Questa guida è stata scritta dai nostri due esperti di cinese: Aldo Terminiello e Armando Turturici. La prima parte è stata scritta da Aldo, mentre la seconda da Armando. Buona lettura!
Introduzione: La traduzione in Cina
La traduzione, in Cina, è stata di vitale importanza in più momenti chiave della storia. Ad esempio, nel secondo secolo d.C., quando il Buddhismo giunse nella Terra di Mezzo e fu necessario tradurre dal sanscrito i testi sacri; nel diciassettesimo secolo, quando le missioni cristiane (soprattutto dei gesuiti) traducevano in cinese i testi sacri, ma anche in latino i testi cardine della sconfinata letteratura cinese per conoscere meglio la civiltà da evangelizzare.
Nel diciannovesimo secolo e nei primi decenni del ventesimo secolo, la Cina si rese conto della sua arretratezza tecnologica rispetto al resto del mondo e sentì quindi il bisogno di importare moltissimi testi scientifici e letterari, dando origine ad una terza grande ondata di traduzioni in cinese.
Durante la prima metà del ventesimo secolo, poi, la traduzione di testi russi a scopo rivoluzionario ebbe grande importanza e si può considerare come quarto periodo di fioritura della traduzione in cinese.
In comune, durante questi periodi, c’era la necessità di importare conoscenza e renderla disponibile al popolo cinese nella loro lingua: traduzioni che servivano a scopi religiosi, ideologici o culturali, un fine perlopiù utilitaristico, che si riflette anche nelle teorie della traduzione elaborate in quei periodi, che erano manuali che spiegavano, semplicemente, “come tradurre bene”.
Oggi la situazione è molto diversa: l’urgenza di comunicazione fa sì che la traduzione avvenga sempre più nei due sensi, in cinese e dal cinese.
Tradurre dal cinese
“Basta Google Translate!” è la risposta che ho ricevuto, più o meno scherzosamente, quando ho accennato ai problemi che incontravo quando si trattava di tradurre dal cinese. Potrebbe essere vero: in alcuni casi il traduttore automatico funziona benissimo, come con le istruzioni per il lavaggio di una maglietta o il montaggio di un mobile.
Anche se sono pronto a scommettere che anche tu avrai trovato, qualche volta, delle traduzioni a dir poco strampalate sulle confezioni o gli opuscoli di oggetti Made in China o nei famosi “biscotti della fortuna”.
Nella maggior parte dei casi, però, le cose non sono così facili: tradurre da una lingua all’altra è sempre un processo complesso, ma nel caso del cinese potrebbe rivelarsi ancora più difficile di quanto ci aspettiamo. Per mantenere la creatività, appropriatezza, e leggibilità del testo originale,è spesso necessario che il traduttore faccia delle scelte, degli adattamenti, delle aggiunte, dei tagli: un ulteriore passo da parte di chi traduce che trasforma la semplice traduzione da una lingua all’altra in una riscrittura, più simile ad un adattamento ad un media diverso che non ad un semplice “cambio di vestito” al testo.
E forse questo esempio calza a pennello alla lingua cinese: come l’adattamento cinematografico di un film può raccontare la stessa storia, ma con immagini, suoni, movimenti e luce invece che con le parole, un testo scritto cinese – con i suoi ideogrammi, la sua struttura “intuitiva” e le regole grammaticali piuttosto “opinabili” – può essere trasformato in un testo scritto in una lingua come l’italiano, dove ogni tempo verbale ha la sua precisa funzione, ogni sfumatura è spiegata e spiegabile, ogni regola è ferrea anche con le sue eccezioni.
In fondo sono due le operazioni fondamentali da effettuare quando si traduce: capire il testo originale e poi riscriverlo.
Nella prima fase, quindi, la cosa fondamentale è comprendere appieno cosa voleva dire l’autore del testo, perché ha scelto alcune parole piuttosto che altre, qual è il suo stile; si passa quindi a riscrivere il testo, cercando di “rivestire” quelle idee, concetti, storie, con un abito diverso, mantenendo la sostanza quanto più intatta possibile.
Yan Fu (严复 Yán Fù, 1853–1921) sosteneva che esistono tre sfide nella traduzione di un testo: la prima è quella di mantenere la fedeltà 信 (xìn) al testo originale; la seconda è di esprimersi con chiarezza 达 (dá) ed eleganz a雅 (yǎ).
In questo articolo cercheremo insieme delle soluzioni per una traduzione equilibrata, che renda il senso dell’originale al lettore del testo tradotto, cercando di capire come è possibile trasmettere il senso originale passando fra due lingue così diverse e mantenendone il più possibile la forma e lo stile.
Fase uno: comprendere il testo
1. Cercare le parole conosciute
Una triste realtà per chi studia cinese, anche da tanti anni, è che in ogni testo nuovo ci saranno sempre parole mai viste prima. Una buona strategia per aiutarsi nella comprensione del testo è quella di individuare prima di tutto le parole conosciute: a volte questo basta per farsi un’idea del significato del testo in generale ed anche della funzione che avranno le parole non ancora note.
In un testo cinese normalmente i caratteri non sono separati come le nostre parole: una difficoltà non da poco per chi è alle prime armi, un po’ meno per chi conosce già un buon numero di caratteri. Lasciando da parte i testi classici, dove manca anche la punteggiatura, che comunque anche in era moderna spesso è usata in modo molto “arbitrario” (spero di non essere l’unico ad aver trovato paragrafi interi con un solo punto finale).
Ma cosa conviene cercare per primo? Io partirei da parole con funzione grammaticale come i “tre de” (的、得、地), il 了 (le), 过 (guo), le particelle 吗 (ma)、吧 (ba)、呢 (ne), congiunzioni ed avverbi di uso frequente come 但是 (dànshì), 可是(kěshì), 而且 (érqiě), 非常 (fēicháng), o 比较 (bǐjiào).
Individuando queste parti del discorso, magari cerchiandole o evidenziandole in modo da separare i “blocchi” in cui si possono scomporre le frasi, si ha già un’idea generale della struttura del testo che si ha di fronte.
Facili da individuare sono anche i numerali, che spesso indicano il tempo in cui si svolge l’azione: a volte, quando ad inizio testo si dice che una cosa è avvenuta “tre anni fa”, poi si dà per scontato che si sappia che tutto il racconto è al passato.
Una difficoltà aggiuntiva del cinese è che non ci sono coniugazioni e declinazioni: se da un lato ciò semplifica di molto la grammatica, dall’altro, quando si traduce, c’è un’enorme ambiguità a cui bisogna porre rimedio, perché in italiano spesso non si può essere “vaghi” con i tempi verbali e la concordanza fra le parti della frase.
Un altro trucco è cercare i caratteri ripetuti, che molto probabilmente saranno le parole chiave del discorso in questione.
Una cosa fondamentale da ricordare è che in cinese le parole non hanno una funzione grammaticale esclusiva. Una stessa parola può essere verbo, aggettivo, sostantivo, avverbio.
Quando in inglese troviamo una parola che finisce in –ing, possiamo ragionevolmente pensare che si tratti di un verbo (ma il pudding è un dolce non troppo gustoso); in italiano, una parola che finisce in –mente sarà probabilmente un avverbio, solo per fare due esempi.
In cinese non abbiamo questa certezza, anzi: una delle differenze fondamentali con la nostra lingua è che le parole possono spesso ricoprire indifferentemente qualunque funzione all’interno della frase.
Facciamo un esempio semplice: 好 (hǎo), buono/bene, è uno dei primissimi caratteri che si imparano.
Già saprai che 你好 (nǐ hǎo), che noi traduciamo come “ciao”, letteralmente vuol dire “tu (stai) bene”; 好吃 (hǎochī) è buono (da mangiare), 好看 (hǎokàn) è bello (“buono da vedere”), 好玩儿 (hǎowánr) significa divertente (“buono da giocare”), ma in un’espressione come 好贵啊 (hǎo guì a!) vuol dire invece “quanto”, “molto”: wow, quanto costa!
Se diciamo invece 这个问题好回答 (zhège wèntí hǎo huídá), che significa “questa domanda è facile da rispondere”, allora 好 vuol dire “che si fa facilmente”, ma in una frase come 我做好了 (wǒ zuòhǎo le) esprime completezza dell’azione (“ho finito”, letteralmente “ho fatto con un buon risultato”).
Ancora, in una frase come 他好表现自己 (tā hào biǎoxiàn zìjǐ), 好 è pronunciato al quarto tono ed è un verbo – amare: “lui ama mettersi in mostra”. Infine (ma solo perché non possiamo allungarci troppo), può essere parte di altre parole, come 爱好 (àihào), hobby, 好像 (hǎoxiàng), sembrare, 好处 (hǎochu), vantaggio, eccetera.
Tutto questo per dire che ci sono due aspetti da comprendere di ogni parola: la funzione ed il significato. Ogni carattere/parola può avere molti significati anche contraddittori e ricoprire più funzioni all’interno del discorso, quindi conviene farsi aiutare dalle parole più comuni e “precise” per poter capire, nel testo che stiamo traducendo, quale di quelle funzioni riveste e quale di quei significati è il più adatto.
Tornando alla nostra “ricerca”: in italiano i nomi propri sono caratterizzati dalla maiuscola, mentre in cinese solitamente non abbiamo nulla del genere, ma spesso tre caratteri che non hanno alcun legame di significato fra loro non sono altro che un nome proprio, mentre più caratteri dalla combinazione di significati assurda saranno, molto probabilmente, una traslitterazione di un nome straniero.
2. Cercare le parole sconosciute
Una volta individuate le parole conosciute, non resta che prendere in mano il dizionario (o più semplicemente Google Translate, disponibile anche in italiano, o Pleco, utilissima app cinese-inglese) e trovare le “parole mancanti”.
Conviene appuntarsi, magari sul testo stesso, i significati ritenuti più attinenti al testo e le traduzioni possibili, per poter, successivamente, scegliere la parola più adatta in italiano senza dover cercare nuovamente la parola nel dizionario.
A volte alcune parole formate da più caratteri possono essere assenti nei dizionari perché troppo nuove o coniate dall’autore del testo: in quei casi spesso basta cercare i caratteri separatamente per poter risalire al significato della parola intera.
Se il testo ha un titolo, riuscire a tradurlo può essere utilissimo, ma spesso, visto che il cinese è una lingua un po’ “criptica”, non è immediatamente comprensibile e c’è bisogno di leggere almeno il primo paragrafo per poterlo interpretare.
Un consiglio utilissimo è quello di non fermarsi alla prima difficoltà: se non si riesce a tradurre una frase, spesso basta passare a
quella successiva per poter capire anche il significato della parte precedente.
3. Chiedere aiuto!
Un ultimo aiuto può esserci dato da insegnanti ed amici cinesi che potranno spiegarci, se proprio non riusciamo a venirne a capo, il significato di alcune espressioni. Mi è capitato spesso di non riuscire a capire un testo perché c’era bisogno di aver letto un libro o di conoscere un proverbio che magari è diffusissimo in Cina ma che, per qualche ragione, io non avevo studiato ancora.
Ovviamente, internet e soprattutto Baidu possono venirci in aiuto, con l’immenso database di frasi ed esempi possibili: se non riusciamo a capire cosa vuol dire una parola nella nostra frase, basta cercarne di nuove e, con ogni probabilità, riusciremo a capire il senso di quella espressione basandoci su un’altra frase che la contiene!
Una volta capito il significato del testo, nel mio caso esso sarà un pasticcio di appunti, frecce e possibili significati, possiamo quindi passare alla seconda fase!
Fase due: riscrivere il testo
Cosa è necessario fare quando si riscrive un testo nella propria lingua? Per Yan Fu, esprimersi con chiarezza ed eleganza restando fedeli al testo originale. Spesso vediamo testi tradotti che sono “costruiti” seguendo la struttura della lingua originale, non sono scritti in un italiano “originale” o comunque sembrano “strani”: questo perché, a volte, chi traduce si sente troppo legato al testo originale e non riesce a distaccarsene, dimenticandosi che il suo dovere è, sì, tradurre, ma poi “riscrivere”, possibilmente in un italiano piacevole da leggere!
Ma come fare?
Una legge fondamentale che ho incontrato nel libro “Thinking Chinese Translation” di Valerie Pellatt e Eric T. Liu è che “there should be no ‘can’t’ for the translator”: semplicemente, il traduttore è libero di fare qualunque cosa! Vediamo insieme, nei dettagli, cosa esattamente è possibile fare per rendere la traduzione il più piacevole da leggere possibile.
1. Ricomporre il testo
Chi traduce deve sentirsi libero di ricomporre la frase, spostando ad esempio ciò che in cinese sta alla fine se in italiano è necessario metterlo all’inizio o se è semplicemente più chiaro, leggibile, elegante farlo.
Ovviamente, ciò non si limita alla frase: se una frase è troppo lunga, la si può spezzare in più periodi brevi, se ci sono un sacco di frasi brevi si possono invece unire in un’unica frase più complessa se pensiamo che in italiano “diremmo così”.
2. Aggiungere, sottrarre, estendere, contrarre, e sostituire
Qui non parliamo di una possibilità: chiunque ha mai tradotto dal cinese l’ha fatto, anche senza rifletterci. Abbiamo aggiunto articoli, preposizioni, desinenze e tempi verbali dove in cinese non c’erano, perché in italiano non possiamo farne a meno, oppure soggetti o verbi che erano sottintesi nel testo originale; o ancora, abbiamo aggiunto spiegazioni aggiuntive, che non c’erano nel testo che stiamo traducendo (a volte aggiungendo una nota), perché sono necessarie al lettore italiano.
Allo stesso modo abbiamo tolto, per esempio, i verbi o gli aggettivi raddoppiati, perché in italiano non era necessario ripeterli, oppure li abbiamo sostituiti con altre espressioni che rendessero il senso di quel raddoppiamento.
Ad esempio, la frase 去看看 (wǒ qù kànkan) si può tradurre con “vado a vedere un attimo”.
Toglieremo allo stesso modo, senza pietà o rimorsi, tutte quelle espressioni che “appesantirebbero” la lettura, a volte anche intere porzioni di testo: se pensi che al lettore italiano non serva, vai con le forbici!
Spesso poi, senza rendercene conto, abbiamo anche “allungato” le frasi originali per spiegarle meglio o le abbiamo contratte perché in italiano non era necessario dilungarsi troppo su qualcosa che, magari, era stato già detto prima. Non si tratta di aggiungere o togliere, ma semplicemente “estendere” o “contrarre” qualcosa che è già presente nel testo originale, in una parola “adattarlo”.
Il traduttore è libero anche di sostituire le espressioni originali con altre più corrette nella sua lingua, se questo non cambia in qualche modo ciò che l’autore voleva dire nel testo originale. In linea generale, si deve mirare all’equivalenza funzionale (o pragmatica), ovvero a trovare un’espressione che corrisponde a ciò che si direbbe, nella stessa situazione, utilizzando la propria lingua.
Per fare un esempio di equivalenza funzionale, il cinese 晚安 (wǎn’ān) vuol dire letteralmente “notte calma”, ma nell’uso è l’equivalente funzionale del nostro “buona notte”; nel tradurre una persona che si rivolgesse al figlio dicendogli 晚安, certamente non tradurremmo “notte calma”, ma useremmo il suo equivalente funzionale in italiano, “buonanotte”.
Allo stesso modo 吃饭了吗? (chīfàn le ma?) molto spesso non vuol dire letteralmente “hai mangiato?”, ma semplicemente “come va?”, “tutto ok?”.
3. Scegliere!
L’autore ha la possibilità, il dovere e la responsabilità di scegliere. Spesso non è possibile rendere tutte le sfumature di una parola ed è necessario sceglierne una; possiamo trovare vari sinonimi per uno stesso termine, e ci tocca scegliere quello più adatto; possiamo cambiare una frase radicalmente o leggermente, in base all’effetto che vogliamo dare, e quindi scegliere di intervenire anche sullo stile.
In linea di massima, quando cerchiamo di tradurre un’espressione possono presentarsi tre situazioni:
- Esiste una traduzione diretta ed equivalente di ciò che stiamo cercando di tradurre: nessun problema e nessun mal di testa.
- Esiste un’espressione simile ma non uguale, che però rende bene il senso dell’originale mantenendo, fino ad un certo punto, anche la forma utilizzata dall’autore (ad esempio, un verbo simile al verbo originale ma che ha anche qualche altro significato non del tutto corrispondente). Qui c’è un po’ da pensarci su.
- Non c’è un’espressione equivalente. Cosa facciamo? Abbiamo varie scelte. Possiamo fare una perifrasi, cambiando del tutto la struttura della frase e del testo; tradurre in modo letterale, aggiungendo una spiegazione (nel testo, fra parentesi oppure in una nota) per aiutare il lettore a comprendere il testo; infine, possiamo fare una traduzione libera, stravolgendo il testo originale nella sua forma ma cercando di mantenerne il senso.
Facciamo un esempio con una traduzione abbastanza complicata, quella di un proverbio, osservando come può essere tradotto: 正月十五贴门神—晚了半月 (Zhēngyuè shíwǔ tiē ménshén—wǎnle bànyuè)
1. Traduzione letterale: (è come) appendere immagini delle divinità guardiane nel quindicesimo giorno del primo mese lunare, mezzo mese in ritardo.
2. Sostituzione con un proverbio diverso: “dopo essere stati derubati, fare le porte in ferro” (rende il significato che “è troppo tardi”, ma con un’immagine diversa e più “nostra”, almeno nel sud Italia). In inglese si potrebbe tradurre con In inglese si potrebbe tradurre con “it’s like shutting the door after the horse had bolted” (è come chiudere la stalla dopo che il cavallo è scappato).
3. Traduzione annotata: è come appendere immagini delle divinità guardiane nel quindicesimo giorno del primo mese lunare, mezzo mese in ritardo (nota: secondo la tradizione cinese le immagini delle due divinità guardiane si appendono alle porte di casa nel giorno del capodanno lunare, affinché proteggano l’abitazione nell’anno a venire).
4. Traduzione esplicativa: è troppo tardi, come appendere immagini delle divinità guardiane per invitarle a proteggere la casa durante l’anno a venire nel quindicesimo giorno del primo mese lunare invece che durante il Capodanno.
5. Traduzione libera: è ormai troppo tardi.
Ogni scelta comporta alcune conseguenze; la sostituzione mantiene la caratteristica di “linguaggio metaforico”, trovando un equivalente funzionale dell’espressione usata in cinese; tuttavia il cambio di immagine metaforica determina un distacco da ciò che l’autore scrive, che nel caso di una traduzione di un testo letterario può non essere una buona scelta, mentre in altri casi (ad esempio, in una guida turistica o un testo non autoriale), può non rappresentare un problema.
Il limite evidente della traduzione letterale è la necessità che il lettore abbia determinate conoscenze per comprenderla; può essere una buona scelta nel caso in cui si sa già che il lettore sa ciò che serve per capire il senso della frase (se, per esempio, è stato già spiegato in precedenza o i lettori sono un pubblico selezionato di esperti di cultura cinese).
La traduzione annotata permette di mantenere il testo quanto più vicino possibile all’originale, rendendo però disponibili a parte quelle informazione di cui si potrebbe aver bisogno per una corretta comprensione; ha il vantaggio di non “spezzare” la lettura qualora il lettore non necessiti di spiegazioni e di tenerle comunque a portata di mano nel caso in cui ce ne sia necessità.
La traduzione con spiegazione nel testo allunga quest’ultimo, ma fornisce tutte le informazioni necessarie durante la lettura, rendendola più scorrevole. Potrebbe essere un problema qualora non si voglia o possa ampliare il testo oppure se le informazioni aggiunte lo “appesantiscono” in qualche modo.
La traduzione libera sopprime l’elemento metaforico e ne spiega semplicemente il senso; può essere una buona scelta in testi non letterari in cui non è importante l’immagine usata ma soltanto ciò che si vuole comunicare.
Ovviamente il testo da tradurre determina la scelta di come lo si traduce: in un romanzo privilegeremo lo stile dell’autore, faremo trasparire la cultura cinese piuttosto che “adattare” troppo il testo; in una guida turistica, invece, potremmo optare per l’equivalenza funzionale e dire, semplicemente, le cose come le diremmo in italiano.
Attenzione
Il traduttore è libero di fare tutto ciò che abbiamo elencato, ma deve tener presente che il suo dovere è quello di essere fedele al senso del testo originale, ma anche allo stile: questo significa che non basta riscrivere quello che l’autore originale ha scritto, ma si deve cercare, con opportuni accorgimenti, di restituire anche il modo in cui lo ha scritto.
Il traduttore ha una grande responsabilità. E anche tu, che probabilmente hai cliccato su questo articolo perché già avevi intuito che è così, sarai d’accordo con me nel dire che non “basta Google Translate!”
Il paziente lavoro del traduttore
Dopo aver letto la parte di Aldo, adesso tocca a me, Armando. Buona lettura!
Tradurre da qualsiasi lingua è senz’altro un mestiere difficile che richiede una pazienza e una forza di volontà notevole. Una parola chiave molto importante per qualsiasi traduttore è “leggere”: prima di iniziare qualsivoglia traduzione, bisogna dare due/tre letture attente al testo originale.
Bisogna leggere con cura e pazienza, e bisogna farlo ad alta voce per cercare di far emergere eventuali figure di suono e riuscire a calarsi nelle varie atmosfere. La lettura ad alta voce è fondamentale! Quando, leggendo ad alta voce, storciamo il naso a causa di come abbiamo scritto qualcosa, vorrà dire che quel qualcosa va cambiato.
Il buon traduttore deve conoscere benissimo la lingua di partenza (il cinese, per esempio) e deve conoscere ancor meglio la lingua di arrivo che idealmente dovrebbe essere la propria madrelingua. Per questo motivo, consiglio di armarsi di strumenti indispensabili come manuali di grammatica, dizionari delle collocazioni, e via dicendo.
Inoltre, il traduttore deve avere pazienza anche in un altro aspetto: dal momento che non esistono dei corrispettivi identici tra lingue diverse, il traduttore deve essere pronto a negoziare. La traduzione costringe a scegliere. La traduzione non è “dire la stessa cosa in un’altra lingua” ma, come dice Umberto Eco, la traduzione è “dire quasi la stessa cosa”.
Anzi, a volte, tradire un testo è l’unico modo di rimanere fedeli ad esso. Inoltre, un traduttore deve avere la consapevolezza che ogni lingua può avere forme diverse: può usare uno stile alto, basso, aulico, prosaico, formale, informale, colloquiale, ampolloso, disadorno, letterario, volgare, e via dicendo.
Quindi, un traduttore deve essere costantemente aggiornato e armato di validi strumenti che gli consentano di lavorare al meglio. Gli strumenti sono indispensabili perché nessun traduttore potrà mai avere una conoscenza onnicomprensiva.
Tradurre dal cinese: suggerimenti per tradurre
In cinese, per il verbo tradurre si usa il carattere 翻 (fan) “rovesciare, ribaltare”, ma vuol dire anche “moltiplicare”. Quello che ho scritto sopra vale ancora di più per il cinese: bisogna ribaltare, rovesciare un testo dal cinese al fine di produrre una traduzione adeguata.
Per tradurre bene dal cinese, l’unica soluzione è tradurre per anni e anni, non c’è una scorciatoia. Ci vuole tanta esperienza. Per gli studenti di cinese, preferibilmente avanzato, qui di seguito indico dei punti che possono essere d’aiuto quando si traduce dal cinese:
- Spostare la principale all’inizio (nel cinese, di solito la principale viene dopo);
- 说 (shuo) “parlare/dire” e i verbi dicenda in generale possono essere tradotti con i due punti “:”;
- 大 (da) “grande” è molto usato e può essere tradotto anche “grosso”;
- I proverbi di solito vanno tradotti al singolare;
- Mettere i due punti “:” evita di scrivere tanti “perché”;
- Bisogna cercare di snellire le parole (per esempio: scrivere “tondo” al posto di “rotondo”);
- Occhio alle ripetizioni volute dall’autore originale che devono essere ripetute nella traduzione;
- Non bisogna nobilitare o volgarizzare il testo a proprio piacimento;
- 就 (jiu) “allora, proprio” più che tradurlo, sarebbe meglio lavorare sul tempo verbale cercando di esprimere un’azione consecutiva a un’altra;
- Cose da tagliare: potere/dovere (usare il condizionale del verbo); già/ormai; aggettivi dimostrativi (usare gli articoli, per esempio: 这本书 si può tradurre con “il libro”, perché sappiamo di quale stiamo parlando se usiamo l’articolo determinativo; i cinese invece dicono “questo libro”); allora; ma/e iniziale; soggetti;
- 原来 (yuanlai) 本来 (benlai) “in origine, originariamente”, possono essere tradotti in tanti modi, ma ti prego di non usare “in origine”! puoi lavorare sul tempo verbale, utilizzando per esempio l’imperfetto;
- Con le temporali cerchiamo di non scrivere sempre “quando”: 当他上大学的时候 “dang ta shang daxue de shihou” non si traduce con “quando lui andava all’università”, ma “all’università”;
- 那时侯 (na shihou) “in quel momento” a inizio frase può non essere tradotto perché si capisce dal contesto;
- Le temporali in cinese di solito vengono messe all’inizio, nelle lingue europee forse converrebbe piazzarle dopo;
- Non tradurre i vari 继续 (jixu) “continuare a” e cercare verbi che esprimono il significato di “continuare a” al proprio interno. Per esempio 继续说 non è “continuando a parlare” ma “sproloquiare”;
- 应该,要,来,去,可以 è meglio se non vengono tradotti;
- 一下儿 non tradurre con “un po’”;
- 都 da tagliare quasi sempre;
- 听,看,觉得,想 da tagliare quasi sempre;
- 开始,起来 da tagliare assolutamente;
- 竟然 da tagliare;
- Occhio ai falsi amici: 爬床 non è “scalare il letto” ma “arrampicarsi sul letto”;
- 身上,心里,身旁,伸手 da tagliare assolutamente. I cinesi sono fissati con l’utilizzo delle parti del corpo, per esempio: 脸一下子红了 (lian yixiazi hong le) “il viso tutto ad un tratto divenne rosso”, si traduce “arrossì tutto d’un tratto”. Oppure vediamo questa frase: 他是一脸无辜的表情 (ta shi yi lian wugu de biaoqing): letteralmente sarebbe “lui aveva un volto con l’espressione di uno senza colpe”; questa viene meglio così “lui non fece una piega”. Un altro esempio può essere 心里嘿嘿笑个不停 (xinli hei hei xiao ge bu ting): letteralmente sarebbe “in cuor suo rideva senza sosta”, ma può essere meglio tradotto “sotto sotto se la rideva alla grande”. Possiamo mantenere la parte del colpo nominata, ma solo se ci sta! Per esempio 一眼就能看得出来 (yi yan jiu neng kan de chulai): lasciamo la parola “occhio” e traduciamo con “riconoscibile a colpo d’occhio”. Per riepilogare, non si deve assolutamente tradurre “il viso”, “il corpo”, “la mano” e così via;
- Il passivo del cinese può diventare l’attivo nelle lingue europee e viceversa;
- Determinante e determinato in italiano si invertono, in inglese non sempre c’è bisogno;
- Inversione di aggettivi e sostantivi 恨自己太强的激情 “odiava l’urgenza della sua passione”;
- Il determinante diventa un nome e il determinato diventa un aggettivo;
- I suoni onomatopeici possono essere resi con dei verbi, per esempio: 嗡嗡地 (wengweng de) “ronzando”, 咝咝响声 (sisi xiang sheng) “sibilare” o “fischiare”, 嘎吱嘎吱 (gazhi gazhi) “cigolare”, 咕嘟咕嘟喝 (gudu gudu he) “tracannare rumorosamente”; alcuni suoni onomatopeici devono essere resi con dei suoni anche nella lingua d’arrivo, trascrivendoli in maiuscolo, per esempio: 喳一声 (cha yi sheng) “ZAC”;
- Forse sto per dire una blasfemia ma… qualora proprio non si riuscisse a capire il significato di una frase, non disdegnate Google Translator Baidu Translator: questi due riusciranno a darvi almeno il senso generale della frase!
- Per finire, chiedere un consiglio a un cinese vi sarà sempre di giovamento.
Domande frequenti
Photo Credits: ShanDong_LinYi 7 by Lean Picture Collector
Victor dice
Bella guida, eccellenti suggerimenti che in molti casi mi han hanno aperto un mondo. 谢谢