Old School BW by Michael Garrigues
Quest’articolo è stato scritto da Luca Magnabosco che, laureato in sociologia a Trento, vive e lavora nella remota provincia vicentina. Si interessa di cultura cinese, folklore, arti marziali e scienze sociali, a volte contemporaneamente. Quando il tempo e i soldi lo consentono, legge e viaggia. Sul suo blog, Cambaluq, tra le altre cose troverete una versione più dettagliata delle sue avventure in Cina.
Once upon a time in China
Prendete un gruppo di vecchietti, i più sonnolenti che trovate, portateli in un parco pubblico e metteteli a fare esercizi di, uhm, ginnastica sincronizzata o qualcosa del genere. Mi raccomando: leeeenti! Questa è l’immagine del Tai Chi che circola in occidente, dove peraltro è ampiamente diffuso ormai da decenni. Alcuni vi diranno che è simile allo Yoga, altri che è una forma di meditazione, i più temerari lo paragoneranno ad una danza esotica.
Questo perché il Tai Chi è vittima di una lunga serie di equivoci, a partire dal suo stesso nome: la trascrizione più corretta sarebbe “Taiji Quan”, tradotto generalmente come ”boxe dell’estrema polarità”. La parola più importante in questa definizione è proprio Quan, la quale ci ricorda come il Taiji Quan sia da considerarsi un’arte marziale ed abbia quindi tra le proprie finalità originarie principalmente l’autodifesa, il modo moderno e politicamente corretto di definire la capacità di smazzare di botte la gente. Quei cerchi eleganti che vostra nonna traccia in aria con le mani mentre cerca di stare al ritmo del suo gruppo di Tai Chi? Non sono altro che ganci, leve, proiezioni, colpi alla gola e allo scroto.
Naturalmente, la maggior parte dei praticanti ignora completamente queste applicazioni e non avrebbe comunque nessuna capacità (o intenzione) di metterle in pratica, perché viviamo in un mondo civilizzato dove la gente va al parco per rilassarsi anziché per picchiarsi. A questo va aggiunto come lo stile di Taiji Quan maggiormente diffuso al mondo sia lo stile Yang, che enfatizza la lentezza del movimento e nasconde fin troppo bene le proprie potenzialità marziali.
Un diverso modo di praticare il Taiji Quan, lo stile Chen, alterna al contrario movimenti lenti e sinuosi ad improvvisi cambi di direzione, colpi esplosivi, salti e calci tipici della tradizione marziale cinese, ma ha iniziato a farsi conoscere presso il grande pubblico con decenni di ritardo rispetto allo stile Yang ed è quindi molto meno diffuso nelle palestre e meno radicato nell’immaginario collettivo.
Eppure, tra i due stili è proprio il Chen ad essere il più antico: la sua limitata (ma crescente) popolarità è dovuta al fatto che fino all’inizio del secolo scorso l’unico posto dove era possibile impararlo era un piccolo villaggio di campagna cinese, non lontano dal Fiume Giallo, chiamato Chenjiagou (陳家溝). Qui, nel XVII° secolo, il generale Chen Wangting definì il proprio stile di combattimento, unendo forse le vaste competenze acquisite in anni di battaglie con la filosofia taoista.
Qui, tra campi di grano e pascoli, lo stile sarebbe stato tramandato di generazione in generazione sempre rigorosamente all’interno della famiglia Chen. Sempre qui, un maestro di epoca successiva decise di rompere la tradizione ed insegnare il Taiji Quan ad un volenteroso allievo estraneo al clan, permettendo la creazione di altri stili e la diffusione di questa arte marziale in tutta la Cina.
Con buona pace delle leggende su monaci taoisti, immortali, serpenti ed aironi, queste sono le origini del Taiji Quan che trovano maggiore condivisione tra gli storici e gli esperti dell’arte di menare le mani. Allo stesso tempo questo è anche uno dei motivi per cui il remoto villaggio di Chenjiagou nello Henan è considerato in tutto il mondo una sorta di Gerusalemme del Taiji Quan, il luogo dove questa arte marziale ha avuto origine e dove i praticanti più convinti sognano un giorno di andare per abbeverarsi alla fonte originale della conoscenza, e bullarsene con i neofiti una volta tornati a casa. Un’altra ragione fondamentale risiede nel fatto che qui, da qualche secolo a questa parte, continuano a vivere e ad insegnare i più competenti e famosi maestri di Taiji Quan che si possano trovare al mondo.
Into the wild
Tutto sarebbe estremamente più comodo se Chenjiagou non fosse in Cina, a dire il vero, ma anche estremamente meno divertente. Se anche voi rientrate tra i fanatici che vogliono toccare con mano la polvere calpestata da Chen Wangting e sperimentare l’ebbrezza di praticare con le superstar del Taiji Quan, la prima tappa da raggiungere è Zhengzhou, capitale della provincia dello Henan.
Zhengzhou è la classica metropoli cinese da qualche milione di abitanti e non ha pressoché nessuna attrattiva turistica. In compenso è un importante snodo della rete ferroviaria del Paese, per cui è molto semplice da raggiungere partendo da qualsiasi grossa città della Cina. Se avete fretta di correre ad allenarvi, il mezzo migliore potrebbe essere il treno ad alta velocità: fa partenze molto frequenti per cui in genere non è necessario prenotare, impiega circa tre ore e mezzo da Pechino e costa circa 35 Euro.
Il treno normale è più economico ma ovviamente molto più lento; vi ci potrebbe volere una notte intera o mezza giornata ed inoltre potrebbe essere decisamente affollato. Un’altra possibilità è rappresentata dall’aereo, che costa di più del treno veloce (più o meno sui 100 Euro) e dovrebbe essere più rapido, ma considerando i tempi di attesa ed i ritardi ve lo consiglio solo se il primo non è disponibile.
Una volta arrivati a Zhengzhou, dovrete raggiungere la stazione degli autobus a lunga percorrenza ovvero la “Er ma lu zhan”: dalla stazione dei treni “lenti” non è molto distante e potreste anche raggiungerla a piedi, mentre se arrivate con il treno veloce o in aereo dovrete prendere un taxi. In stazione dovrete cercare l’autobus per Wenxian, ne partono con una certa frequenza per cui se non avete fretta aspettate di trovarne uno con le sospensioni a posto, perché il viaggio durerà almeno un paio d’ore.
L’alternativa, decisamente più costosa, è di farsi accompagnare in taxi fino a Wenxian o a Chenjiagou: se avete preso contatto con un maestro prima del vostro arrivo quasi sicuramente vi sarà stata proposta questa possibilità. In ogni caso, se volete sperare di arrivare da qualche parte, ricordatevi sempre di avere a portata di mano i nomi in cinese delle vostre destinazioni, compresi i nomi delle stazioni dei treni e degli autobus: tassisti ed autisti non parlano inglese e per quanto vi sforziate la vostra pronuncia gli risulterà incomprensibile.
Il viaggio a Wenxian è già di per sé piuttosto emozionante, lasciata alle vostre spalle la metropoli ed attraversato il Fiume Giallo avrete già l’impressione di fare un salto indietro nel tempo ed entrare in un territorio decisamente “rustico”, dove il verde dei campi coltivati si alterna al rosso delle terre brulle e dei bacini di contenimento, mentre cominciano ad abbondare i riferimenti alle arti marziali come elementi decorativi anche ai bordi delle strade.
Wenxian è una cittadina piuttosto piccola ed una volta lì dovrete necessariamente cambiare mezzo di trasporto. Trattandosi comunque di circa dieci minuti di tragitto, potete adattarvi a qualunque mezzo vi si proponga: auto, furgone, apecar… la fantasia dei tassisti cinesi improvvisati non ha limite. Sarà sufficiente fare sfoggio delle vostre valigie e della vostra bianchitudine per trovare qualcuno che vi dia un passaggio a prezzo modico per Chenjiagou; in questo caso non sarà necessario spiegare nulla al guidatore, tutti i turisti arrivano a Wenxian solo per andare al villaggio Chen. Dopo qualche chilometro la strada si farà di terra battuta e sarete completamente circondati da campi di granturco.
Il primo centro abitato che incontrate è la vostra meta: Chenjiagou, “Birthplace of Taiji Quan”, come recita il cartello stradale all’ingresso del paese.
The village
“Chenjiagou”, ovvero “il fosso della famiglia Chen”, prende il nome da un fossato che corre lungo i margini del villaggio. Il posto è piuttosto piccolo e a prima vista non presenta molte comodità: una sola strada parzialmente asfaltata, costruzioni di tutte le epoche ma nessuna di particolare interesse architettonico, qualche edificio più moderno e molto, molto brutto, un paio di negozi di alimentari e forse una minuscola sala da tè. Osservazioni successive non miglioreranno questa prima impressione.
Manca l’illuminazione lungo le strade, non c’è neanche un ristorante decente e di quando in quando dovrete scostarvi per cedere il passo ad un piccolo gregge di pecore. La polvere è ovunque, copre le strade, i davanzali, le lenzuola stese ad asciugare, le vostre fronti imperlate di sudore e la polvere posatasi in precedenza. Se siete capitati qui in vacanza, probabilmente vi hanno fregato. Se invece siete venuti spinti dall’unica motivazione plausibile ovvero la vostra passione per il Taiji Quan, al centro del villaggio potrete visitare un parco dedicato al Taiji ed alle sue origini, un museo ed alcuni negozi di attrezzature sportive piccoli ma ben forniti ed economici.
Quanto alla possibilità di allenamento intensivo, a Chenjiagou avrete solo l’imbarazzo della scelta: proprio al centro del paese troverete la scuola “ufficiale” del villaggio diretta attualmente da Chen Xiao Xing e suo figlio Chen Zi Qiang, mentre poco distante troverete la scuola di Chen Zhao Sen e quella di Zhu Tian Cai, altri maestri di fama mondiale. All’ingresso del villaggio, appena dopo il cartello stradale di cui sopra, troverete invece la nuova scuola di Chen Bing. Non mancano scuole di dimensioni minori e minore fama ma comunque di ottimo livello.
I bambini ed i ragazzi di Chenjiagou frequentano le scuole di Taiji Quan in modo pressoché permanente, in quanto per loro le arti marziali rappresentano l’alternativa più allettante ad un futuro di vita grama nei campi. Oltre ai residenti locali tutte queste scuole, che io sappia, ospitano per periodi di tempo più o meno lunghi sia studenti cinesi che stranieri; se i primi sono privilegiati dal fatto di conoscere la lingua, i secondi sono sicuramente ben accolti sia per la possibilità di espandere la fama della scuola nel mondo sia per i dollari con cui pagano gli allenamenti.
E’ comunque possibile e consigliabile prendere contatto via e-mail prima di partire, se non altro per chiedere informazioni sul costo dello stage e dell’alloggio. Onde evitare cocenti delusioni, tenete conto che in generale il fatto di alloggiare ed allenarsi nella scuola di un maestro famoso non equivale necessariamente a praticare con quel maestro, a meno di richiederlo specificatamente e di essere disposti a sborsare una quota aggiuntiva piuttosto salata. In effetti non è neppure scontato che lo vediate, il maestro, visto che molti maestri di Chenjiagou passano buona parte dell’anno impegnati in tournée in giro per il mondo: meglio informarsi prima! Le tariffe sono d’altra parte molto più basse di quelle richieste per praticare con gli stessi maestri in Europa ed anche in loro assenza gli istruttori autorizzati ad insegnare a Chenjiagou sono tutti di altissimo livello.
Giorni di gloria (e sudore)
Per soddisfare la mia sete di Taiji Quan, io mi sono affidato alla scuola del maestro Chen Bing: XX generazione della famiglia Chen, una solida reputazione e numerose possibilità di rivederlo successivamente anche vicino a casa, vista la sua abitudine a viaggiare parecchio. Posso quindi descrivere solo come si svolgono gli allenamenti nella sua scuola, ma confrontandomi con altri che hanno scelto esperienze diverse non mi sembra che ci siano grandi differenze, in fondo siamo nel regno della tradizione.
La scuola è una costruzione piuttosto recente di tre piani, con le camere che si affacciano su un cortile interno, una mensa comune ed una grande palestra. Al momento della mia visita era frequentata da circa un centinaio di giovani allievi fissi, provenienti da Chenjiagou e dintorni, e da qualche decina di ospiti per lo più cinesi. Per quanto riguarda l’alloggio, la scuola di Chen Bing ha fama di essere particolarmente adatta alle esigenze più ricercate degli ospiti occidentali. Penso che questo si riferisca al fatto che alcune camere sono dotate di aria condizionata (indispensabile in estate), perché per il resto non presentano particolari comodità: due letti, un tavolino, un bagno ed una quantità considerevole di sporcizia da spazzare via prima di poterle considerare abitabili. Anche qui la polvere è si posa su ogni superficie e si infila in ogni fessura, questo contribuisce in gran parte alla sensazione di sporcizia.
Fortunatamente però non avrete molto tempo né molte forze per fare caso alle condizioni igieniche: la vita dei praticanti di Taiji Quan, cinesi e stranieri insieme, segue una routine piuttosto intensa. Sveglia alla mattina presto, colazione a base di verdure e pane al vapore, allenamento in palestra o in cortile fino alle undici e mezzo. Pranzo a base di verdure e riso, tre ore di riposo e poi di nuovo allenamento fino a sera, per concludere la giornata con un’altra bella cena a base di verdure e riso. Ogni tanto assieme alle verdure la premiata cucina del villaggio offre un pezzo di tofu puzzolente, un uovo sodo o una testa di gallina, giusto per mantenervi in forma. Nel caso per assurdo non vi piacessero le teste di gallina o la monotonia del menu vi gettasse nello sconforto, avrete pur sempre la possibilità di trovare un passaggio fino a Wenxian o fare una visita al negozio di alimentari dove a vostro rischio e pericolo potrete integrare la dieta con qualche prodotto locale. Ma non siete lì per ingrassare, giusto?
Siete a Chenjiagou per sudare, e vi assicuro che suderete fino ad inzuppare ogni centimetro della maglietta, sia che abbiate scelto l’allenamento personale con qualche maestro di fama mondiale sia che vi siate accontentati di praticare in gruppo o sotto la guida degli istruttori. In ciascun caso, comincerete la giornata con una sessione di riscaldamento e stretching per poi ripassare in gruppo le forme base dello stile Chen, in cortile o in palestra. Una volta scaldati, avrete la possibilità di approfondire altre forme o di esercitarvi con i più determinati praticanti di Taiji Quan del mondo, allenandovi tutto il giorno a mani nude o con le armi, praticando il tui shou e trovando sempre qualcuno in grado di rispondere ad ogni vostra domanda sul Taiji Quan. Purché sappiate il cinese, ovviamente, perché non dovreste aspettarvi di parlare inglese con più di tre o quattro persone all’interno della scuola.
Per quanto riguarda la disciplina: nessuno vi verrà a chiamare se dormite fino a tardi o vi obbligherà a fare gli allenamenti, nessuno vi dirà come vestirvi o di che colore dovrà essere la vostra maglietta, ma sarà il buon senso a suggerirvi di prestare attenzione agli istruttori e non mettere alla prova la loro grande pazienza. D’altra parte, tutti gli allievi sembrano disposti a collaborare e ad insegnare il poco o tanto Taiji Quan che conoscono, con pochissimo o nessun senso di competizione, tutti sono disposti ad ascoltare e ad aver rispetto per chi pratica con impegno.
Se dopo sei o sette ore di allenamento quotidiano riterrete di essere ancora troppo riposati, potrete sempre chiedere di potervi unire al gruppo degli allievi locali. Grazie all’energia della gioventù e al fatto di aver praticato il Taiji Quan letteralmente per tutta la vita, questi adolescenti rappresentano l’élite della scuola e si preparano a diventare la prossima generazione di maestri sottoponendosi ogni giorno agli allenamenti più duri, dalle prime luci dell’alba a ben oltre il tramonto. La loro vista sarà sufficiente a riempirvi di entusiasmo e timore reverenziale.
Un aspetto di cui tenere necessariamente conto sono le condizioni atmosferiche: lo Henan è caratterizzato da un clima continentale, con inverni molto rigidi ed estati caldissime. In ogni caso la sofferenza è assicurata, perché ovviamente la palestra non è dotata né di impianto di riscaldamento né di climatizzatore e vi troverete costretti ad allenarvi con vari strati di maglioni addosso o, al contrario, a fermarvi continuamente per bere in modo da reintegrare i liquidi che gocciolano copiosamente sul pavimento. Verso sera spesso soffierà il vento, sollevando nubi di polvere rossa che daranno al villaggio un’atmosfera irreale e si poseranno nuovamente su ogni cosa.
Long story short
Mentre praticate il vostro rilassante Tai Chi al parco in compagnia della nonna la domenica mattina, o strofinate accuratamente la suola delle scarpe prima di entrare in palestra per non rovinare il parquet, vi potrebbe saltare in mente di chiedervi se valga davvero la pena di andare dall’altra parte del mondo per fare tanta fatica ripetendo, in fondo, gli stessi esercizi che potete imparare agevolmente anche a casa. Ovviamente non posso fornire una risposta soddisfacente: è vero che a Chenjiagou si trovano i migliori maestri, ma è anche vero che bisognerebbe forse fermarsi nello Henan per mesi, se non per anni, prima di notare una reale evoluzione nel proprio stile di Taiji Quan.
Non tornerete maestri a vostra volta e anzi, dopo esservi confrontati con i migliori sulla piazza, vi passerà anche la voglia di darvi delle arie. La verità è che mentre siete assorti in meditazione nella posizione dell’albero ed un gregge di pecore attraversa la strada di fronte a voi, o state ripetendo per la centesima volta la Lao Jia cercando di capire perché la vostra anca non è mai abbastanza rilassata ed il vostro pugno non è mai sufficientemente esplosivo, mentre battete il piede e saltate sul pavimento coperto di polvere e sputi o guardate i bambini di Chenjiagou tornare dall’allenamento con il sorriso sulle labbra e le magliette coperte di fango, non vi ponete questo genere di domande. Siete lì, non penserete più al Taiji Quan nello stesso modo e sapete che ne è valsa la maledettissima pena.
Photo Credits: Photos by Luca Magnabosco
Luca dice
Ciao,
sono Luca, l’autore di questo articolo. Sono tornato a Chenjiagou cinque anni dopo ed il villaggio è molto cambiato, se volete leggere un aggiornamento lo trovate qui: https://cambaluq.wordpress.com/2018/10/06/piano-b-per-la-cina-4-trappola-per-gechi/
Rosita dice
Ciao Luca,
mi é stato dato il tuo contatto da Furio che ringrazio nuovamente:). Siamo una coppia di futuri sposi e non faremo subito il viaggio di nozze ma vorremmo programmarlo per Aprile 2016.
Essendo il mio fidanzato un appassionato di arti marziali (in particolare ha praticato il wing chun) e leggendo le vs passioni per le arti marziali, vorrei chiederti se per caso potresti darci alcuni consigli su dove andare ed eventuali scuole dove alloggiare e praticare arti mariziali (kung fu – wing chun) per qualche giorno per permettere al mio futuro marito di vivere le arti marziali in Cina. Sarebbe per me una bella sorpresa che vorrei organizzare per lui per alcuni giorni del ns viaggio di nozze. Cosa mi consigli? Ti ringraio in anticipo per il tuo aiuto eventuale. ciao
Luca dice
Ciao Rosita,
purtroppo leggo il tuo commento solo ora, non mi era arrivata la notifica…
marta dice
certo che la Cina stupisce sempre! Le mie conoscenze si limitavano al Kong Fu e ai monaci del tempio Shaolin.. mi sento davvero ignorante!
Bell’articolo, complimenti :)
ps. comunque io dopo che mi sono unita ai vecchietti cinesi alle 6 del mattino nei parchi consideravo il Taichi da nonni già abbastanza complicato, e avevo fatto ginnastica artistica tutta la vita, quindi in fondo ero un’atleta non una mezza calzetta! :)
Furio dice
Vabé Marta tu andresti d’accordo con la mia ex-coinquilina, che si alzava alle 6 e si presentava al parchetto rionale in pigiama a fare tai chi e parlare in cinese con i nonnetti.
Franco dice
Non sono un praticante di arti marziali ma l’articolo mi è piaciuto molto , la cina e un paese meraviglioso . Io ho vissuto per un lungo periodo e sento ancora la nostalgia di tutti i luoghi visitati e tutte le persone conosciute. La cina e molto varia ma da conoscere per essere apprezzata in tutti i suoi pregi e difetti , prima di giudicarla. Complimenti per l’articolo .
gio dice
Pratico lo stile chen da poco più di un anno, bell’articolo che riporta questa meravigliosa arte marziale alla sua vera dimensione, cioè alle sue vere dimensioni…
Le notizie su Chenjiagou sono coerenti con quelle che ho sentito, sia nella sua durezza, sia nella morbidezza (ferro avvolto nel cotone ;) ). Non vedo l’ora di poter recarmi anch’io alla Mecca del taijiquan!
Ah, il maestro Chen Bing sarà a Roma l’ultima settimana di novembre per alcuni seminari
fabio dice
bell’articolo. Mi piace sopratutto la dura ma realistica :
“è vero che a Chenjiagou si trovano i migliori maestri, ma è anche vero che bisognerebbe forse fermarsi nello Henan per mesi, se non per anni, prima di notare una reale evoluzione nel proprio stile di Taiji Quan.
Non tornerete maestri a vostra volta e anzi, dopo esservi confrontati con i migliori sulla piazza, vi passerà anche la voglia di darvi delle arie. ”
pensare che c’era un ‘maestro’ italiano che si dichiarava maestro dopo aver fatto ‘un mese’ in cina (non taijiquan comunque)
Furio dice
Sì, un’osservazione che vale un po’ per tutto (non solo le arti marziali) quando si viaggia un po’!