Oggi intervistiamo Beppe Pastormerlo che, tra le altre cose, progetta, produce e importa, attualmente, prodotti di alta tecnologia per l’illuminazione dalla Cina e viaggia attraverso l’Asia dal 1970.
L’imprenditore
Beppe, sei arrivato in Cina nel 1987 da turista e dopo qualche anno hai iniziato a cooperare con un cinese nel campo dell’elettrotecnica. Come è nata questa partnership?
Per caso. Come spesso avviene nelle favole, il principe azzurro arriva a Kunming sul suo cavallo bianco e anziché incontrare la bella principessina cinese, si trova davanti un ragazzotto laureato in ingegneria elettrotecnica. Nasce un feeling speciale legato al comune interesse per teleruttori ed interruttori automatici. Novello Zhuang Tze, il principe si chiede se è un turista arrivato per caso o un imprenditore cinese, oppure un imprenditore che ha smesso di essere un turista. Decido per la seconda ipotesi, essendo io impegnato nella distribuzione di prodotti elettrotecnici in Italia con una mia azienda.
Qual’è stato il vostro primo prodotto e dove l’avete esportato?
A Kunming, che stavo visitando insieme ad una amica del posto, nazionalità Naxi, vi era un’esposizione di imprese cinesi. Tra queste un’azienda che fabbricava interruttori automatici e teleruttori, la Zhengtai, oggi conosciuta nel mondo come Chint (allora era una azienda sconosciuta, ma con un buon livello qualitativo).
La mia curiosità, legata al fatto di essere l’unico straniero presente, mi introdusse ai colloqui con la dirigenza Zhengtai per l’eventuale esportazioni dei loro prodotti. A quel tempo non esistevano esportazioni di quel genere verso i Paesi Occidentali. La mia candidatura prese corpo e fui scelto per iniziare questo processo (anche perché non c’erano altri).
La Cina era conosciuta solo come copiatrice e la Zhengtai non sfuggiva alla regola. Disegnai per loro una nuova forma, aggiungendo qualche particolare tecnico per rendere il prodotto più consono alle esigenze ed alle normative europee. Se l’incontro avvenne a Kunming, in Yunnan, lo sviluppo della collaborazione si svolse nella provincia dello Zhejiang, tra Liushi e Yueqing.
Nel 1990 queste aree erano tremendamente “disordinate.” Qui entrai in contatto per la prima volta con le famose “family factories” (fabbriche familiari) dove si producevano parti elettriche in collaborazione con il nonno, la nonna, il nipotino, lo zio-postino-a-tempo-determinato, il passante disoccupato, oltre al padre e alla madre. Praticamente l’Italia del primo dopoguerra.
[Furio: Per certi versi in Zhejiang è ancora così].
Al momento progetti, produci ed esporti lampade LED e 4G, che hai ribattezzato luci di quarta generazione. Mi sembra di capire che si tratta di una tecnologia abbastanza innovativa. Puoi illustrarci le caratteristiche e i vantaggi delle lampade 4G?
Questa tecnologia ha le sue origini in Giappone, passa da Taiwan e si ferma in Cina, dove tutto si fa. La luce 4G è uno sviluppo delle lampade a catodo freddo usate nella retroilluminazione degli schermi. Fino ad ora la catodo freddo aveva poca luminosità, quindi non era adatta all’illuminazione generale.
Le tradizionali lampade fluorescenti sono a catodo caldo. Attraverso un nuovo processo tecnologico abbiamo ottenuto una lampada che eroga circa 90-100lm/W con una luce più salutare sia agli occhi che all’ambiente. Con alcuni accorgimenti abbiamo eliminato i pericolosi raggi UV e la luce blu. La nostra nuova lampada adotta un sistema di ionizzazione diverso da quello in uso nelle lampade tradizionali, allungandone la vita ad oltre cinquanta mila ore di utilizzo e risparmiando circa il 50% di energia rispetto alla fluorescenza normale. Unitamente vi sono tante altre migliorie che non è il caso di elencare qui. Per gli esperti, chiarisco che non sono lampade ad induzione.
Circa le lampade a LED, parlo di un prodotto altamente tecnologico dedicato essenzialmente all’illuminazione di strade, grandi aree, costruzioni industriali. Lasciamo ad altri le lampadinette per vetrine, soffitti ed abitazioni, articoli più da bancarelle che per utilizzo professionale. Il maggior problema del LED è il calore emesso in fase di utilizzo, problema che è stato risolto perfettamente nelle nuove esecuzioni professionali con l’utilizzo di… non vorrete sapere proprio tutto, vero ?
Si tratta di un qualcosa che si può trovare al supermercato o piuttosto di un prodotto di nicchia?
Ecco, appunto, la massaia trova le lampadinette a LED al supermercato. Ma con queste ultime non si pensi che si possa illuminare Piazza del Popolo. Quindi diciamo pure che il nostro è un prodotto di nicchia, ma molto luminoso!
Dall’alto dei tuoi venticinque anni di esperienza puoi dirci quali sono gli ostacoli principali che si trova ad affrontare un imprenditore straniero in Cina?
Premesso che la mia altezza non mi permette di dire “dall’alto…” ( gli amici maligni mi dicono che ero venuto in Cina perché i cinesi sono bassi, tremenda bugia, che ne dite di Yao Ming?) elencare gli ostacoli principali per l’imprenditore “fai da te” che arriva in Cina non è semplice.
Il primo problema da affrontare è il “essere non essere.” Parli in inglese con uno che ti risponde in “cinglese” e che, probabilmente, non ha capito nulla di quello che hai detto ma, per non perdere la faccia, dice comunque di sì. Non bisogna però generalizzare. Non esiste un imprenditore cinese, ne esistono milioni. E con ognuno di essi si vivrà un’esperienza diversa.
La prima cosa da fare, quindi, è quella di entrare nello spirito del cinese. Non dare mai nulla per scontato, calarsi nella sua mente, mantenere sempre la calma. Ricordarsi che il cinese pensa sempre di essere superiore a te, bisogna quindi agire sempre con tatto.
Mai metterlo con le spalle al muro. Ricordiamoci sempre che, in presenza di uno sbaglio, lui non è mai il colpevole. E’ sempre un altro, per cui non prendiamocela con il nostro interlocutore per gli errori, ma con “quell’altro.”
[Furio: Se abiti in Cina starai annuendo. Se invece non sei troppo familiare con il concetto di “faccia” ti invito ad approfondire qui e qui].
Mi sembra di capire che ci tieni a far conoscere il tuo nome cinese, 朱赛培 (Zhusaipe). Ne deduco che parli mandarino in maniera fluente. Quanto tempo ci hai messo a imparare questa lingua e quanto pensi che abbia influito sul tuo successo come uomo di affari in Cina?
Alcuni anni fa ti davano un libretto verde come permesso di residenza dove, oltre al tuo nome vero, vi era il nome in cinese che ti davi da te. Il mio deriva dall’assonanza con Giuseppe. Mi spiace deluderti ma non parlo correntemente il putonghua. Ho provato spesso ad avere lezioni private serali, dopo il lavoro. Purtroppo trovai sempre delle insegnanti carine. Alla fine mi stancavo di sentirmi dire che “il cielo era blu” e che la mela si chiama “ping guo ” ma che la mia intonazione era sbagliata. La lezione finiva sempre dopo pochi minuti. Però posso cavarmela a discutere al mercato, con la vicina di casa e con il venditore uyguro di uvetta. Sul lavoro è imperativo usare l’inglese. Se sta piovendo, non vorrei dire che stiano cadendo pesci (yu) anziché pioggia (yu).
Il viaggiatore
Durante gli anni ’70 hai viaggiato in Giappone, India, Pakistan, Afghanistan, Uzbekistan, Cambogia, Laos, Nepal e Vietnam. Qual è il paese che ti ha impressionato di più e perché.
Hai dimenticato Ladhak e Myanmar… E’ una domanda senza risposta, e nessuna risposta è una buona risposta. Ognuno di questi Paesi ha delle caratteristiche indimenticabili se le vivi a contatto con la popolazione. Il Vietnam ha avuto un’importanza particolare per me. Le amicizie locali, la classica Saigon, la politicizzata Hanoi, le spiagge sabbiose e sterminate di Nha Trang, le dolci montagne di Dalat, l’onore di essere ospite di una figlia di Baodai, ultimo imperatore del Vietnam, nella sua casa museo di Saigon.
Ma che dire di Yangon ed i templi di Pagan? Dovrei parlare di Angkor Wat? L’India, meta di molti viaggi degli anni ’70, non si può raccontare. Afghanistan, Kyber Pass. Hai mai sparato con un kalashnikov? Stai attento che il rinculo ti spacca la spalla. Ma te lo dicono dopo. Non mi è mai piaciuto il Giappone. Tre visite, tre delusioni.
Viaggiare nel 2013 è senz’altro più facile che quarant’anni fa. Hai qualche “horror story” da raccontarci?
Vietnam, poco tempo dopo la guerra americana. Mini aeroporto di Ho Chi Minh City (Saigon). Dogana che ti esplora tutto. Atmosfera da Apocalypse Now. Bambini asiatici-neri, persone mutilate da una mina, case diroccate avvolte nel filo spinato…
L’orrore del museo della guerra di Hanoi, la reggia di Huè ridotta ad una ammasso di macerie, l’elicottero americano abbattuto sull’argine di un canale. L’esperienza di vivere un paio di giorni nelle paludi della giungla del delta del Mekong. Oppure l’agghiacciante vista del liceo di Phnom Phen, luogo di sterminio usato dai Khmer di Pol Pot.
Tutto ciò fa pensare “ma perché la guerra?” Però il viaggiare non è mai stato difficile in questi paesi, basta adattarsi ed accettare le regole.
Yunnan, Guizhou, Tibet, Sichuan… qual è la provincia cinese che ti ha colpito di più?
Sono un amante delle montagne. Tutto ciò che sta sopra i 3,000 mi eccita. Vorrei dire Tibet, ma mi viene Yunnan. Lijiang è il mio posto preferito, chissà perché? Il Lago Lugu ed il gruppo etnico Mosuo, una delle ultime società matriarcali ( ma l’ultima volta che ci sono stato mi ha profondamente deluso, troppi turisti!).
I simpatici panda della riserva Wolong, gli yak del lago Qinghai, il barcone sulle rapide di Guizhou per arrivare ai villaggi sperduti dell’interno. L’eleganza di portamento delle donne tutte. Una giacca regalatami da una Miao black come segno di ospitalità… Qufu, la terra dei Kong (Confucio), Qingdao, la patria della birra. La festa delle fiaccole tra la gente Yi. Oppure il volo dei pavoni in Xishuangbanna. Ecco, ora sai quale è la provincia mi ha colpito di più…
Beppe presenta il padiglione italiano con Chen Fei, giornalista al CRI. Qui trovi gli altri video sull’Expo.
Il presentatore
Senti ma tu com’è che sei finito a presentare il padiglione italiano all’Expo di Shanghai?
Questa è una delle tante cose che ti puoi aspettare in Cina. Stavo collaborando con il CRI di Pechino da un po’ di tempo. Un giorno mi arriva una mail da Chen Fei, un’amica giornalista che mi chiede a bruciapelo se volevo presentare il padiglione Italia all’Expo. Le dico di sì senza pensarci troppo. Lei mi risponde: “OK, domani siamo a Shanghai.”
Mi aspettavo “tra quindici giorni siamo a Shanghai. Ma cosa c’era all’Expo? Non avevo alcuna idea. Un paio di ore per studiare cosa vi era esposto, parecchie cose le sapevo già. Il giorno dopo, di primo mattino, mi trovo all’ingresso con una troupe composta da regista, giornalista, cameraman e fotografa. Briefing su come operare e si fa tutto in una giornata. Trasmettono su qualche canale e poi finisce su internet.
Un giorno ero in visita a Heng Dian, la Hollywood cinese. D’improvviso un gruppo di ragazzine corrono verso di me, urletti da fan… Ti abbiamo visto in TV… Sei un attore italiano? Mi fai l’autografo? La foto, ti prego! Ma si può essere così pazzi?
Quanto ti hanno pagato? : P
Ahahahah.
L’illuminato
Cito dal tuo sito personale:
“Illuminazione intesa come allontanamento delle tenebre per mezzo di lampade elettriche. E’ l’ultima versione di Beppe, il bruco filosofo che si trasforma in farfalla imprenditore. Il romantico diventa illuminista. La scoperta tecnologica dell’illuminazione attraverso i LED ha catturato lo spirito di Beppe ancor più della filosofia di Schelling.”
Ti va di parlarci dei tuoi progetti artistici? Tra l’altro so che hai scritto anche un libro…
Il libro… sai, quando andavo in giro a visitare clienti in Italia tutti mi chiedevano della Cina. Ripetevo
ogni giorno per 4/5 volte le stesse storie. Bene, ho scritto un libro. Appena uno chiedeva: “Com’è…” gli rifilavo il libro in mano.
In seguito ad una banale circostanza (avevo contestato un suo articolo) divenni amico di una scrittrice e giornalista di filosofie orientali (non dico il nome per questioni di privacy). Le mandavo articoli ed opinioni che lei pubblicava a nome suo e dividevamo i frutti (a lei gloria e denaro, a me un sentito grazie).
Ma ero soddisfatto ugualmente. Mi fecero cavaliere, ma cerco di non dirlo in giro. Aiutai le vecchiette ad attraversare la strada, pagai tutte le tasse sino a che non mi lasciarono più nemmeno una lira in tasca (per fortuna poi passammo all’Euro). Per complicarmi maggiormente la vita, feci il sindaco. Poi mi diedi alla pittura, intonacando casa mia. Le mie opere maggiori le puoi trovare sul mio sito web.
Chiudiamo con una nota ironica. Tra i tuoi tanti progetti ti vanti di aver progettato la Grande Muraglia Cinese. Perché pensi che l’imperatore cinese si sia rivolto proprio a te per portare a termine questo compito così delicato?
Siamo nel 220 A.C. circa, ora più ora meno. Tempi duri. Quel simpaticone di Qin Shi Huang, dopo aver sterminato la sua solita quota giornaliera di nemici, venne da me con una proposta: costruiamo un bel muro. Sapevo già di un muro da costruirsi a Berlino, di un muro per piangere, del muro del suono… che ha di speciale un altro muro? Nulla.
Gli rispondo: Caro Shi Huang, ma che te ne fai di un muro? Hai già un bel palazzo, un esercito di 16,000 soldati di terracotta, una tomba in costruzione che usa un mare di mercurio. Sai che è pericoloso il mercurio? Potresti anche morirci. Niente, insiste, vuole un progetto in scala 1:1 per vedere bene i dettagli, pietra su pietra. Lui è imperatore sterminatore, io progettista. Come Giuseppe dico “Obbedisco.”
Comincio a disegnare le pietre: 1,255,626,555,230,258,154,559,249 pietre, per l’esattezza. Un lavoro notevole. Necessito di un rotolone di carta lungo 6,000 km e rotti. Occorrono milioni di alberi per la carta. Vi è la foresta di Gobi. In poco tempo diventa il deserto Gobi. Il lavoro è pronto per il quindicesimo giorno dell’ottavo mese, Zhongqiujié. Lui comanda ad un paio di milioni di persone di cominciare gli scavi. Ci vorranno un po’ di imperatori per finirla, ma io sono solo il progettista e non mi intendo di scavi né di schiavi.
Beppe, ti ringrazio per la bella intervista e a presto!
Photo Credits: Photos by Beppe Pastormerlo
Lorenzo dice
grazie, molto interessante, io sono andato nell’86 ed avrei dovuto fare quello che ha fatto lui…
furio dice
: )