Se vi è capitato di seguire un match dei mondiali di calcio che si sono appena conclusi in Russia con il secondo trionfo della Francia, vi sarete sicuramente accorti che spot pubblicitari di colossi quali Adidas, Visa, e Coca-Cola, sono stati affiancati da quelli di aziende ancora sconosciute ai più, tra cui spiccano Mengniu, Vivo e Wanda.
Queste aziende non vendono prodotti legati alla sfera sportiva, né tantomeno a quella calcistica, ma si occupano di prodotti alimentari, telefoni cellulari e dell’allestimento di enormi complessi cinematografici. Queste tre aziende provengono da un paese che non ha mai segnato in alcuna edizione della Coppa del Mondo e che, per di più, non si è nemmeno qualificato tra i 32 paesi che hanno preso parte ai Mondiali del 2018, ma che si presenta come il futuro del calcio: la Cina.
Il team cinese si è qualificato una sola volta alla fase finali dei mondiali. Era il 2002 e la Cina disputò tre match nella fase a qualificazione senza segnare un singolo goal e fu eliminata con zero punti in classifica. Unica nota positiva fu la sconfitta per 4-0 contro il Brasile di Roberto Carlos, Rivaldo, Ronaldinho e Ronaldo.
Tralasciando questa inaspettata qualificazione per le fasi finali, la Cina non partecipò alla competizione tra il 1930 e il 1954 e tra il 1962 e il 1978, non si qualificò per le fasi finali nel 1958, dal 1982 al 1998 e dal 2006 fino ad oggi. Nelle Qualificazioni Mondiali Asia 2018, la nazionale cinese non è riuscita a raggiungere i playoff in un gruppo capeggiato dall’Iran e in classifica si è posizionata quinta, dietro a squadre come la devastata Siria, il cui team è costretto a giocare i match domestici all’estero.
Il seguente articolo vuole essere una prima introduzione al mondo del calcio cinese. Cercheremo di capire da che cosa scaturisce questa passione per il gioco del calcio, da dove provengono i fondi che hanno permesso a magnati cinesi di acquisire alcuni tra i più importanti club di fama mondiale, quali sono i sogni di Xi Jinping per la nazionale cinese e i limiti che non hanno permesso a quest’ultima di qualificarsi per l’ultima edizione dei mondiali.
Il piano per rilanciare il calcio in Cina è chiaro e supportato da due elementi essenziali: il governo e i fondi privati. Ora ci si deve concentrare su un assennato impiego del know-how manageriale acquisito assumendo personale straniero e creando vere e proprie accademie calcistiche sparse per tutta la Cina.
I tre sogni di Xi
Prima che Pechino pubblicasse il Documento N.46, che ha reso lo sport elemento fondamentale per lo sviluppo economico cinese, il calcio non era nemmeno contemplato nei piani governativi. Con il supporto dei principali investitori privati e pubblici, l’obiettivo è quello di costruire una Lega in grado di attrarre e sfornare talenti di livello internazionale che riescano ad imporsi nei prossimi mondiali.
Nel 2011, nel tentativo di risollevare le sorti della nazionale di calcio cinese, l’allora vicepresidente Xi Jinping confessò di avere tre sogni in ambito calcistico: partecipare nuovamente alle fasi finali della Coppa del Mondo, ospitare una delle prossime edizioni dei Mondiali di calcio e trionfare entro il 2050.
Considerando il successo delle Olimpiadi estive del 2008 e i preparativi per le Olimpiadi Invernali che si terranno in Cina nel febbraio del 2022, non c’è dubbio che Pechino riuscirà ad ospitare i mondiali di calcio in un futuro non troppo lontano, avendo mostrato al mondo intero la capacità di organizzare e gestire eventi sportivi di tale portata. Ospitare i mondiali permetterebbe al Presidente Xi di realizzare due dei suoi tre sogni calcistici, in quanto la Cina si qualificherebbe d’ufficio in qualità di nazione ospitante.
E per quanto riguarda il terzo sogno di Xi? Qui le cose si complicano. Pur essendo vero che i paesi ospitanti hanno maggiori chances di aggiudicarsi il trofeo, è comunque innegabile la superiorità calcistica dei team europei e sudamericani.
Un ulteriore problema nella realizzazione del sogno di Xi è dato dal fatto che i magnati che controllano i principali club di calcio che prendono parte alla Chinese Super League (CSL) sono guidati dal solo e mero profitto. Di fatto, per attrarre un pubblico sempre maggiore, il quale sarebbe altrimenti interessato nel seguire esclusivamente i campionati esteri, i proprietari dei principali club cinesi firmano contratti per cifre monstre con talenti europei e sudamericani, non investendo dunque sulla ricerca e sulla crescita di atleti locali.
Da segnalare che, grazie allo sforzo della Chinese Football Association (CFA), la spesa per l’acquisto di campioni stranieri è diminuita drasticamente a partire dal gennaio 2018. Con l’entrata in vigore di una tassa pari al 100% del prezzo del cartellino del singolo calciatore straniero, numerose società calcistiche cinesi in perdita hanno preferito concentrarsi sui vivai locali piuttosto che indebitarsi maggiormente.
In aggiunta a questa tassa, il CFA obbliga ogni team cinese che sceglie di far giocare dei calciatori stranieri ad avere contemporaneamente in campo un numero equivalente di giocatori di nazionalità cinese al di sotto dei 23 anni d’età.
Ha un altro parere Mads Davidsen, direttore tecnico dello Shanghai SIPG, il quale è a favore dell’arrivo di nuovi campioni stranieri nella CSL. Infatti, secondo Davidsen, “quando arriva un top player straniero, il livello di tutta la squadra aumenta. Se il giocatore in questione ha una mentalità positiva e da leader, i compagni di squadra ne risentono positivamente e hanno maggiore grinta negli allenamenti. Ciò aiuta la squadra a crescere e, nel lungo periodo, questa sarà la strategia vincente”.
Febbre calcistica senza precedenti
Con una popolazione di oltre 1.3 miliardi di persone, la Cina fatica ancora nel creare un team di calcio vincente. Il ruolo dei cinesi a livello calcistico per ora è ancora limitato a quello di soli spettatori.
Secondo un articolo dell’Huffington Post, il calcio è lo sport maggiormente seguito in Cina, con singoli match della Premier League inglese che raggiungono regolarmente un numero di ascoltatori superiore a 320 milioni. Si pensi che nel 2015, la media di spettatori ad ogni match giocato all’interno della Chinese Super League (CSL) era pari a 21.800 spettatori paganti, la media più alta in Asia.
Da quando è stata ufficialmente inaugurata la 18esima edizione della Coppa del Mondo a Mosca il 14 giugno scorso, nei bar e ristoranti di tutta la Cina centinaia di migliaia di tifosi sono rimasti in piedi fino a tarda notte uniti da una passione comune: il calcio. Si può dire che negli ultimi anni, a seguito delle politiche di Pechino, sia nata in Cina una vera e propria passione per il pallone.
Secondo gli ultimi dati, inoltre, oltre 100 mila turisti cinesi si sono recati in Russia durante il periodo dei mondiali, contro i soli 10mila spettatori inglesi. Se si pensa che nel 2002, quando la Cina ha partecipato alla Coppa del Mondo disputata tra Corea del Sud e Giappone, il numero di turisti cinesi in visita in questi due paesi non ha superato i 50 mila di numero, la crescita dell’interesse nei confronti del calcio è ancora più evidente.
Da non dimenticare inoltre che la crescita di turisti cinesi verso la Russia è da ricollegarsi anche all’ottimo momento vissuto dalla relazioni tra quest’ultima e la Cina, che sono state recentemente definite “ai massimi storici”, soprattutto a seguito degli ultimi deal energetici segnati tra le due potenze, nonché della rinnovata importanza dello Shanghai Cooperation Organization (SCO) e dell’allineamento ideologico tra Mosca e Pechino in un momento in cui le ingerenze occidentali si fanno sempre più forti.
Secondo alcuni dati rilasciati da Ctrip, colosso cinese attivo nel settore del turismo e che nel 2016 ha acquisito la più nota Skyscanner, il turista cinese ha speso in media 7,500 Dollari per recarsi in Russia durante la Coppa del Mondo. Chi non potrà permettersi il lusso di vivere i mondiali dal vivo, potrà comunque godersi i match grazie al servizio streaming offerto dalla TV nazione CCTV, assieme ad altri providers tra cui Youku e Migu.
Il calcio è divenuto così popolare in Cina che, durante i mondiali del 2014, si è diffuso il concetto di “soccer widow”, per indicare le donne i cui mariti rimanevano in piedi tutta la notte presi dal gioco del pallone.
Cosa si nasconde dietro a questa passione calcistica?
I piani di Pechino per portare la nazionale di calcio cinese tra le otto squadre che finora si sono aggiudicate una o più edizione della Coppa del Mondo non sono un segreto. Negli ultimi anni il Presidente Xi ha dichiarato più volte di voler rilanciare l’immagine calcistica cinese a livello globale, seguendo tre passaggi fondamentali sopra discussi, ovvero ospitare la Coppa del Mondo, qualificarsi alla competizione e trionfare entro il 2050.
L’ultimo obiettivo al momento è praticamente irraggiungibile se si considera che la squadra maschile di calcio cinese è 75esima, preceduta da paesi quali la Siria e El Salvador. La comparsa comunque di colossi industriali cinesi come sponsor principali della Coppa del Mondo è sintomo sia della profonda spinta interna a sostegno dell’industria calcistica, sia di una duplice crisi legata a scandali di corruzione che ha colpito il mondo del calcio e che accomuna sia il paese ospitante, la Russia, sia l’organo organizzatore, la French Fédération Internationale de Football Association, meglio conosciuta come FIFA.
Quest’ultima è ancora reduce dagli scandali di corruzione che hanno costretto lo storico presidente Sepp Blatter a rinunciare al suo incarico nel 2015 e che hanno portato alla messa in stato di accusa di più di 30 figure legate al mondo del pallone a livello globale. L’immagine internazionale della Russia, invece, è stata fortemente indebolita da tutta una serie di gravi questioni diplomatiche, tra cui l’avvelenamento di una ex-spia russa e di sua figlia su suolo straniero, dei crimini di guerra commessi in Siria ed Ucraina, fino all’influenza esercitata nelle elezioni politiche di alcuni paesi occidentali.
I guadagni provenienti dagli sponsor costituiscono la principale fonte di introiti della FIFA (in occasione della Coppa del Mondo giocatasi in Brasile nel 2014, dei 4.8 miliardi di Dollari totali entrati nelle casse della FIFA, 1.58 miliardi di Dollari provenivano dagli sponsor), secondi solo ai diritti pubblicitari televisivi.
Tuttavia, scandali di corruzione e l’associazione del brand FIFA alla Russia come paese ospitante hanno allontanato sponsor storici, tra cui spiccano Sony, Johnson & Johnson e Castrol.
Se nel 2014, a poco più di 6 mesi dall’inizio dei mondiali in Brasile, tutti gli spot disponibili per divenire sponsor della competizione erano già stati pienamente coperti, quest’anno l’organizzazione calcistica è riuscita a raccogliere a malapena l’adesione di 12 partner.
In questo senso la partecipazione di grossi conglomerati cinesi e l’investimento di centinaia di milioni di Dollari da parte di questi ultimi per strappare uno spot pubblicitario durante i match di coppa ha rappresentato la vera e propria salvezza della competizione.
Il vuoto lasciato dagli sponsor occidentali è stato ben presto riempito da grosse aziende private cinesi, guidate da una forte mentalità capitalistica ed imprenditoriale. Primo tra tutti è stato il gruppo Wanda, attivo nel settore alberghiero, nella vendita al dettaglio, immobiliare, turistico, e culturale ed il cui presidente, Wang Jianlin, è il quarto uomo più ricco di Cina.
Con una partnership firmata con FIFA del valore di 150 milioni di Dollari, Wanda ha aperto la strada a numerosi altri conglomerati cinesi, tra cui spiccano Vivo (telefoni cellulari), Mengniu (latticini), Hisense (elettrodomestici) e Yadea (scooter elettrici). Al di là degli enormi profitti provenienti dall’internazionalizzazione dei brand cinesi, non è da dimenticare la funzione che essi svolgono nel sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul ruolo di potenza globale raggiunta dalla Cina.
La diffusione di brand cinesi è da considerarsi come un ulteriore aspetto del tanto discusso “soft power” cinese, spesso associato ad istituzioni quali gli Istituti Confucio, che hanno aiutano migliaia di studenti in tutto il mondo ad avvicinarsi per la prima volta alla millenaria cultura cinese.
Dal punto di vista puramente politico, la Cina è passata dalla cosiddetta “stadium diplomacy”, descritta come l’impegno di Pechino nel costruire stadi in Africa e in America Latina in cambio di supporto diplomatico e accesso a risorse energetiche, alla volontà di vincere la Coppa del Mondo per attrarre sempre più pubblico internazionale e per rilanciare la propria immagine di paese in grado di competere su ogni fronte.
Grazie ad una partnership con FIFA, aziende cinesi fino a poco tempo fa sconosciute al di fuori dei confini nazionali si sono guadagnate l’opportunità di attrarre un crescente pubblico internazionale e di distaccarsi sempre più dai propri competitor domestici. Queste partnership sono utili anche al fine di favorire la Cina come paese ospitante nel 2030, come seconda parte del piano del Presidente Xi di far trionfare la Cina entro il 2050.
Secondo Liu Dongfeng, professore di economia e management presso la Shanghai University of Sport, Xi Jinping vede il calcio come parte integrante della trasformazione della Cina in una potenza mondiale. “Il calcio è il suo modo di rendere la Cina nuovamente grande”, dice il professore, ed il team cinese ha il dovere di “rappresentare la posizione della Cina a livello globale”.
Come riportato da Front Office Sports, nella prima metà del 2018 sono state firmate le seguenti partnership con il chiaro obiettivo di avvicinare sempre più la Cina al mondo del calcio:
- Neymar con TCL & Oppo (principali competitor degli sponsor ufficiali FIFA Hisense & Vivo);
- Messi come brand ambassador di Mengniu;
- Vatti con la France Football Federation & Thierry Henry;
- Ronaldo con Wey, azienda impiegata nella produzione di autoveicoli;
- La nazionale portoghese con Wahaha, Mentholatum & Eastroc;
- Il Belgio con il Sichuan Changhong Electric;
- L’Argentina con Vanward.
Il quotidiano online si interroga poi sugli obiettivi di queste partnership e sul senso di affiancare il proprio nome ad un evento che avviene solamente ogni 4 anni. Inutile dire che le risposte verranno date negli anni a venire.
Mark Dixon da ThinkingLinking, suggerisce una possibile strategia da seguire per i grossi imprenditori privati cinesi per indirizzare la Cina verso la conquista della Coppa: acquistare numerosi club stranieri di piccole dimensioni, piuttosto che spendere ingenti cifre per appropriarsi di grossi club, tra cui l’AC Milan, l’Inter, Manchester City e West Bromwich Albion. Il trasferimento di know-how in ambito manageriale è quello che farà la differenza tra il successo e la sconfitta.
Spendere i prossimi 2 miliardi di Euro per l’acquisto di 100 club del valore di 20 milioni di Euro l’uno, anziché solo 20 club al prezzo di 100 milioni di Euro l’uno è il miglior modo per un efficace transfer di Best Practices su come lanciare, gestire e far crescere un club. Acquistare club blasonati ha un grosso effetto mediatico, ma l’osmosi tra una serie di ‘piccole’ realtà e club cinesi è come piantare 100 semi in un suolo fertile.
I 50 punti di Xi per rilanciare il calcio cinese
Spostandoci sul piano domestico è importante iniziare la nostra analisi della rivoluzione calcistica in atto in Cina partendo dal piano introdotto da Xi Jinping nel 2015. Il piano, suddiviso in 50 punti, stabilisce fin dall’inizio la netta separazione tra la Chinese Football Association dalla General Administration of Sport controllata direttamente dal governo di Pechino, rendendo la prima l’unica associazione sportiva tra le 72 esistenti in Cina quasi del tutto indipendente dal controllo centrale.
Il piano si pone inoltre l’obiettivo di aprire 50 mila scuole di calcio entro il 2025, inserendo il calcio come materia curricolare all’interno di numerose scuole sparse in tutta la Cina. Il numero di campi da calcio totali passerà dagli 11 mila esistenti nel 2015 agli oltre 70 mila nel 2020, permettendo così una crescita del numero di giocatori di calcio pari a 50 milioni di atleti, di cui 30 milioni di soli studenti.
Il Presidente Xi ha creato inoltre una vera e propria task force incaricata di promuovere il gioco del pallone ai più alti livelli, al pari quasi di altre task force attive nel settore economico, della sicurezza informativa e militare.
La Cina, seguendo la riga tracciata dai Giochi Olimpici disputati a Pechino nel 2008, è spinta dalla necessità di ottenere riconoscimento internazionale anche a livello sportivo e l’unico modo di realizzare questo sogno è quello di creare una vera e propria cultura calcistica che parta dal basso.
Pechino dovrà ridurre le ingerenze politiche a livello sportivo, sostenere la transizione da una mentalità accademica incentrata sulla punizione al riconoscimento del valore e della creatività derivanti da una più ampia partecipazione ad attività extra-scolastiche, tra cui il calcio. All’interno della maggior parte dei nuclei familiari cinesi, il calcio è ancora percepito come una distrazione dalla vita scolastica e dunque i giovani vengono spesso scoraggiati nell’intraprendere una carriera che non sia in linea con tale visione.
Ci si dovrebbe concentrare inoltre sulla creazione di modelli calcistici interni e non solo sull’acquisto di giocatori stranieri. Se pensiamo infatti a Yao Ming, la star di basketball cinese che ha giocato per anni in NBA, ci rendiamo conto dell’importanza avuta nell’influenzare le generazioni più giovani. Yao Ming ha sfatato il mito diffuso tra i giovani cinesi secondo cui questi non siano competitivi negli sport che prevedono l’uso di una “grande sfera”, ma solamente in quelli in cui sia prevista una “piccola sfera”, tra cui appunto il tennis da tavolo. Avere un idolo cinese da seguire potrebbe essere una chiave in più per spingere sempre più giovani a praticare il calcio.
L’Evergrande International Football School: un modello su cui costruire la nazionale cinese del futuro?
Vincere la Coppa del Mondo passa soprattutto attraverso una costante crescita dei vivai calcistici in Cina e alla nascita di una vera e propria cultura del gioco del pallone tra i più piccoli. Fernando Sanchez Cipitria, direttore tecnico dell’Evergrande International Football School situata nella provincia cinese del Guangdong, ha come obiettivo quello di far crescere piccoli talenti, i quali un giorno saranno il futuro del calcio cinese.
Questa scuola di calcio, nata come accademia della più nota squadra Guangzhou Evergrande, ha aperto nel 2012 e fa parte del sogno di Pechino per trasformare la Cina in un colosso nel mondo del calcio. La scuola è una creazione di Xu Jiayin, proprietario del Guangzhou Evergrande, il quale ha investito 130 milioni di Euro per la sua realizzazione.
Il suo sogno è quello di rivoluzionare il calcio cinese e, per motivare i giovani aspiranti calciatori, ha fatto erigere una replica gigante della Coppa del Mondo davanti all’ingresso della scuola e ha creato la Piazza delle Star, dove sono state collocate le statue di Pelé e di Bobby Moore. Il progetto è impressionante: 50 campi da calcio, una piscina olimpionica all’aperto, un supermercato, un cinema, uno stadio e alloggi che ospitano più di 500 dipendenti full-time.
L’obiettivo è quello di accogliere 10mila aspiranti calciatori, i cui sogni di gloria hanno trovato linfa vitale nell’acquisizione del 50% del club di Guangzhou da parte di Jack Ma, fondatore e presidente di una fra le maggiori compagnia di commercio online, la Alibaba Group.
Non sarà facile trasformare questi giovani in campioni e un passo fondamentale sarà, comunque, la loro crescita in club esteri. Secondo Roger Schmidt, ex-tecnico del Bayer Leverkusen ed ora sulla panchina del Beijing Guoan, “i giocatori cinesi vogliono migliorare e hanno tutte le carte in regola per raggiungere importanti obiettivi”.
Schmidt aggiunge che “il calcio cinese ha fatto enormi progressi, ma la strada è ancora lunga, soprattutto per la mancanza di un’importante tradizione calcistica come quella europea e sudamericana”. “Il popolo cinese ha dimostrato di essere in grado di fare grandi cose nel mondo del marketing e del business, e sarà ugualmente capace di ottenere ottimi risultati anche a livello calcistico”.
Seppure molto ambiziosi e di difficile realizzazione, i sogni di Xi si potranno avverare solamente seguendo un lento e progressivo investimento su talenti locali, mantenendo un flusso costante, ma controllato, di star calcistiche straniere nella League cinese, in modo da rendere quest’ultima più internazionale e appetibile. La mentalità imprenditoriale cinese dovrebbe concentrarsi su obiettivi a lungo periodo piuttosto che su investimenti a breve termine, i quali più volte si sono rivelati azzardati e controproducenti, soprattutto in ambito economico e finanziario.
Photo Credits: Guangzhou Evergrande 2 – 0 Hebei China Fortune by Jack Tanner