Oggi intervistiamo Elisa Ferrero, che ha 38 anni, insegna cinese a studenti di tutte le età ed è arrivata in Cina per la prima volta nel 1999, quando di anni ne aveva 21. Elisa è anche la co-fondatrice di Cinese Virtuale, un sito web dedicato allo studio della lingua cinese.
Elisa, come sei arrivata in Cina per la prima e che motivi ti hanno spinto a farlo?
Sono arrivata per la prima volta in Cina nel 1999, quando Pechino era una città che oggi non esiste più. Si trattò di un soggiorno di studio di 3 mesi in compagnia di una decina di compagni di corso dell’Univerisità di Torino.
Era il mio secondo anno di studi, e volevo iniziare a conoscere il Paese, anche per valutare seriamente se il corso di laurea a cui mi ero iscritta, Lingue e Letterature Straniere con specializzazione in cinese, mi avrebbe portata da qualche parte.
Dovevo vedere il Paese di cui stavo studiando la lingua, consapevole che dietro la lingua c’è un mondo che non si può evitare di conoscere.
Ora posso dire che quei 3 mesi mi hanno cambiato la vita.
A parte la prima esperienza, quanto tempo hai vissuto in Cina? In che città?
A parte la prima esperienza, ho vissuto in Cina dal 2004 al 2014 con un’interruzione di un anno e mezzo e sempre a Pechino; ci fu solo una breve parentesi a Shanghai, che però abbandonai quasi subito.
Dopo la Laurea, nel 2004, vinsi una borsa di studio per studiare un anno all’Università di Shanghai. Quella dello studio in realtà per me in quel momento era una scusa per mettere un piede in Cina e provare a rimanerci per un periodo, cosa che poi mi è riuscita fin troppo bene!
Ma mi resi subito conto che l’ambiente shanghainese non era adatto a me in quel momento… Shanghai è sempre stata una città la cui popolazione straniera è formata per la stragrande maggioranza da gente che si occupa di business e non di lingua e cultura, che era il motivo per cui io ero lì.
Per di più, il campus universitario era decisamente lontano dal centro della città ed essere relegata praticamente in campagna mi toglieva la possibilità di conoscere gente e fare esperienze fuori dal campus, cosa che mi sembrava fondamentale per valutare seriamente quanto della mia vita investire in Cina.
Fin dal primo giorno avvertii la sensazione che quel posto non era per me, e dopo due mesi di tentativi riuscii a ottenere un visto di studio in una scuola di Pechino. Decisi di andarmene da Shanghai, lasciai la borsa di studio e il visto di un anno e dopo innumerevoli viaggi in treno carica di zaini, libri e oggetti vari, mi stabilii a Pechino.
Allora non sapevo che non me ne sarei andata per molti anni. E meno male… se mi avessero chiesto di salire su un aereo e rimanere in Cina per quasi 10 anni quasi sicuramente quell’aereo non l’avrei mai preso!
Qual’è stato il tuo problema maggiore, durante il primo periodo di vita in Cina?
Durante il primo periodo di vita in Cina gli unici problemi che ho avuto sono stati organizzativi: dopo il mio rocambolesco trasferimento a Pechino, ho dovuto cercarmi un appartamento, procurarmi un visto per rimanere e risolvere situazioni pratiche che non avrei mai pensato di poter risolvere in cinese.
Negli uffici pubblici nessuno parlava inglese, neanche in quelli per gli stranieri. E non è stato semplice destreggiarsi fra tutto. Mi ha aiutata avere chiaro il mio obiettivo: io volevo stabilirmi a Pechino per un periodo, a tutti i costi.
Per fortuna avevo già un livello di cinese che mi permetteva di non sentirmi completamente persa ormai in qualsiasi tipo di situazione.
Qual’è la tua città cinese preferita e perché?
Questa è una domanda trabocchetto… in realtà posso parlarti solo di Pechino e Shanghai. Naturalmente ho visitato altre città, ma l’opinione che posso dare delle altre è molto relativa, non avendoci vissuto.
Pechino mi ha rubato l’anima, da subito. Succede spesso quando uno mette piede in un Paese più “arretrato” del proprio. Nel 1999, e fino ai primi anni dopo il 2000, Pechino era un enorme città-paese… non c’era praticamente nulla di moderno, la sensazione era di vivere tra la storia e le tradizioni popolari, anche se si avvertiva imminente un vento di cambiamenti.
Shanghai a quell’epoca non mi aveva affascinata per nulla, primo perché era già molto più moderna, e secondo perché la sua natura era lontana da quello che la Elisa del 2004 stava cercando.
Se dovessi tornare in Cina oggi, credo che non tornerei a Pechino che, nel frattempo, ha perso la sua essenza. Si è modernizzata, trasformata, disintegrata. È nata un’altra città.
Shanghai, invece, ha continuato a modernizzarsi, ma é rimasta quella che era.
Quindi, ti posso dire che la mia città preferita è sempre stata Pechino, ma devo parlare al passato.
Che lavori hai fatto in Cina?
Nel 2004 ho lavorato come insegnante di inglese in un asilo di Shanghai durante la mia breve parentesi di studio lì.
Dopo il mio trasferimento a Pechino, ho lavorato come insegnante di italiano online. In quegli anni gli stranieri a Pechino erano talmente scarsi che insegnare lingue era un lavoro che veniva offerto a quasi tutti. Ora, per fortuna, non è più così.
Dal canto mio, ho sempre fatto del mio meglio e so di aver ottenuto dei buoni risultati (dopo 10 anni sono ancora in contatto con un paio di miei ex-alunni!), ma sicuramente anche io in quel momento mi sono un po’ improvvisata.
Dopo pochi mesi sono entrata nell’ufficio di rappresentanza di un’azienda italiana come traduttrice e interprete.
Il mio ultimo lavoro, dal 2009 al 2014, è stato per la nostra Ambasciata a Pechino, dove si assume sempre personale che parli cinese a supporto allo staff del Ministero degli Affari Esteri in missione all’estero, composto da persone che ricoprono moltissimi tipi di cariche ma che non conoscono la lingua del Paese di destinazione.
Che consiglio ti senti di dare a chi studia cinese e sta pensando di passare un periodo in Cina?
A chi sta studiando cinese e sta pensando di passare un periodo in Cina dico di correre a comprare il biglietto aereo. È un’esperienza di cui non ci si può privare. Poi ognuno farà le proprie valutazioni.
Com’era la Cina vent’anni fa? O meglio, quali sono le differenze maggiori con la Cina odierna?
Sapevo che sarebbe arrivata questa domanda… e ora non so da dove partire per risponderti.
Intanto una precisazione: come in tutti i Paesi del mondo, le metropoli corrono e le campagne restano ferme o si muovono a passo d’uomo… quindi concentrerei la mia risposta sulla realtà che ho vissuto io, che è Pechino.
È impossibile raccontare 20 anni di cambiamenti a Pechino. Gli eventi e le conseguenze che si portano dietro sulla società, le sensazioni… impossibili da raccontare, quindi te le lascio immaginare con due immagini.
1999: le strade sono piene di gente vestita in modo poco curato, che parla ad alta voce (per non dire grida) e sorride. Una marea di biciclette e di taxi rossi Xiali, un modello di produzione cinese dell’epoca. Nessun’auto privata. Si sentono scampanellii di biciclette. Il cielo è giallo per l’inquinamento da carbone, e l’odore nell’aria combina perfettamente con il colore del cielo.
2016: le strade sono piene di gente che continua a gridare, ma sono anche piene di auto ultimo modello, Audi, BMW, Porsche dai colori più inimmaginabili… ragazzi di 20 anni che guidano auto costosissime e parlano al cellulare. Tutto rigorosamente ultimo modello.
Il computer da cui sto scrivendo e il cellulare che uso da anni sono stati comprati in un mercato dell’usato dove i nuovi ricchi di Pechino lasciano oggetti di elettronica da migliaia di Euro dopo pochi mesi dall’acquisto per cambiarli per un modello nuovo.
Il cielo è grigio per l’inquinamento da gas di industrie e automobili, e la gente si dice più felice. Io però i giovani non li vedo sorridere molto.
Il tuo piatto cinese preferito?
Tutto quello che ha sapore 麻辣 (málà), un misto di piccante e pepe aromatico proprio della regione dei Sichuan.
Dove abiti oggi? Cosa fai?
Oggi vivo molto lontana dalla Cina. Sono a Buenos Aires, in Argentina. E indovina cosa faccio? Insegno cinese!
I miei due ultimi anni a Pechino li ho dedicati a fare corsi di abilitazione per insegnare il cinese, nella stessa Università dove nel 1999 ero entrata come studentessa balbettando poche parole di cinese.
Ora insegno nei programmi di Lingue Straniere di due Università di Buenos Aires, e ho ottenuto l’idoneità per lavorare come maestra elementare per un progetto stupendo che la Città Autonoma di Buenos Aires ha avviato pochi anni fa: una scuola bilingue cinese-spagnolo, dove i bambini studiano tutte le materie in entrambe le lingue.
Sono la prima persona non cinese che entra nelle fila dei maestri fin’ora tutti cinesi, e l’orgoglio che sento non è descrivibile.
Perché hai deciso di lasciare la Cina?
La Cina l’ho lasciata due volte, e sempre per lo stesso motivo: vivere in un Paese culturalmente così distante crea situazioni emotive che non ero più disposta a vivere: la sensazione di vivere in una bolla, mai realmente integrata con la comunità locale, non si può estendere all’infinito.
Io mi sentivo così, ed è una sensazione condivisa da tutte le persone straniere che ho frequentato in questi anni. Per quanto mi riguarda, la Cina è un Paese dove vivere grandi esperienze, ma non dove mettere radici.
Se capitasse l’occasione, torneresti ad abitare in Cina?
Ad abitare, assolutamente no.
Ma se mi dicessi: Elisa, partiamo per un viaggio in Cina domani? starei già preparando la valigia.
Elisa, grazie per la bella intervista e buona fortuna per la tua nuova avventura in Argentina!
Photo Credits: Photos by Elisa Ferrero
Ignacio Mercado dice
Una gran ayuda en mi primera aventura en China!!
Furio dice
: )
Pasquale dice
Bellissimo il tuo sito molto istruttivo in particolare per chi deve intraprende un viaggio in Cina grazie
Furio dice
: )