“Sik zo faan mei aa?” (“hai già mangiato oggi?”) è un’usuale forma di saluto, equiparabile al nostro “salve, come va?”, a Hong Kong come in tutta la Cina (in mandarino si dice “chi fan le ma?“, la versione in alto è in cantonese). Dunque nessuno stupore nello scoprire, anche dai piccoli dettagli quotidiani, quanto il cibo sia importante nella cultura locale.
Sembra che l’immancabile Confucio, interrogato dal governatore dell’antico stato di Wei, Yuan Xiang, sulla miglior tattica militare, abbia flemmaticamente risposto di aver imparato il modo di cuocere il riso, preparare la carne, e servire le verdure, ma mai niente che avesse a che fare con vincere una guerra.
Nel caso di un invito a un ristorante tradizionale, ricordatevi di Confucio: il trovarsi a gestire fino a dodici portate, in contemporanea, dalla zuppa – dove spesso galleggiano oggetti dei quali non saprete identificare la natura – ai noodles (spaghetti), dal pesce – completo di lische – alle zampe di pollo, passando per tutto ciò che è commestibile – o presunto tale – fino alle verdure stufate, potrebbe inibirvi l’appetito e portarvi a utilizzare vere tecniche di guerriglia per uscirne vivi.
Da tenere a mente il detto che nella cucina cinese si mangia qualunque cosa abbia le gambe e non sia né un tavolo/sedia, né una persona, qualunque cosa abbia le ali e non sia un aeroplano, qualunque cosa stia nell’acqua e non sia un sommergibile.
Il primo grande scoglio sarà rappresentato dai liquidi. Siate preparati al fatto che probabilmente vi porteranno dell’acqua calda. Abbiate il buon gusto di non commentare e non usate l’acqua per sciacquarvici le mani. Le usanze cinesi sulle bevande sono assai differenti dalle nostre e anche quando il clima richiederebbe una bibita ghiacciata, è assolutamente normale gustare zuppe incandescenti e bere tè al limite dell’ustione.
Il bicchiere d’acqua non fa eccezione. Se il vostro metabolismo lo consente, approfittatene e potrete trarne degli imprevisti benefici. Per evitare sguardi tra il curioso e l’irritato da parte dei camerieri, tenete a mente che mai e in nessuna occasione in Cina si prende il tè al limone: è una così inconcepibile almeno quanto per noi italiani vedere gli stranieri che mangiano allegramente spaghetti ai frutti di mare accompagnandoli con un cappuccino!
Sforzatevi di usare le bacchette (kuaizi) e il cucchiaio nel modo appropriato: nel caso in cui sappiate fin dal principio di mettere a repentaglio gli abiti vostri e dei vostri vicini, chiedete al cameriere di fornirvi forchetta e coltello. Riceverete un sorriso di compassionevole comprensione, ma vi caverete fuori dall’impiccio di scusarvi per i danni certi e rimanere digiuni.
Se vi sentite sicuri e spigliati a sufficienza nell’uso delle bacchette, non vi venga mai in mente di infilzare il cibo per aiutarvi. Questo gesto è di pessimo auspicio perché ricorda i rituali funebri, durante i quali vengono bruciati bastoncini d’incenso in memoria dell’estinto.
La tavola sarà quasi certamente rotonda (secondo i dettami del Feng Shui) con il vassoio centrale che ruota su se stesso; gran vantaggio visto che i piatti sono sempre condivisi, e ogni commensale si serve dal centro. Sembra scontato, ma ricordatevi di girare il piatto con grazia: mi è capitato di assistere a veri e propri lanci in orbita di vassoi ad opera di entusiasti commensali. Cercate di non confondere la ciotolina per il cibo con quella per il tè; al momento di dovervi eventualmente versare da bere senza l’aiuto dei camerieri, non dimenticate di fare altrettanto con i vostri commensali.
L’etichetta vuole che ogni tipo di cibo venga messo nella ciotola piuttosto che nel piatto ed è assolutamente educato avvicinarla alla bocca per mangiare.
Con una certa abitudine riuscirete a mascherare lo stupore per i rumori che vengono prodotti intorno a un desco orientale: più familiare sarà il ristorante, più intensa sarà la cacofonia.
Se riceverete un invito a casa, non sottovalutatelo pensando che sia meno formale che al ristorante. Tutt’altro! E’ possibile che siano stati ingaggiati stuoli di camerieri e allestito un buffet per il doppio delle persone presenti; il vino scorrerà a fiumi, e poco importa se berrete un porto d’annata come aperitivo. Il vostro ospite vi dimostrerà un’accoglienza davvero rara e calorosa; se vi ritiene una persona importante, avrete la fortuna di concludere la serata esibendovi in una sessione intensa di karaoke.
Venendo nel dettaglio delle pietanze, se siete per natura tradizionalisti e conservativi non chiedete mai di cosa si tratta; se siete avventurieri lasciatevi trasportare da nomi misteriosi come uova dei cento giorni (poco differenti da quelle chiamate dei mille anni), nidi di uccello, zuppa di pinne di squalo, sangue di serpente, spiedini di pipistrello.
Con grande dispiacere scoprirete che i Dim Sum (i caratteristici ravioli), vengono serviti solo a pranzo o come spuntini, e non sono poi diffusi come nei ristoranti cinesi italiani.
Se pensate che siano nomi iconografici dati per portare avanti delle tradizioni orali legate alla cucina locale, non farò niente per cercare di dissuadervi dal crederlo. La “docta ignorantia” di Socrate trova in questo senso una tangibile applicazione.
Un’ultima raccomandazione riguarda i biscotti della fortuna cinesi: i piccoli cracker dolci contenenti perle di saggezza, distribuiti a fine pasto in ogni ristorante cinese che si rispetti. In occidente. Non aspettatevi di trovarli né a Hong Kong né in Cina. Semplicemente perché qui non esistono. Sono biscottini giapponesi.
Agli inizi del secolo scorso un fornaio di Kyoto cominciò la produzione a San Francisco, in California; visto il successo del pubblico e la scarsa sensibilità nel distinguere giapponesi da cinesi, durante la seconda guerra mondiale, complice l’internamento nei campi di prigionia dei nipponici, astuti cinesi residenti in California si appropriarono dell’idea e cominciarono a diffondere i biscottini nei loro ristoranti.
Se proprio non potete farne a meno, potrete trovarli nei supermercati che vendono prodotti occidentali, sotto la dicitura “biscottini della fortuna americani”.
Saluti da Hong Kong, dove è già domani.
Photo Credits: Photos by Ginevra Niccolini Serragli
Mahee Ferlini dice
Che bel blog! Veramente interessante! Grazie!!
Furio dice
: )
Marco dice
l’esperienza mi ha insengato chie chiedere coltello e forchetta e’ spesso inutile in quanto semplicemente moltissimi ristoranti non le hanno :P
per il resto mentre noi occidentali spesso per chiaccherare del piu’ o del meno parliamo del tempo in Cina parlano di cibo.
Direi che l’articolo salta parti fondamentali dello stare a tavola (a partire dal dove sedersi, chi deve ordinare, quante portate ordinare, chi deve versare il the, chi deve servirsi per primo, etc etc) che sono invece cose estremamente importanti specie sul lavoro (perche’ e’ abbastanza noto il fatto che gli affari in Cina si concludono spesso a tavola).
Avrei menzionato anche al fatto che in Cina c’e’ ancora l’usanza di fumare nei ristoranti (anche se qualche miglioramento da questo punto di vista si nota) e anche questa cosa ha una ritualistica ben precisa.
Circa i dum sum dipende molto da regione a regione… certo HK e’ un po’ un mondo a parte ma pensare di trovare le stesse cose nei ristorandi di Guangzhou, Shanghai, Beijing, Qingdao, Harbin, Urumqi e’ utopistico dato che sono citta’ che distano migliaia di km le une dalle altre.
p.s. non mangiate mai tutto o chi vi ospita pensera’ di non aver ordinato/cucinato abbastanza e gli farete fare una pessima figura.
p.p.s. notate anche voi che cellulare e internet stiano modificando profondamente le abituali a pranzo?
Furio dice
Ciao Marco, tutti ottimi punti : )
Ormai tu e Jappo siete i top commenters di SDC, very much appreciated , )
Ginevra Niccolini Serragli dice
Ciao Marco,
hai ragione: mea culpa: nel mio contributo non si evince del tutto che io racconto quello che succede a HK, anni luce dalla Cina continentale e per distanza e per attitudine. Per esempio nei ristoranti hongkonghesi è vietato fumare dal 2007 (vorrei ricordare come curiosità che nel cantone di Ginevra, nella iper-salutista Svizzera, la legge di divieto di fumo è entrata in vigore nel 2008, ma viste le controversie, realmente applicata dal 2010!).
E concordo in pieno sulla mancanza di dettaglio per le posizioni a tavola, così come per gli ordini…magari tratterò l’argomento nel dettaglio in futuro!
Grazie!
Marco dice
ecco dov’era il problema :-)
non ho esperienza di HK (pur avendo vissuto 3 anni a Shenzhen non ci ho praticamente mai messo piede) per cui non so se le regole valide per i cinesi si applicano agli hongkonghini (che ci tengono bene a ricordare di non essere come le “locuste” cinesi eheh) :-)
quanto al fumo… beh il divieto in Cina esiste ma da qui alla sua attuazione la strada e’ lunga (almeno a Dongguan dove vivo e’ normale trovare gente che fuma negli ascensori degli ospedali pediatrici incuranti dall’essere circondati da adulti e bambini/neonati)
Furio dice
Il divieto sul fumo in Cina è talmente rispettato che in aeroporto sequestrano gli accendini a tappetto per impedire ai viaggiatori di fumare a piacimento per il terminal.
Ci sono le salette fumatori con gli accendini “ancorati”, ma anche lì trovi i soggetti che entrano, si accendono la sigaretta e poi se la fumano fuori dalla sala. Chiaro, dentro la sala c’è troppo fumo!
Ginevra Niccolini Serragli dice
Vieni a HK! Così simile ma così diversa dalla Cina continentale…e sì, dare del cinese a un Hongkonger non è sempre preso come un complimento, soprattutto dopo umbrella revolution…le frizioni, i contrasti, i distinguo, sono all’ordine del giorno. E in effetti, sono fratelli diversi…
Jappo dice
Oh Marco… il fatto dei cellulari a tavola è una vera piaga.
Poi, non solo a tavola ma dappertutto, ma mentre in generale non mi da fastidio, quello che non sopporto è chi guarda il cellulare mentre è con altra gente. Non hai idea delle battaglie che porto avanti con mia moglie per questa cosa…
Jappo dice
Essendo un grande appasionato e un po’ anche uno studioso di Etichetta Cinese, ho notato un paio di errori.
Per iniziare, chiedere a una persona 吃饱了吗? “chibao le ma?” è spesso offensivo se non si è in confidenza. La domanda da fare è 吃好了吗 “chi hao le ma?”. Ma comunque è una domanda che si fa quando si è già mangiato insieme e si vuole sapere se l’altra persona è piena.
Se invece vuoi chiedere “come stai?” , la domanda giusta è 吃饭了吗 “chifan le ma?”
Vero che le pietanze non si infilzano, ma non è per il motivo che hai scritto, ma perché da barbari senza educazione. Le bacchette rappresentano i bastoncini di incenso bruciati ai funerali nel caso le si infilzino nella ciotola di riso bianco: un’altra cosa da non fare assolutamente! Le bacchette vanno appoggiate orizzontalmente sul bordo della ciotola o, nel caso sia presente, su un supporto appoggia-bacchette.
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Furio dice
Ciao Jappo,
sul 吃饱了吗 l’errore è mio (ho aggiunto la versione in mandarino visto che sull’articolo originale c’era l’esempio in cantonese ma quasi tutti i lettori di SDC sono in Cina continentale).
Jappo dice
aiaiaiaiaiai, si vede che sei lontano dalla Cina da troppo tempo! Quand’è che ripassi da queste parti? :)
Furio dice
Haha in effetti io dicevo così anche quando ero in Cina. Comunque la settimana scorsa ero a Taipei e adesso scrivo da Hong Kong. Lo so che non è Cina : p
Ginevra Niccolini Serragli dice
Ciao Jappo, ovviamente trattandosi di un contributo di “costume” non mi sembrava interessante scendere nel dettaglio preciso se il problema delle bacchette infilzate riguardasse il riso bianco o altre portate, anche perché evidentemente nella zuppa non si pone alcun problema! Quello che ritenevo importante evidenziare è che comunque sia si tratta di mala educazione…!
Grazie per le precisazioni sulle diciture, ma per quanto riguarda la versione cantonese non ho alcun dubbio davvero: me l’ha fornita un amico di HK, e mi sono limitata a fare copia e incolla per sicurezza!
A presto, G
Jappo dice
Ciao Ginevra,
lungi da me correggere sul cantonese, su cui non ho la minima competenza. Ovviamente mi riferivo solo al mandarino che, abbiamo scoperto, era tutta colpa di Furio!! :D