Puxi, e sono ancora legato sentimentalmente e culturalmente agli Shanghainese e alla città.
un saluto !
Gennaro
Gianluca Falso dice
Grazie Gennaro, sono contento di poter far rivivere vecchi ricordi ed esperienze. Come tutta la Cina anche Shanghai cambia ad una velocita’ impressionante, ma con un po’ di impegno e’ ancora possibile trovare vecchi aspetti della citta’ e antiche tradizione, e questo in Cina come in tutto il mondo.
Grazie ancora e un saluto,
Gianluca