Sulla muraglia cinese (Marta è in primo piano, sulla destra).
Anatomia di un’intervista
Ecco come lavoriamo qui alla redazione di Sapore di Cina, cioè il mio portatile.
A fine Novembre ho ricevuto la seguente email:
Ciao!
Sono Marta, ho quasi diciassette anni e quest’anno vivo a Nanjing, frequento il liceo cinese, ho una mamma e una sorella cinesi (nel senso che sono ospite di una famiglia locale) e mi sottometto alla
routine e alle regole che gli adolescenti cinesi sono tenuti a seguire.
Per forza di cose sto iniziando a parlare cinese, anche grazie al fatto che spendo cinque o sei ore al giorno a studiare.
Sono arrivata qui pensando di sapere già tutto sulla Cina e tempo una settimana ho iniziato a sbattere contro tutto quello che (non) conoscevo.
Così ho cominciato ad informarmi in giro, a cercare di leggere il più possibile su questo paese. Sono capitata anche sul tuo blog, di cui, devo dire, mi sono innamorata (Furio: ecco, adesso sapete come ci si guadagna un’intervista su Sapore di Cina : P) ad aprirmi a tutto e fare tutte le esperienze possibili cercando di dimenticarmi quello (pochissimo) che sapevo sulla Cina dall’Italia.
La mia risposta è stata alquanto prevedibile:
Ciao cara,
grazie per la bella email. Penso che tu abbia avuto molta fortuna.
Wow, così giovane e già in Cina!
Se hai tempo e voglia mi piacerebbe intervistarti.
Scalando il monte Xixia.
Marta mi ha risposto:
“Wow, così giovane e già in Cina!” mi piace questo tuo commento, finalmente qualcuno che non dice “Oddio, ma chi te lo fa fare” o “Certo che tu hai due palle così!”
In Italia recitavo per diletto, alias sono tutto tranne che timida. E al di là di questo, in generale sono una che racconta i fatti propri ai quattro venti, per cui se vuoi intervistarmi sono disponibilissima e contentissima.
Il resto è storia. Ecco l’intervista a Marta, una sedicenne che a noi emigrati vecchi e riottosi ci mangia a colazione:
Sognando Pechino
Come sei arrivata in Cina?
La ragione si può riassumere in poche lettere: AFS, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di mobilità studentesca attraverso associazioni dislocate in tutti i continenti. Un sistema enorme di volontari che dedicano se stessi e il loro tempo libero a noi “giovani vogliosi di conoscere il mondo” chiedendo in cambio solo un sorriso.
In Italia ad esempio si chiama Intercultura, mentre in Cina CEAIE. Magari avevi già sentito parlare di quarto anno delle superiori all’estero, che è quello che sto facendo. Solo che a differenza del 99% di quelli che lo fanno non ho scelto Canada, Stati Uniti o Australia.
Perché la Cina?
In prima superiore la mia scuola (Liceo scientifico Altiero Spinelli di Torino con indirizzo lingue) mi ha offerto la possibilità di partecipare ad un corso curricolare di cinese (nella nostra scuola ci sono un tot di materie obbligatorie e poi ogni studente deve sceglierne due supplementari).
E così ho iniziato a studiare cinese quasi per gioco. La nostra era la prima classe in assoluto a studiare cinese a Torino e qualcosa come la sesta o la settima in Italia. Il tutto era molto sperimentale, tre anni fa non esisteva neanche un libro di testo in italiano per studiare il cinese, la prof era giovanissima ma “una tipa tosta,” di quelle che amano quello che fanno e ci mettono corpo ed anima. Direi tutto il contrario dei professori di francese di cui ”canti le lodi” nel tuo blog!
Questo esperimento è andato così bene che dopo due anni a due ore alla settimana nel triennio siamo passati a cinque ore di cinese settimanali. Tra l’altro i ragazzi delle nuove prime possono iniziare da subito facendo più ore di cinese che di qualsiasi altra materia.
Tornando a me, studiavo cinese in Italia e dopo due anni di studio ho vinto una borsa di studio attraverso l’esame HSK e sono andata dieci giorni a Pechino. E’ stato amore a prima vista, avrei dato le gambe pur di non salire sull’aereo di ritorno.
In compenso erano un po’ di anni che pensavo di andare a fare la quarta superiore all’estero, ma le mete che avevo inizialmente in testa erano Costa Rica, Cile, Ecuador, Argentina o Honduras. Anche se non volevo andare in una meta “facile,” dalla cultura molto simile alla mia, non avevo mai considerato seriamente l’oriente, essenzialmente per la lingua credo.
Diciamo che lo spagnolo entra un po’ più facilmente che il cinese!
L’anno scorso però, dopo un po’ di crisi esistenziali davanti al foglio con le opzioni dei paesi (Intercultura obbliga gli scambisti a dare da un minimo di tre scelte ad un massimo di dieci, perché focalizza l’attenzione molto più sull’esperienza di scambio culturale che sulla meta o la lingua) il mio elenco finale appariva così: Cina, Hong Kong, Honduras, Costa Rica, Argentina, Malesia, India, Islanda, Cile e Egitto.
Furio: Upsss, e io che a ventitré anni mi cagavo sotto all’idea di partire per l’Erasmus in Francia. Vediamo chi è il prossimo a dire che i giovani d’oggi non hanno più spina dorsale ; )
Avevo deciso di mettere la Cina come prima scelta intanto perché avevo voglia di conoscere una cultura nuova e la Cina mi sembrava in assoluto una delle più lontane da quella italiana.
Furio: Idem per me. Ricordo che mia madre mi disse: “E dopo la Cina dove andrai, sulla Luna?” Al che io risposi “No, su Plutone : )”
Poi perché lo studio del cinese in Italia mi era piaciuto davvero molto ma mi aveva fatto anche rendere conto che così non l’avrei mai imparato. Ma soprattutto, perché quel viaggetto a Pechino mi aveva fatto assaggiare qualcosa di immenso e mi aveva fatto venire davvero “voglia di Cina.”
Attraverso Intercultura, tra l’altro, ho vinto una borsa di studio sponsorizzata dalla Telecom, per cui sono cui senza aver pagato un centesimo.
Comunque penso che se non fossi riuscita a vincere la borsa di studio i miei (che, devo dire, non smetterò mai di ringraziare per avermi dato questa possibilità) sarebbero stati disposti a fare qualche sacrificio e trovare i soldi per tramutare il mio sogno in realtà.
A Nanjing.
Aiutiamo un po’ i ragazzi che vorrebbero seguire il tuo percorso. Quali sono i passi principali per vincere una borsa di studio con AFS?
Visitare il sito di Intercultura e mandare la richiesta per partecipare ai concorsi; partecipare alle selezioni pieni di entusiasmo e voglia di partire (e farlo notare a tutti i volontari che passano di lì) e avere qualche bel voto a scuola alle spalle.
Niente paura, non bisogna essere dei secchioni. Io non ho mai avuto più di 8 di media ma è stato più che sufficiente. Diciamo solo che una bocciatura o la media stretta stretta del 6 potrebbero compromettere il posto in graduatoria.
Tutti gli studenti che partono con Intercultura sono borsisti, il primo criterio di assegnazione delle borse di studio è, però, il reddito familiare Per cui se si arriva da una famiglia agiata ci sono poche speranze di vincere una borsa di studio consistente.
Ci sono, però, tante di borse di studio offerte da aziende, come la mia, e per partecipare ai concorsi basta davvero solo leggere i bandi e trovare quella “più a portata di mano.” La cosa bella di tutte le borse di studio è che sono assegnate da Intercultura, secondo i suoi criteri (quindi prima dei voti scolastici vengono la voglia di partire e la capacità di adattabilità e un sacco di cose “da psicologi” che vengono valutate durante gli incontri di selezione).
Oltre a Intercultura ci sono un sacco di associazioni che organizzano scambi culturali (o anni all’estero o come diavolo si chiamano) Ad esempio Mondo Insieme, sempre senza scopo di lucro, o WEP , YFU e You Abroad , che però sono a pagamento.
Volendo ci sono anche dei sistemi come l’Aupair (sono già qui che penso a come e dove andarmene in futuro) che permettono di andare da qualche parte in giro per il mondo a lavorare per un periodo come babysitter in una famiglia in cambio di vitto, alloggio e paghetta settimanale.
Pianeta Cina
Quando sei arrivata in Cina?
Il timbro sul mio passaporto recita: “data di ingresso 2012-08-24.”
E’ stata dura ambientarsi?
Dal punto di vista pratico ovviamente qualche problemuccio c’è stato, ma sono cose del calibro di “è mezzanotte, ho cenato alle cinque, sto morendo di fame” oppure “ricordati che la carta igienica si butta nel cestino!”
Da un punto di vista psicologico devo dire che all’inizio è tosta stare a sentire discorsi infiniti di cui non si capisce assolutamente nulla, e non si sa mai bene se insistere con il 没听懂 (non ho capito),再说一遍 (potresti ripetere?) o rassegnarsi e annuire con il sorriso sulle labbra.
Un’altra cosa a cui ho fatto fatica ad abituarmi è stato il sabato sera. So che può sembrare banale ma a volte pensare che si è chiusi in casa, davanti al computer se non al libro di scuola, e che se si fosse in Italia si sarebbe in giro con gli amici a fare baldoria, ti lascia lì a pensare “perché l’ho fatto?”
Marta è ospite di una famiglia cinese.
Come ti trovi adesso?
Bene, proprio bene. Mi piace la vita che faccio nonostante, o proprio perché, assomigli in tutto e per tutto a quella di un qualunque adolescente cinese (con la differenza che loro non devono imparare il mandarino).
Sarei falsa e ipocrita a dire che va sempre tutto benissimo, ovviamente ci sono i momenti no, in cui mi chiedo “chi me l’ha fatto fare?” Ma ho imparato a pensare a tutto ciò che c’è di bello e montare un sorriso sul viso in qualsiasi momento, così le giornate grigie passano velocemente come le altre e il giorno dopo mi sveglio sempre felice di essere qui.
Furio: Concordo. Peccato che ci abbia messo ventinove anni a capirlo e che tanta gente non lo capirà mai e continuerà, imperterrita, a piangersi addosso.
Com’è vivere con una famiglia cinese? Che tipo di problemi hai? Hai difficoltà a comunicare? Con il mangiare?
Non mi sono mai sentita tanto coccolata in vita mia. Non che mia mamma in Italia non mi coccolasse, ma qui le madri vivono per soddisfare i bisogni dei figli, e così, anche se mia sorella viene anni luce prima di me, mi rimangono lo stesso molte più attenzioni di quelle che avevo in Italia.
I problemi arrivano quando pretendo di vivere un po’ più all’occidentale, quando non ce la faccio più a stare chiusa in casa e allora inizio a trovare ogni scusa possibile per uscire; devo dire però che dopo il primo mese si sono un po’ rassegnati, credo, e così hanno allentato il guinzaglio. Il coprifuoco del sabato sera però rimane alle nove.
Il problema più grande in assoluto è mia sorella, non la sopporto proprio, non c’è nulla da fare. Non voglio mettermi a sparlare di lei qui, però fra di noi non è successo quel “non so che” che permette di creare un legame. Ho imparato a convivere con lei e praticamente per lei è come se non ci fossi e viceversa vale per me.
Comunicare non è mai stato un problema, all’inizio c’era mia sorella che parla un inglese abbastanza buono per cui mi arrangiavo parlando inglese. Da un po’ di tempo a questa parte, invece, con mia mamma riesco a parlare praticamente di tutto in mandarino.
È impressionante come con lei, che ha voglia di capirmi e farsi capire, il cinese sia una lingua “possibile.” Quello che intendo dire è che fuori casa ho ancora tantissimi problemi a parlare, ma con lei me la cavo egregiamente, nonostante un fortissimo accento del sud che appena arrivata qui mi ha creato non pochi problemi.
Marta con sua “sorella.”
Furio: Probabilmente ti sei abituata al suo accento e alle sue espressioni lessicali (tendiamo tutti un po’ a ripeterci).”
Per quanto riguarda il cibo, io sono una che ama provare gusti nuovi e mia mamma cucina davvero bene. Mangio tutto, ma proprio tutto (non è ancora successo ma se mi offrissero la carne di cane (occhio, foto esplicite!) l’assaggerei volentieri) per cui da quel punto di vista mi sono trovata proprio bene.
Tra l’altro lei mi sta insegnando a cucinare, cosa che sua figlia super viziata non ha nessuna intenzione di imparare a fare, e questo sta aiutando a creare fra noi proprio un bel legame.
Com’è il rapporto con i tuoi compagni di classe? Sei riuscita a fare subito amicizia o ti è servito del tempo?
Il primo giorno di scuola, sabato primo settembre, i miei compagni sembravano interessati a me e spaventati allo stesso tempo, un po’ come se nella loro classe fosse stata liberata una tigre. Mi facevano un sacco di foto ma nessuno osava rivolgermi la parola.
Tornata a casa ero un po’ giù di morale, ma mi son ripromessa che il lunedì sarebbe cambiato tutto, e così è stato!
Piano piano, partendo dalle domande base è iniziato qualche dialogo, tanti piccoli interrogatori tutti uguali che però mi hanno permesso di iniziare a legare prima con due ragazze, e poi con tutti gli altri.
Adesso penso di essere una di quelle con più amici nella mia classe, tutti sono disponibili ad usare il loro tempo libero per scarrozzarmi in giro per Nanjing e le loro pause pranzo a darmi ripetizioni di cinese.
Qualche giorno fa una ragazza mentre pranzavamo insieme mi ha detto 我不要让你回家 (non voglio che tu torni a casa), ho riflettuto su questa frase per tutto il giorno, e improvvisamente ho iniziato a pensare che giugno è domani e che qui ho trovato dei veri amici (e non solo tanti ammiratori come erano all’inizio) e mi piange il cuore all’idea di doverli abbandonare.
A lezione.
Domanda classica: qual’è il tuo piatto cinese preferito?
I 饺子 (jiaozi, i ravioli cinesi) della mia 妈妈 (mama, l’unica parola cinese che si pronuncia come in italiano)!
Devo dire che l’anatra laccata (北京烤鸭) che ho mangiato l’anno scorso a Pechino, però, rimane un ricordo saporito!
Ti piacciono di più i ragazzi cinesi o quelli italiani?
Ahia, hai toccato un tasto dolente!
Esteticamente penso che i cinesi “belli” siano decisamente meglio degli italiani “belli,” in compenso per trovarli bisogna lavorare non poco. Mediamente probabilmente trovo più belli gli italiani.
A parte trovarlo un cinese bello, altro problema non da poco è quello che si intende qui come relazione sentimentale alla mia età: due fidanzatini cinesi possibilmente parlano meno che due amici perché troppo timidi, il rapporto massimo di affetto che hanno è prendersi la mano e non usciranno mai solo loro due per paura di farsi scoprire.
Tra l’altro, pur di non rischiare di perdere la faccia con un’occidentale, probabilmente non mi inviteranno mai uscire nonostante ci siano le QQ zones (una specie di Facebook cinese) piene di mie foto con commenti che stanno facendo salire la mia autostima alle stelle e mi siano persino arrivate voci di litigate epiche fra amici perché piacevo ad entrambi.
Furio: Mi confermi quello che mi avevano già detto tante ragazze occidentali che sono qui da anni. Il problema è la “faccia.”
Studiare al liceo in Cina
Il sistema scolastico cinese è spesso proteso a omologare gli studenti piuttosto che a fargli esprimere la loro creatività. Tu che esperienza stai vivendo? Quali sono le differenze principali che hai trovato tra il sistema scolastico italiano e quello cinese?
Il sistema scolastico qui non permette ad uno studente di esprimere se stesso. Non sto parlando di grandi doti artistiche o chissà cosa, sto semplicemente pensando che da quando sono qui non ho mai sentito chiedere “e tu cosa ne pensi?” o “secondo te è giusto o sbagliato?” Quello che voglio dire è che non c’è alcun modo di esprimere la propria opinione.
Un esempio lampante è stato quello di un mio compagno di classe che alla domanda di un esercizio di inglese “Pensi che il governo dovrebbe tassare il cibo non salutare?” ha osato rispondere con la propria opinione, ovvero “No, il governo dovrebbe occuparsi dei reali problemi della gente,” e non quella prevista dall’insegnante.
Per questo motivo, nonostante abbia un inglese migliore della media, è stato obbligato a ricopiare la risposta “corretta” pre-cofenzionata una quantità spropositata di volte. Ecco questo in Italia sarebbe stato non solo inaccettabile, addirittura inimmaginabile.
Furio: Ho fatto la stessa domanda a Ileana, che insegna italiano in Cina. Clicca qui per leggere la sua risposta.
Studiare al liceo in Cina
Ok che hai studiato il cinese in Italia. Però fare la quarta liceo in cinese non dev’essere esattamente facile. Quali sono le tue difficoltà maggiori?
Purtroppo o per fortuna qui vige un po’ la regola “tu sei straniera quindi non sei tenuta a fare un sacco di cose.”
Per fortuna perché se no sarei già stata espulsa dalla scuola o severamente punita (sì, nei licei cinesi non c’è posto per gli studenti che vanno male a scuola); purtroppo, però, perché se fossi obbligata a fare tutti i compiti in classe che fanno gli altri forse il mio cinese migliorerebbe ancora più velocemente, o comunque i miei compagni mi considererebbero più “parte di loro.”
Furio: Questa tua voglia di “essere parte del sistema,” che suppongo sia dovuta alla giovane età, è ammirevole. Io, e come me quasi tutti gli altri stranieri in Cina, non ci ho mai provato. Sono straniero e spesso approfitto del fatto che, appunto, non sono tenuto a comportarmi come un cinese.
La mia giornata scolastica consiste essenzialmente nel stare nel mio banco a studiare cinese per conto mio. Poi ogni tanto c’è una lezione di inglese e allora mi metto di buzzo buono e cerco di seguire (anche le lezioni di inglese sono il 95% in cinese, però almeno so di cosa si parla e seguire diventa più semplice).
Un’altra lezione che seguo è quella di chimica, essenzialmente perché la chimica mi piace, conosco già gli argomenti trattati, i simboli chimici sono uguali in tutto il mondo, il professore fa lezione usando delle trasparenze Powerpoint molto ben fatte (ogni classe in Cina è dotata di computer e proiettore e i professori li usano, a differenza della mia classe italiana) e sono affascinata dal suo modo di fare.
Al parco con gli amici.
Dicci degli insegnanti.
I ragazzi in Cina hanno seriamente paura dei professori, qui vige la regola del terrore, del “devo studiare se no il professore si arrabbia,” “non posso fare questo perché poi il prof mi punisce,” “se mi beccano chiamano i mie e sono morto” sono frasi che sento quotidianamente dalla bocca dei miei compagni.
Qui non si studia perché imparare qualcosa serve, si studia perché qualcuno ti dice di farlo, un po’ come i bambini delle elementari da noi. Se un ragazzo arriva in ritardo passa la prima ora di lezione in piedi in fondo alla classe girato verso il muro, se sbaglia una parola in un dettato di inglese la deve ricopiare dalle 50 alle 750 volte (in base ai professori) e se non sta attento alla lezione viene obbligato a seguirla da in piedi.
Tra l’altro devo ancora scoprire cosa succede se due fidanzatini vengono scoperti (per ora so che i miei compagni parlano di punizioni spaventose, io ho sinceramente paura per loro ogni tanto).
In compenso però i professori cinesi si fanno un mazzo tanto (per non dire un culo così, che suona male), entrano a scuola con noi alle sette meno un quarto e quando noi usciamo alle cinque e mezza loro prima di andare a casa hanno ancora una riunione, e poi una volta alla settimana hanno il turno serale in cui fanno la guardia ai ragazzi che, abitando a scuola, fanno i compiti stando in classe dalle sei e mezza alle nove.
Orario a parte, correggono tutti i compiti che assegnano, punizioni incluse, portano i voti delle verifiche massimo il giorno dopo (temi compresi, fa un po’ effetto pensare che in Italia a volte mi dimenticavo di aver fatto una verifica prima di sapere come fosse andata) e preparano un sacco di materiale per ogni lezione.
La lavagna.
Per quanto riguarda il rapporto che hanno con me, li divido in due categorie: quelli che mi considerano e quelli per cui non esisto. Mi spiego, ci sono professori che in qualche modo; anche solo rivolgendomi uno sguardo ogni tanto, chiedendomi a fine lezione 是不是,越来越听懂?(Ti stai trovando meglio con le lezioni?) o facendomi partecipare attivamente alle loro lezioni, mi fanno capire che per loro esisto e che “in cambio” pretendono qualcosa da me.
Altri invece che, in quanto diavolo bianco (come dici tu!), non si curano della mia esistenza, e allora io, non so se a torto o a ragione, non mi curo delle loro lezioni, e il mio cinese probabilmente alla fine ringrazierà questi 老 (che suona proprio male ma è il modo in cui i ragazzi chiamano i prof con cui hanno un minimo di confidenza) perché quelle sono le lezioni che passo a scrivere e riscrivere i caratteri nuovi.
(Furio: 老 tradotto letteralmente significa “vecchio” ma in Cina lo si usa spesso per riferirsi a chi è più anziano, anche solo di un anno)
La tua materia preferita?
Cinese!
Sono disperata perché non riesco a capire quello che dice il professore. Ultimamente ha parlato di 莫言 (Mo Yan, lo scrittore che ha appena vinto il nobel) e mi sto ancora mangiando le mani per non essere riuscita a seguire la lezione.
In compenso, però, sono riuscita a scrivere un tema su 莎士比亞 (Shakespeare) di 300 parole e domani scoprirò come è andato!
Quella che odi di più?
Listening in inglese! (il professore è antipatico e il livello dell’inglese, ahimè, è infimo)
Giornata tipo di uno studente cinese
Più che una mia domanda, l’idea di raccontarci la giornata tipo di uno studente cinese è stata un’idea di Marta. Eccola:
Uno studente cinese – me compresa, – entra a scuola alle sette meno un quarto e la prima cosa che fa è pulire l’aula. La pulizia delle aule è un grande lavoro di squadra per cui alla fine non è (quasi) per niente faticoso, però è necessario che sia eseguito alla perfezione prima che inizino i controlli.
Alle sette suona la prima campanella (un pezzo dell’Inno alla Gioia di Beethoven nella mia scuola) e ogni studente prende posto nel proprio banco e inizia a ripassare fin quando, verso le sette e un quarto, il professore somministra il primo test della giornata (nella mia scuola un test di vocaboli inglesi).
Alle otto meno un quarto ci si reca tutti in cortile correndo schierati in formazioni perfette a ritmo di fischietto. Durante questa corsa ogni classe (o gruppo di classi che formano un “plotone”) urla uno slogan.
Arrivati in cortile ci si schiera lungo la pista di atletica, ad una distanza di un metro l’uno dall’altro (non ho ancora capito come facciano d essere così precisi) e si assiste all’alzabandiera ascoltando l’inno nazionale, si ascolta un discorso del preside o di un professore e poi si eseguono un serie di esercizi ginnici per risvegliare il corpo.
Finiti gli esercizi si torna in classe per schieramenti. Le lezioni riprendono e si interrompono poi alle dieci e venti per fare un massaggio al viso che, a quanto dicono, serve a rilassare gli occhi e non sovraffaticarli. Probabilmente la mia generazione di studenti non ha capito come si fa, perché guardando loro a me sembra solo una gran perdita di tempo.
Le lezioni ricominciano e si va avanti fino a mezzogiorno meno un quarto quando si assiste ad una vera e propria migrazione verso la mensa, con gente che corre, spinge, grida agli amici di tenergli il posto in fila, come se non ci fosse cibo per tutti.
Dopo pranzo si torna in classe per il pisolino pomeridiano, ovvero un’ora in cui si è tenuti a stare in silenzio seduti al proprio posto con la testa appoggiata sul banco (devo dire che i cinesi hanno sviluppato una tecnica per dormire ovunque, dal canto mio io conto i secondi in attesa che suoni la campanella e ri-inizino le lezioni).
Le lezioni pomeridiane durano dalle due meno un quarto alle cinque e venti cinque e sono interrotte a metà, in base alla stagione, o da degli esercizi ginnici che si eseguono in classe o da una corsa in cortile, sempre schierati a ritmo di fischietto.
Una volta “liberi,” a casa si è obbligati a studiare dalle due alle cinque ore, in base alle capacità individuali e al rigore della famiglia, mentre i ragazzi che vivono in dormitorio sono tenuti a stare in classe anche dopo cena, dalle sei e mezza alle nove e mezza.
Tutto questo avviene sotto lo stretto controllo dei professori, ma soprattutto di un gruppo di studenti, eletti più o meno democraticamente da una selezione di studenti scelta dai professori.
Ogni volta che un membro di una classe “sgarra” la classe intera perde dei punti e alla fine della settimana le classi migliori vengono premiate con una stellina su di un tabellone (ma nessuno è in grado di spiegarmi a cosa servano quelle stelline che rovinano la vita a così tanti studenti).
Esercizi mattutini.
Che libertà hanno gli studenti cinesi?
Uno studente cinese è stretto in una “morsa micidiale” tra scuola e famiglia. Mi spiego, in Cina i genitori usano la scuola per minacciare i figli e viceversa fa la scuola con i genitori. Per fare in modo che tutto questo funzioni, senza lasciare nessuna scappatoia, si è creato un sistema a prova di bomba.
Per esempio, appena un professore finisce di correggere un compito in classe manda un sms personalizzato ad ogni genitore comunicando il voto del figlio e il voto del migliore della classe (in Cina i paragoni vanno per la maggiore, dopo ogni verifica viene affissa la classifica dei voti).
Tutto ciò prima ancora che il ragazzo venga a conoscenza dei suoi risultati. Mi è capitato più di una volta di assistere a scene di figli che chiedevano i voti ai propri genitori! Un’altra “mossa” che merita di essere citata è quella contro le assenze ingiustificate: se il figlio non si presenta a scuola un genitore deve chiamare il professore coordinatore, in caso contrario il figlio incorrerà in una sanzione disciplinare.
È successo che un mio compagno sia entrato alla seconda ora perché non stava troppo bene (si vedeva lontano un chilometro a parer mio) e che la madre, presa dagli impegni si sia dimenticata di telefonare a scuola.
E così lui ha dovuto passare la mattinata in piedi a copiare la frase “non arriverò mai più in ritardo senza l’autorizzazione” finché sua madre, nel primo pomeriggio, non ha chiamato la professoressa scusandosi per non essere riuscita a chiamare prima!
Ma la scuola controlla i ragazzi da ogni punto di vista.
Ai liceali cinesi non è consesso avere relazioni sentimentali, perché questo li distrarrebbe dal loro obbiettivo: il diploma. Così se due studenti di sesso opposto sono sorpresi a parlare per più di cinque minuti consecutivi o per più di tre volte scatta l’allarme rosso. Saranno richiamati da un professore o dal preside in persona, e sicuramente i loro banchi il mattino seguente si troveranno ai due lati opposti della classe.
E se uno studente volesse fare sport? C’è la squadra della scuola, o è libero di iscriversi ad un’altra scuola! E se volesse tingersi i capelli o addirittura farsi la permanente? Ovviamente non è permesso, addirittura è esplicitamente vietato agli studenti maschi di portare i capelli lunghi. E di esempi come questi se ne possono fare a centinaia, giusto per intenderci, il primo giorno di scuola ci è stato fornito un libretto con le regole della scuola (tra l’altro “sottotitolato” in inglese) e il capitolo delle cose da non fare era il più lungo!
Ehmmm, e con questo chiudiamo il discorso “scuola.” Marta, grazie per il racconto, sono convinto che i lettori che hanno avuto la “fortuna” di vivere la scuola cinese come lo stai facendo tu si contano sulle dita di una mano mutilata.
In gita con la classe.
Dietro le quinte
Cosa ti manca dell’Italia? La famiglia, gli amici, il cibo, il festival di San Remo?
Sicuramente il festival di San Remo e il Grande Fratello!
Scherzi a parte devo dire che per ora mi mancano davvero poche cose; se devo fare degli esempi potrei dire l’uscire alla sera, il discutere di politica, la pizza e il gelato, la ginnastica artistica (fare sport qui si è rivelato un po’ hard) e il salutarsi dandosi due baci.
Le persone per ora non mi mancano, forse perché le ho “sostituite” bene qui, forse perché so che quelli che ci tengono davvero a me mi aspetteranno, forse mi mancheranno in futuro.
Ipotizziamo che fosse possibile. Resteresti ancora in Cina?
Sì!
Purtroppo questa esperienza ha la data di scadenza. So già che a luglio c’è l’aereo che mi aspetta per riportarmi a casa insieme a tutti gli scambisti (o exchange student, in inglese che fa più figo) che sono sopravvissuti a quest’anno.
Ma nessuno mi vieta di fare progetti per il futuro, anche perché qui tutti continuano a ripetermi che le università in Cina sono 非常便宜 (molto convenienti); per cui chissà, penso che se voglio posso costruirmi il futuro che sogno, male che vada dovrò faticare un po’, ma come si dice ”se non c’è fatica non c’è soddisfazione”!
Furio: Marta porta pazienza, a sedici anni il posto più lontano che avevo visitato era Olbia, nel nord della Sardegna : )”
Però, a pensarci bene, il mondo è grande, una cosa che utopicamente parlando mi piacerebbe un sacco sarebbe fare un anno all’estero in famiglia in ognuna delle mete di Intercultura, anche quelle “facili,” anche solo per sfatare il mito che mi sono creata secondo il quale sopravvivere lì sia una passeggiata.
Cosa ci dici dei tuoi compagni d’avventura?
Qualcuno che era partito senza volerlo davvero è già tornato indietro, la Cina rimane un posto difficile se non vuoi abitarci.
Mi spiego, per qualcuno la Cina era solo un nome in ottava o addirittura decima posizione, dopo scelte come Francia, USA o Canada. Non pensavano di doverci venire davvero.
Ma essendosi trovati in basso in graduatoria dopo le selezioni gli è capitata la Cina perché oggettivamente scelta da una minoranza infima. Ecco, di quelli lì alcuni non sono più qui.
Per il resto, ce ne sono un sacco che si trovano fin meglio di me! Qui a Nanjing siamo una quindicina da tutto il mondo e io e altri tre (un italiano e due tedeschi) abbiamo creato un gruppetto che ogni tanto ci permette di scollegare il cervello dal cinese.
Vacanza a Suzhou con la famiglia ospitante.
Viaggiare si può (momento catartico)
Marta, da poco ho intervistato Pietro, che è andato dall’Italia alla Mongolia in Panda. La cosa ha un po’ dell’incredibile ma Pietro è comunque un vecchio matusa (scusa Pietro : P). Mi piacerebbe porti alcune delle stesse domande che ho fatto a lui.
La tua storia dimostra in maniera incontrovertibile che oggi gli italiani hanno la possibilità di viaggiare sin dalla più tenera età. Il mio pensiero, che potrà forse risultare sgradito ai più, è che tanta gente resta a casa non per mancanza di tempo o risorse, bensì perché ha paura dell’ignoto. Tu cosa ne pensi?
Sono pienamente d’accordo con te!
Penso che le occasioni ce le si possa creare, ma per farlo bisogna faticare un po’. Sicuramente lamentarsi, seduti sul divano con la mamma che ti prepara il pranzo è più comodo e facile che prendere e partire, lasciando tutto con il rischio di non trovare nulla.
La differenza è che poi quando invece di trovare il nulla si trovano tutte quelle emozioni che ho trovato io diventa impagabile! E allora se mi toccherà passare l’estate prossima a rimettermi in riga con il programma italiano lo farò con il sorriso sulle labbra pensando ai miei ricordi cinesi.
La maggior parte della gente si nasconde dietro a delle giustificazioni, arriva fin a giustificarsi con se stesso, invece di ammettere a se e al mondo che se non si muove da casa è solo perché non è abbastanza motivato o coraggioso per farlo.
Personalmente penso che non ci sia giustificazione valida; lo so, parlo dal basso dei miei sedici anni e probabilmente i più penseranno che in fondo non ho dovuto rinunciare a molto per venire qui. È vero, non avevo nessun rarissimo posto di lavoro a tempo indeterminato da lasciare a casa.
Penso comunque che, nel mio piccolo, ho rinunciato alla vita che mi ero creata e reputavo perfetta: andavo bene a scuola, avevo raggiunto un livello soddisfacente nella ginnastica, avevo un sacco di amici e anche un fidanzato. Ho preso e me ne sono andata. E nonostante tutto quello che è rimasto a casa penso che ne sia assolutamente valsa la pena!
Festa di Halloween.
Ti sei mai sentita in pericolo in Cina? Aiutarmi a sfatare il mito che viaggiare è pericoloso.
Attraversando la strada tutti i giorni : P
A parte questo no, assolutamente no. Da quello che sto percependo io, mi sembra tutto molto più tranquillo e sicuro che in Italia. E, data la testa di ricci biondi che mi porto dietro, si vede lontano un chilometro che sono una straniera indifesa!
Spesso sono proprio le persone a noi più care quelle che tentano di contrastare i nostri sogni. Lo fanno, a volte inconsciamente, per proteggerci e per paura che quando torneremo non saremo più gli stessi (cosa verissima). Come hanno reagito i tuoi parenti e amici quando hai detto “Hey, parto in Cina per un anno.” Sarei interessato a conoscere la tua esperienza da questo punto di vista.
Occhi fuori dalle orbite, frasi come “tu sei pazza” “certo che hai due palle d’acciaio” e di tutto e di più su questi toni.
Mio cugino è riuscito a dirmi che stavo facendo la cazzata più grande della mia vita il giorno prima che partissi.
Mia nonna, che è la classica “padana” da Rete 4 e chiacchiere da bar, è riuscita a dirmi che i cinesi fanno venire l’herpes e altre cose senza senso.
Casi umani a parte i miei amici erano tutti tristi all’idea che partissi, ma contemporaneamente contenti poiché finalmente riuscivo a fare quello che volevo.
Per quanto riguarda i miei genitori, è stato un processo lento, non mi sono svegliata una mattina dicendo “vado in Cina” per cui devo dire che non hanno reagito in modo particolare, anzi, tra il gruppo dei genitori dei ragazzi in partenza erano quelli un po’ “disumani,” gli unici non preoccupati.
Devo dire che a pensarci adesso gli fa guadagnare un sacco di stima da parte mia. Loro mi hanno sempre spinta a fare esperienze fuori casa, in prima elementare “mi hanno spedita” a fare due soggiorni da quindici giorni senza nessuno che conoscessi, ricordo di essere stata un po’ spaventata allora partendo ma che alla fine, la mia prima frase quando sono tornata a casa è stata “dove vado l’anno prossimo?”
Come ti ha cambiato questo viaggio?
Se non ti dispiace ti rispondo fra un annetto, lasciami il tempo di finirlo e di “lasciar sedimentare” un attimo, per ora è tutto troppo fresco e confuso per fare un bilancio!
Marta, grazie per l’intervista. Sembri una ragazza molto matura e non hai bisogno che ti auguri buona fortuna. Come si dice? Ah sì, 加油!
Photo Credits: Photos by Marta Lovisolo
Jessica dice
@marta mi potresti dare la tua email?vorrei fare delle domande riguardo questa tua esperienza in Cina
Giuseppe dice
Si deve essere proprio masochista per andare in Cina. Un paese dove non c’è democrazia, inquinato, qualità della vita e del lavoro penose. Che schifo la Cina ed i cinesi
Furio dice
Wow, questo è il commento più intelligente dell’ultimo decennio! Cheers
Andreea dice
Nella tua intervista hai detto chiaramente che con una bocciatura è difficile ricevere una borsa di studio..
Io non sono italiana e il primo anno delle medie mi hanno rimandato per colpa della della lingua quindi sono con un anno indietro rispetto aglli altri. Secondo te Marta, la mia bocciatura compromettera la richiesta di ricevere una borsa di studio?
Comunqie sia, hai avuto corraggio da vendere andando in Cin. E io ti stimo tantissimo :)
Andrea dice
Bell’intervista, condivido anche io alcune idee di Marta, e anche io studio in Cina a Shanghai, adesso mi trovo in Italia di nuovo per le vacanze invernali ma ritornerò li a breve x l inizio delle lezioni
Alessandra dice
Anche io ho 16 anni e partirò per fare un anno in Cina fra meno di due mesi e per di più andrò anch’io a Nanjing. L’unico problema è che però io apparte dire cose come “Ciao”, “Grazie”, “Siediti” e “Cina” non so niente di cinese, figuriamoci per la lingua scritta. Avete qualche consiglio da darmi per riuscire a prepararmi anche poco in questi 2 mesi?
Furio dice
Ciao Alessandra,
in due mesi non si fa molto… io mi scaricherei Skritter o Anki e inizierei a studiare i caratteri più semplici.
Buona fortuna, ne vedrai delle belle… e un po’ ti invidio haha
Ailin dice
Piacere, sono nuova ho scoperto da veramente poco questo sito, e leggendo il post di Marta non sono riuscita a capirla e a ridere su certi punti, dato che sono successi anche a me. Penso che lei sia stata veramente coraggiosa a partire cosi per la Cina alla sua età, e che sicuramente questa esperienza rimarrà con lei per sempre sia nei suoi lati positivi che negativi, ma una volta che hai imparato a vivere e rispettare un paese che non è il tuo penso che riuscirai a vivere in qualsiasi altro posto tu voglia.
Inoltre penso anche che imparando il cinese così a quell’età ti rimarrà come bagaglio per il futuro e ti resterà sia come ricordo piacevole sia come una lingua che hai imparato nonostante tutte le difficoltà.
Io parlo da una ragazza di 21 anni che come te pensava di partire per la cina pensando di sapere molto ma dopo poco tempo si e resa conto che non era proprio così.
Alex dice
Ho letto tutto l’articolo con tanto interesse, e dopo diverse settimane ho sentito il bisogno di rileggerlo di nuovo. Ho poi letto il dibattito a tre tra Furio, Marta e Caligola ma non entrerò nel merito perchè siete stati tutti e tre più che esaustivi.
Vorrei invece parlare con Marta, la ragazza dell’esperienza, magari contattandola su mail privata se è possibile. Vorrei chiederle a che livello di lingua cinese era prima di arrivare in Cina, quali sono state le difficoltà a livello prettamente linguistico appena arrivata e quanto sapesse veramente parlare, capire, leggere e scrivere questa lingua al momento di andar via (dopo una decina di mesi di ininterrotta permanenza, mi sembra di capire).
Ho 21 anni e sono al secondo anno della facoltà di lingue orientali, mi piacerebbe anche sapere se Marta poi è tornata in Cina nuovamente (probabilmente sì) e cosa mi consiglia perchè possa anch’io capire e parlare questa lingua semplice ma allo stesso tempo per noi tanto complicata… certamente andare in Cina, penso che lo farò l’anno prossimo o tra 2. Ma vivendo in Cina in che modo posso veramente arricchirmi sul piano linguistico?
marta dice
ciao, sono Marta
rispondo volentieri a tutte le tue domande, aggiungimi su Facebook come Marta Lovisolo e lì poi ti do la mia mail privata o il mio contatto skype ;)
Sono tornata in Italia solo 2 mesi fa.. quindi purtroppo non sono ancora tornata in Cina, ma ovviamente tornerò (se trovo i soldi..) :D
Alex dice
Ho tentato di aggiungerti su facebook… ma a tutt’oggi nessuna risposta ^^
Ti ho mandato la richiesta di amicizia
marta dice
ops, adesso ti cerco fra le richieste d’amicizia.. nome vero!?
Alex dice
Nome vero :P
Marco dice
@Marta: 6 una 16enne con un cervello monstre. Se avessi avuto io a 16anni la tua boccia adesso sarei un Phd a Singapore (città per altro da sogno che io purtroppo non posso permettermi). Vai dritta x la tua strada che nn puoi sbagliare. E se sbagli cresci e impari. Sei grandiosa.
@Caligolas: all’inizio pensavo fossi solo un troll che agita come una clava farneticazioni sul pericolo del regime dittatoriale cinese paragonato alla Nord Korea, che poi plagierebbe la mente di Marta in un solo anno scolastico. Poi devo ammettere che hai fatto riflessioni giuste su molti altri punti. Mi sei simpatico sembra che convivano in te due persone l’idealista e il pragmatico.
@Elisabetta: grandiosa la citazione sul mitico Terzani
In conclusione davvero un’interessante intervista e ancora più interessanti i commenti.
marta dice
Grazie mille per i complimenti. :D
Fra 2 mesi c’è il test di ammissione a Singapore, speriamo in bene!!
Altrimenti grandi alternative in europa! ;)
Caligolas dice
La moda della Cina ultimamente spopola, specie tra gli italiani (che, come noto, si svegliano sempre qualche decennio dopo il resto del mondo sviluppato). Aldila’ dela bellissima esperienza di Marta, a cui vanno i miei vivi complimenti, c’e’ da dire che non ritengo la Cina sia un posto adatto a fare questo tipo di esperienza. La differenza di cultura ed educazione e’ abissale e, si puo’ affermare senza suppinenza, largamente inferiore ai paesi occidentali. Mi riferisco alla mancanza di liberta’ espressiva e al totale controllo sui giovani, che immagino siano solo uno dei sintomi di un sistema educativo rigido, di sovietica memoria, ed in generale poco valido da un punto di vista umano. Ampliando il concetto, non credo che mettere a studiare una 16enne in un paese soggetto a dittatura che supporta la Corea del Nord sia del tutto una cosa eccellente da fare.
Anche in un’ottica lavorativa futura la Cina non offre un granche’. Come detto sono ormai 20 anni che la Cina e’ in boom (anche se in ITalia ci siamo arrivati da 5/6). il paese ora sta per affrontare la piu’ grande sfida della sua storia: riuscire a diventare “sviluppato” in un contesto di dittatura socialista a fronte di una popolazione di 1 mld e passa di abitanti (in larga parte, peraltro, troppo anziani – uno dei maggiori problemi della Cina moderna ). E anche a vedere il breve/medio termine, le aziende USA ormai rilocalizzano nei confini nazionali, ed in generale se vuoi lavorare in Cina con uno stipendio da europeo/americano beh…devi essere europeo/americano (eccezione se sei nato figlio di qualche colonnello del partito). Insomma le sfide che la Cina deve superare non sono inferiori (anzi) a quelle dell’Europa in crisi, e sicuramente sono di gran lunga maggiori di USA e altri paesi sviluppati.
A fronte di cio’, ritengo che per una formazione eccellente ed una eccellente esprienza in ottica lavorativa futura, siano le “solite” Canada, Australia, Stati Uniti, ad offrire le migliori opportunita’. Ripeto, nel caso specifico faccio i migliori auguri a marta (che, comunque, rimane una ragazza da prendere come esempio per i suoi coetanei per la voglia di mettersi in gioco), ma in generale non credo che questo eccessivo incentramento sulla Cina sia sensato, anzi penso sia frutto di una generale isteria collettiva verso il paese e le presunte opportunita’ che questo offre.
Se negli anni ’80 vi avessero proposto di mandare vostra figlia 16enne a studiare in URSS seguendo i “validi” modelli educativi del paese avreste accettato allegramente? Non credo. La differenza tra la fu URSS e la Cina moderna e’ solo che oggi il vostro iPhone ha scritto sopra “Made in China”.
Furio Fu dice
Ciao,
grazie per il lungo commento, che rispetto ma non condivido. Di seguito ti spiego perché : )
Hai scritto che:
“La differenza tra la fu URSS e la Cina moderna e’ solo che oggi il vostro iPhone ha scritto sopra “Made in China”.
1) Non posso esserne sicuro ma sospetto che tu non sia mai stato in Cina, non negli ultimi vent’anni per lo meno. Paragonare le condizioni di vita o apertura (sia dal punto di vista commerciale che ideologico) dell’URSS alla Cina moderna non ha alcun senso.
Basta fare un giro per i centri commerciali di Shanghai (o Nanjing, dove abita Marta) per rendersene conto.
Idem per quanto riguarda il tasso di immigrazione e turismo (in Cina arrivano più turisti stranieri che in Italia). L’unico punto in comune che la Cina ha con l’URSS è che è retta da una dittatura, che tra l’altro dal famoso discorso di Deng Xiao Ping in poi (arricchirsi è glorioso) non è più neppure socialista…
2) Sono sempre stato una persona poco paziente. Personalmente passare tre anni in Cina mi ha aperto la mente, insegnandomi sopratutto la tolleranza verso chi ha una cultura diversa dalla nostra.
Un’altra esperienza in un paese del cosiddetto primo mondo (dico un’altra perché sono cresciuto in Italia e ho preso un Ph.D. in Francia) non mi avrebbe assolutamente arricchito allo stesso modo (parlo di cultura, non soldi). Chi ha vissuto in Asia lo sa bene.
hai scritto “La moda della Cina ultimamente spopola, specie tra gli italiani”
3) Mi sembra ci siano molti più francesi o tedeschi qui, quindi questo “specie tra gli italiani” è del tutto gratuito. O fatti un giro nella comunità online degli studenti di lingua cinese spagnoli. Scoprirai che è molto più sviluppata di quella italiana (e non sto contando i latino americani).
Detto questo, definire la Cina come una “moda” mi sembra un po’ riduttivo. Si tratta della seconda economia del pianeta per prodotto interno lordo. Prima lo si accetta meglio è. Sì, ha tanti problemi, come tutti i paesi delle dimensioni di un continente. Il futuro ci dirà se e come riuscirà a superarli. Ma perché, ti risulta che in Europa non abbiamo problemi?
4) Il concetto di “democrazia” è totalmente europeo-centrico. I cinesi non hanno mai conosciuto la democrazia, sono sempre vissuti sotto una dittatura. Non entro nel merito del fatto che questo sia giusto o sbagliato, però accetto che ogni paese e ogni cultura deve seguire il proprio percorso di sviluppo. Se i cinesi vorranno la democrazia se la prenderanno. Questo discorso mi ricorda tanto l’esportazione della democrazia che ci ha portato in Iraq e Afghanistan, guerre che non approvo.
5) Dire che in un’ottica lavorativa la Cina non offre un granché mi sembra una bestemmia alle teorie economiche di base. A parte essere il paese esportatore più importante del pianeta, con un mercato interno di 1,5 miliardi di persone (di cui quasi la metà abita nelle città) la Cina è uno dei mercati di importazione più appetibili. Chi lo ha capito fa già i miliardi, ad esempio KFC, McDonald, le grandi marche di moda, la Ferrari (che ormai vende più qui che altrove), etc.
Chi parla cinese al livello di Marta (HSK5) non avrà nessun problema a trovare lavoro. Chi è rimasto in Italia o è andato a farsi il solito anno negli Stati Uniti o in Canada come tutti cos’ha da offrire più di un qualsiasi altro studente che parla inglese? Probabilmente niente.
p.s. la re-localizzazione delle imprese è processo che sta avvenendo, su questo ti do ragione. Ma 1) più lentamente di quello che si pensa 2) solo per certi tipi di industria. La Cina continuerà a esportare ancora per un bel po’.
Saluti,
Furio
Caligolas dice
Ti ringrazio per la risposta, a cui vorrei replicare ulteriormente di seguito (per punti, in modo da seguire cio’ che hai tracciato).
1) Sono stato in Cina recentemente, nel 2010 piu’ precisamente. La mia frase sull’iPhone era volutamente provocatoria, e voleva sottolineare come l’unica differenza con l’URSS dei suoi tempi sia il fatto che la Cina e’ aperta al capitalismo. Che questo si evinca dagli iphone fatti in cina o dal poter comprare una borsa Prada a Pechino, e’ irrilevante. D’altronde nel paese puoi comprare Gucci e farti un giro in Ferrari, ma non criticare pubblicamente il governo (pena, se sei fortunato perche’ straniero, il rimpatrio).
Sul fatto che abbia tanti visitatori e turisti, certo che si’ (d’altronde e’ anche ben piu’ estesa dell’Italia, con una storia incredibile ed una cultura eccezionale). Sul fatto della dittatura cinese, beh, sulla carta e’ ancora socialista…ma che la definiscano tale o meno poco cambia, per quel che e’.
2) Sicuramente vivere una cultura cosi’ immensa che, ripeto, conosco (non sono il tipico “padano” citato nella 2a parte dell’articolo che sostiene che i cinesi portino malattie), e’ un’esperienza magnifica e che consiglerei a chiunque.
Eccezion fatta per le 16enni che debbano vivere e studiare 1 anno in un rigido sistema scolastico/familiare improntato a rigidita’ e indottrinamento. Proprio qui sta la mia “critica”, non certo all’esperienza di per se’ quanto alla validita’ dell’esperienza come 4o anno di liceo.
3) Il fatto che ci siano tanti francesi o tedeschi e’ la prova che quel che sto dicendo e’ sensato. Altri paesi sviluppati hanno “colto” l’opportunita’-Cina decenni or sono, ed ecco perche’ oggi sono li’ con nutrite comunita’. In Italia ci siamo svegliati relativamente di recente, e negli ultimi anni ci siamo accorti che mentre noi discutiamo se sia lecito o meno costruire un ponte su uno stretto, dall’altra parte del mondo c’e’ una nuova potenza economica seconda solo agli Stati Uniti. Il processo andava iniziato tempo fa.
4) Lecito. I cinesi d’altro canto sono forse l’unico popolo al mondo piu’ difficile da governare che gli italiani.
Ripeto pero’ che se fosse mia figlia 16enne preferirei che vivesse in un contesto democratico piuttosto che in uno basato su principi dittatorial-socialist-capitalistici di dubbia validita’. Tanto e’ grande la cultura cinese del passato (anche qui, forse l’unico popolo – chiamarlo “popolo” e’ riduttivo – che abbia avuto una storia piu’ poliedrica e duratura dell’Italia), tanto, in tutta sincerita’, mi permetto di dire che i valori su cui si basa la politica cinese odierna sono discutibili.
Non si parla di “importare la democrazia”, anche perche’ il mio discorso era basato sul mandare una 16enne a studiare in Cina, certo non su ipotesi fantascientifiche di guerra ai cinesi. D’altro canto senza disquisire sulla validita’ o meno della democrazia, a prescindere da che forma di governo un paese abbia, se questo viola diritti umani fondamentali (potrei citarti il diritto di espressione, ma la Cina ha macchie ben piu’ oscure su altri diritti), mi pare lecito asserire che stia sbagliando.
5) Che la CIna sia il futuro era vero 20 anni fa. Ecco cio’ che intendo quando dico che in Italia ci svegliamo tardi. Non e’ questa la sede per disquisire su aspetti economici e legati al mondo del lavoro, ma in breve:
– Nel giro di 30 anni la Cina avra’ una popolazione di anziani difficilmente sostenibile, e la sfida enorme che parte da oggi sara’ riuscire a provvedere a loro senza far perdere competitivita’ al paese. Al contempo gli USA avranno invece una delle popolazioni con l’eta’ media piu’ bassa tra i paesi sviluppati.
– Il mercato DEL LAVORO cinese (come il welfare statale) e’ indietro di 40 anni (minimo). In Cina oggi lavori se sei un operaio sottopagato senza diritti oppure se sei un superqualificato manager occidentale. Mentre in paesi come Australia o Canada si puo’ pensare di trasferircisi a studiare per poi trovarsi un lavoro, metter su famiglia e avviare una vita benestante, in Cina non vale lo stesso ragionamento. Piu’ facile e’ arrivarci da occidentale che lavora in una delle aziende da te citate.
– Se togliamo l’Europa dall’analisi, gli altri paesi hanno sicuramente problemi minori da affrontare che la Cina. Fosse anche solo perche’ de facto e’ il primo paese che si sta trasformando da in via di sviluppo a sviluppato dagli inizi del ‘900. C’e’ un’enorme incognita sulla Cina, e nessuno sa cosa ci sia dietro.
Insomma, per farla breve: cos’hanno in piu’ i “classici” paesi rispetto alla Cina? Un sistema educativo libero e sopratutto di immensa qualita’ (a parte rare eccezioni l’eccellenza accademica ed universitaria risiede ancora tutta in paesi sviluppati), un welfare e un mercato del lavoro eccellenti e non per ultimo un sistema democratico e con informazione ed espressione libera. Che puo’ far comodo o meno, per carita’, ma per parafrase churchill la democrazia e’ una forma pessima di governo, ma pur sempre la migliore che esista.
Marta dice
Non rispondo per punti perché non sono capace, non ho tempo o forse perchè so che tanto non ti convincerò mai.
Ci tengo solo a dirti che in Cina non mi ha mandato nessuno, i miei genitori mi hanno LASCIATO venire qui e hanno rispettato le mie scelte. Avessero dovuto scegliere loro probabilmente mi avrebbero mandato in altri posti ma, in quanto mi rispettano, mi hanno lasciato scegliere quello che volevo io e mi hanno appoggiata nelle mie scelte e idee, che è il meglio che un genitore possa fare.
Essere in un ambiente così chiuso e rigido mi ha fatto capire davvero perché devo apprezzare la democrazia, come la intendiamo noi, e perché devo essere fiera dei risultati a cui è arrivato il “nostro mondo occidentale” e anche a capire su cosa il mondo ha ancora da lavorare. Se devo pensarci seriamente mi verrebbe da dire che la Cina mi ha aperto la mente, non chiusa, proprio perché arrivo da un ambiente così diverso e appunto ho 17 anni e non 7.
Detto ciò, non ho sicuramente scelto per moda (AFS ogni anno manda più di 200 studenti negli USA e non ho idea di quanti in Europa, decisamente di più di quelli che vengono in Cina) ho scelto perché sono innamorata di questa cultura, di questa lingua che adesso parlo senza problemi e di questa gente che ti fa sentire a casa senza conoscerti minimamente.
Fra meno di 2 giorni lascerò la mia adorata famiglia cinese e la Cina, salirò su un aereo che mi porterà nella mia terra natale, nel nostro amato occidente, e più ci penso più sto male, più piango… forse questo significa ancora di più quanto la Cina sia stata e sia importante per me… di sicuro non è stato un capriccio, una moda o un passatempo: penso che la Cina e la sua cultura saranno parte di me per sempre.
Dire “faccio i complimenti a Marta, ma quello che fa è sbagliato” se posso permettermi non capisco neanche cosa voglia dire. Mi fai i complimenti perché ho fatto una scelta coraggiosa e difficile ma poi sostieni che lo abbia fatto perché lo fanno tutti. Dici che la Cina ha una cultura fantastica ma che sia sbagliato calarcisi a 360° e conoscerla fino in fondo come ho fatto io. Allora quello che ho fatto è bene o male???
Ti chiedi “cos’hanno in piu’ i “classici” paesi rispetto alla Cina? Un sistema educativo libero e soprattutto di immensa qualita’” a questo ho bisogno di risponderti perché non so cosa tu sappia ma io conosco una quantità enorme di ragazzi che hanno fatto il liceo in giro, o stranieri che sono adesso in Cina e ti posso assicurare che i super-sistemi scolastici del resto del mondo hanno molte pecche. Il super liceo americano ti fa fare tante belle attività sportive e poi la maggior parte degli studenti che escono di lì prendono medie inferiori negli SAT dei loro colleghi cinesi. Il sistema cinese ha tanto da imparare, e sono la prima a dirlo, ma ti assicuro che le mete “classiche” portano la maggior parte degli studenti scambisti a disimparare a studiare per quanto sia facile portare a casa dei votoni senza fare nulla… se non altro in Cina ho imparato a farmi il mazzo, che considerando la concorrenza che c’è oggi non è male.
Non so se tu abbia un/a figlio/a e quanto grande sia… nel caso ti consiglio solo di lasciargli fare le scelte che vuole e non permettere alle tue idee, chiaramente non imparziali, di influenzarlo/a perché se sono dove sono e quello che sono lo devo al fatto di aver sbattuto la testa sufficienti volte e aver inseguito le mie passioni; e oggi posso dire che, anche se ho ancora tanto lavoro da fare, sono abbastanza fiera di quella che sono adesso.
Saluti
凌薇
Caligolas dice
Ciao marta, mi fa piacere che mi abbia risposto anche tu direttamente.
Comincio subito col specificare una cosa: quando mi riferisco al livello di educazione “eccellente” non faccio certo riferimento a quello di liceo e scuola dell’obbligo. Perche’ a prescindere da dove si vada credo proprio che il 4o anno all’estero sia, inevitabilmente, una perdita in termini di nozioni pure, ma un guadagno in termini umani e di esperienza personale (oltre che linguistico). D’altronde credo che persino tu in Cina abbia perso non poco in termini di puro insegnamento, visto che da quel che leggevo passi la giornata scolastica a studiare cinese (e non matematica, scienze, storia e quant’altro).
Mi riferivo invece al sistema universitario, sicche’ quello cinese non e’ al pari con quello occidentale (a parte rare eccezioni dove, tu saprai meglio di me, e’ difficilissimo entrare se non si e’ cinesi). Cosa c’entra con il fare il 4o anno di liceo all’estero? C’entra perche’ vivendo un anno in un paese e imparando bene la lingua e’ poi realistico pensare di tornarci per i propri studi universitari. Farlo in Cina ha un senso limitato, tornare in USA o UK per studiare in un’ottima universita’ e’ gia’ diverso.
Detto questo, mi spiace tu abbia preso come un attacco alla tua persona e alle tue scelte quello che ho esposto precedentemente. Il discorso che facevo (e faccio) e’ che, in un’ottica puramente utilitaristica, scegliere uno dei paesi occidentali “classiche” mete di questi scambi, e’ ancora la best option rispetto alla Cina.
Idolatrare questo paese o questo tipo di scambio secondo me e’ erroneo, considerando poi che mentre una persona come te puo’ essere in grado di capire quest’esperienza, altri tuoi coetanei (come leggevo in questi articoli) non ce l’hanno fatta a reggere la differenza culturale. Si rischia poi di invogliare troppa gente verso un’esperienza che forse non e’ per tutti, e che anche al netto di quanto sia arricchente, forse da un punto di vista, ripeto, utilitaristico, non e’ superiore a USA o Canada. Se questo articolo fosse stato scritto con al fondo una breve riflessione sulle difficolta’ e limiti oggettivi di questa esperienza, non avrei avuto nulla da ridire (non me ne volere, Furio).
Per il resto, sono contento che tu scriva che questa esperienza ti ha fatto capire quanto e’ prezioso e quanta fatica costa il sistema democratico in cui viviamo, e non ritengo assolutamente che tu abbia 7 anni o che abbia scelto la Cina per “moda” (la moda di cui parlavo era rivolta piu’ a gente della mia eta’, che forse dovrebbe fermarsi a ragionare sui limiti di questo paese). Se mai avro’ figli non impediro’ certo loro di fare le scelte che riterranno opportune, compreso andare a studiare in Cina o paesi altrettanto esotici e distanti. Il punto sara’ che non li incoraggero’ a fare scelte in questo senso (cosa che, a quanto dici, neppure i tuoi genitori hanno fatto, ma magari qualcun’altro leggendo questo articolo potrebbe spingersi a fare).
marta dice
@ caligolas
rispondo qui perchè non mi lascia più scrivere sotto il tuo commento
Leggendo quello che scrivi sembra che dopo un anno in Cina non si possa entrare in un’università americana o inglese.
Volevo solo dirti che l’anno prossimo farò richiesta per entrare all’università e fra quelle a cui sto pensando ci sono anche 2 o 3 università negli Stati Uniti. Spero, e sono fermamente convinta, che le università tengano molto in considerazione il fatto che abbia passato la mia quarta liceo in Cina nel considerare le mie application.
Per quanto riguarda le nozioni, ho dato tutti gli esami del secondo quadrimestre con i miei compagni di classe e, se non ho sbagliato i conti, il voto più basso che ho in pagella dovrebbe essere un 79 (su 100, per passare serve 61) che direi che è decisamente meglio della media dei voti degli studenti europei in europa… All’inizio dell’anno (quando è stata fatta questa intervista) c’era una decisa barriera linguistica, che avrei avuto in qualsiasi posto di cui non conoscevo la lingua (non sarei andato in un posto di cui conoscevo già la lingua, sarebbe stato moooolto meno utile; prima di venire qui lo pensavo, adesso che parlo fluentemente cinese oltre che inglese, francese e italiano, ne sono assolutamente convinta)
Non so a quale università tu ti riferisca quando parli delle università eccellenti della Cina in cui gli occidentali non possono entrare, io conosco il modo di entrare all’università di Pechino (prima secondo il ranking cinese) con borsa di studio essendo stranieri; ho degli amici cinesi incazzati neri perchè per gli occidentali è molto più semplice entrare nelle loro università eccelenti che per loro.
Un ultima cosa, se ti riferisci al livello eccellente della scuola americana o inglese devi specificare a cosa ti riferisci: se commenti sotto un articolo che parla di liceo io assumo che tu parli di liceo… (Tra l’altro sono d’accordo con Furio che dice che in tante delle super università a cui ti riferisci sia difficile entrare e che non siano difficili in sè)
Ciao
Marta
Caligolas dice
Beh oddio prova ad entrare alla LSE, Oxford, Yale o anche nelle eccellenti universita’ europee (tipo Rotterdam, o perche’ no, persino la nostrana Bocconi) e poi dimmi se non ti devi fare il cu/lo per laurearti. Non so dov’e’ che Furio ha fatto questo dicorso ma mi sembra senza fondamento.
Per il resto, non ho mai detto che non si puo’ entrare in un’universita’ non cinese dopo aver fatto un anno in Cina, anche se e’ innegabilmente piu’ facile entrare in un’universita’ statunitense o inglese dopo aver fatto un anno in quei paesi.
Ripeto, la mia critica era rivolta all’elogiare troppo questo tipo di esperienza che sebbene encomiabile e’ ben lungi dall’essere “per tutti”. Sicuramente per te che l’hai fatta con successo e’ un valore aggiunto notevole.
Per finire, se vuoi un consiglio personale, lascia perdere le stracostose universita’ americane e vai a studiare in Germania, Francia o paesi nordici (ci sono corsi in inglese ovunque), che oltre ad avere universita’ eccellenti nelle classifiche internazionali costano cifre incredibilmente rasenti lo zero per i cittadini europei (e non, in realta’). Senza contare che vivere li’ (pur studiando in inglese) ti permetterebbe di aggiungere un’altra lingua al tuo gia’ impressionante “palmares”.
marta dice
Sicuramente nelle università americane e inglesi da te citate bisogna farsi il mazzo, ma prova a non fartelo alla Bocconi, al politecnico o a medicina e poi raccontami come finisci. Questo per dirti che non bisogna per forza andare oltreoceano per dover mettersi sotto. Se guardi, però, il numero della gente che non conclude l’università o va fuoricorso in Italia rispetto a quello degli Stati Uniti la differenza è abissale.
Poi sono convinta, magari mi sbaglio, che un selezionatore americano preferisca una persona che abbia fatto un’esperienza come la mia rispetto a uno che l’abbia fatta negli USA (tra l’altro in questo momento c’è una ragazza californiana che mi sta aiutando a fare le valigie che la pensa come me..)
Per quanto riguarda il tuo consiglio, mi sto guardando intorno, ho trovato delle cose che mi piacciono anche in Europa, ma preferisco il sistema universitario all’americana perchè ti permette di partire senza decidere il major da subito (almeno in alcune) e di studiare un po’ più “di tutto”, e dato che io non ho le idee per nulla chiare non sarebbe male. Tra l’altro le università americane danno moooolte più borse di studio che quelle nostrane, per cui guardando quello il discorso sul prezzo potrebbe cambiare. Detto ciò, a oggi la mia prima scelta assoluta sarebbe la succursale di Yale a singapore (che è un liberal arts college) chissà che al selezionatore non piaccia l’idea che io sia stata felicemente in Cina un anno; io ci spero.. ; )
Caligolas dice
Dire se un selezionatore americano preferirebbe te o una persona che ha fatto esperienza in USA e’ un po’ fantascientifico, dipende ovviamente dalle persone e dalle attitudini (alla fine nel passare le selezioni quel che conta sono i risultati ai vari test, un’esperienza come questa secondo me te la giocherai piu’ che qui, ancora meglio in ambito lavorativo quando dimostrerai di essere stata propensa all’internazionalita’ fin da giovanissima). Per il resto la pensiamo ugualmente: avevo infatti specificato come fosse necessario impegno dopo essere stati presi anche nelle universita’ italiane.
Comunque non so l’ambito universitario di tuo interesse preciso, ma dalla mia esperienza posso dirti che le bachelor degrees in Europa sono un po’ quelle che trovi anche in UK/USA (a livello di indirizzo “generico”), mentre per il master c’e’ poi tempo dopo (solo in italia consideriamo la magistrale essenziale, negli altri paesi si considera come un qualcosa da fare eventualmente dopo gia’ mentre si lavora – magari a spese dell’azienda). In ogni caso non so quanto tu sappia riguardo alle universita’ europee, ma se il tuo paragone sono quelle italiane sappi che c’e’ un abisso gia’ solo con Germania o Francia in quanto a metodo di insegnamento (da noi ancora molto frontale) e sopratutto efficienza degli atenei.
In bocca al lupo comunque con Singapore, sicuramente li’ la tua esperienza sara’ valutata ottimamente, e sono sicuro che impegnandoti ce la farai ad entrare con una borsa di studio.
Torna a fare un salto su questo blog per farci sapere com’e’ andata a finire!
Ciao
Caligolas dice
@Furio: Avevo malinteso, da come Marta aveva scritto sembrava che si intedesse che una volta entrati nelle universita’ occidentali non si fa niente.
Per il resto, va bene, ovviamente sei libero di gestire il blog come ti sembra piu’ consono :)
Furio Fu dice
@ Caligola
Molte delle cose che dici sono vere. Rifiuto però di concentrarmi solo sui lati negativi. La Cina possiede pro e contro, come ogni altro paese.
Inoltre il vantaggio più importante di andare a studiare all’estero non è l’efficienza del sistema scolastico, bensì quello di fare un’esperienza in un posto che possiede usi e costumi diversi dai tuoi.
Concordo con Marta, io ho fatto il quinto anno di università in Francia e il sistema non mi ha impressionato per niente. Il problema è che in US, UK, FR etc il difficile non è diplomarsi/laurearsi, bensì passare la selezione per entrare in una data highschool/università. E se sei uno studente estero ‘sti esami non li fai.
@ Marta
Capisco la tua frustrazione. In Italia si tende sempre a sottovalutare i giovani. E’ un po’ un paese per vecchi ; )
Furio Fu dice
Quoting Caligola:
>> Non so dov’e’ che Furio ha fatto questo dicorso ma mi sembra senza fondamento.
Io parlavo di esperienza all’estero come esterni (vedi Erasmus etc.). In quel caso non vi è bisogno di passare nessun esame, indipendentemente dal fatto che si vada ad Oxford o in una semi sconosciuta facoltà della periferia bulgara. L’unica concorrenza è quella interna alla tua università italiana (ovvero c’è più gente che fa domanda per entrare a Oxford, ma questo è un altro discorso).
Quoting Caligola
>>Ripeto, la mia critica era rivolta all’elogiare troppo questo tipo di esperienza che sebbene >>encomiabile e’ ben lungi dall’essere “per tutti”.
Chi scrive per “tutti” scrive aria fritta, ben attento a non offendere nessuno. A me piacciono i siti e i giornali di nicchia, politicamente scorretti, pensati per essere “amati” da pochi e ignorati dai più.
Penso e spero che anche questo sito ricada in questa categoria. Reputo i miei lettori persone intelligenti quindi non vedo perché dovrei trattarli come poveri cristi che non sono in grado di gestire la propria vita o carriera scolastica. Mi sembra anche un po’ offensivo.
Inoltre qua nessuno sta “idolatrando” la Cina. Se rileggi le mie domande troverai frasi come questa :
“Il sistema scolastico cinese è spesso proteso a omologare gli studenti piuttosto che a fargli esprimere la loro creatività.”
再见 : )
Elisabetta dice
Ho seguito con interesse, ogni mattina dalla Cambogia, questa telenovela di commenti tra Caligolas, Marta e Furio. Non saprei con chi schierarmi, comprendo il pensiero di tutti e tre e trovo interessanti le vostre rilfessioni. Vorrei però spezzare una lancia in favore di Marta e della sua esperienza cinese: forse è vero che durante l’anno trascorso in Cina avrà perso tante nozioni che hanno imparato i suoi compagni in Italia, ma non sono quelle che formano il carattere e sviluppano i talenti di una persona. Personalmente, non ricordo che poche nozioni apprese durante gli anni della scuola superiore. Ricordo però in maniera nitida certe conversazioni con persone che venivano a parlarci a scuola, incontri che hanno poi determinato certe scelte da me compiute negli anni a venire (lavorare per delle Organizzazioni Non Governative in Africa, Albania e Kosovo). Non credo si faccia un anno della scuola superiore al’estero per le nozioni che si apprendono, ma per l’esperienza che si acquisisce, l’imparare ad essere autonomi lontano da casa e ad affrontare solitudine e scoraggiamento, l’incontro col diverso, l’accettazione. Una mia amica fece un anno di scuola superiore negli USA: anche per lei fu formativo, non per i contenuti appresi (pochi), ma per l’esperienza in sè.
Non è un caso che un grande uomo come Tiziano Terzani scelse di far frequentare ai figli (allora riluttanti) la scuola cinese e non quella internazionale.
Furio Fu dice
Ciao Elisabetta,
Long time no talk : )
La penso come te. Dopo trent’anni di studio sono anch’io giunto alla conclusione che il nozionismo è inflazionato e la scuola non sia altro che una catena di montaggio.
Ho approfondito qui il tema: http://nonvogliolavorare.it/la-fine-del-lavoro/
Quello che conta è l’esperienza.
Elisabetta dice
Te lo sei sognato, cara Marta: è difficile che torni in Cina, devo ancora riprendermi dallo squallore di Beilun :D
marta dice
voleva essere una domanda per furio, mi sembra di aver letto che lui volesse andare da qualche altra parte; che tu non abbia apprezzato troppo questo angolo di mondo è cosa nota, chissà che un giorno tu non possa cambiare idea, io ne sono innamorata! ; )
furio dice
Sì vado in Thailandia ma solo di passaggio. A fine febbraio conto di rientrare in Cina : )
Elisabetta dice
BRAVA MARTA! Questa esperienza ti aprirà orizzonti, il cuore, la mente, e sarai pronta ad affrontare le prove della vita meglio di altri tuoi coetanei che sono rimasti nel loro nido italiano. E poi vedo dalla foto in shorts che ti stai già amalgamando alla moda cinese del super corto super sexy ;) Immagino la schiera di fan su QQ, che fu il mio incubo quando trascorsi un (seppur breve) periodo a Ningbo. Cinesi belli? Mai visti: sarà che le unghie lunghe dei ragazzi cinesi – dal pollice al mignolo – mi facevano scappare a gambe levate!
Furio dice
haha ciao Elisabetta,
mi mancano le minigonne cinesi qua in Italia!
marta dice
Short sexi e anti-caldo! Due piccioni con una fava!
Anche io non apprezzo le unghie lunghe, ma i miei coetanei non sono autorizzati ad averle (una delle 1500 regole di cui parlavo) per cui non devo preoccuparmene!
I fan di QQ continuano a limitarsi alle relazioni online, sarei curiosa di provare un approccio “offline” prima o poi, sarebbe come minimo antropologicamente interessante, chissà se succederà.. Io aspetto ;)
A questa stagione comunque, almeno qui a Nanchino, di minigonne se ne vedono poche, sarà per il freddo glaciale, ma adesso anche io preferisco i jeans..
Elisabetta dice
@Marta: Quella regola sulle unghie corte la apprezzo ;) E assolutamente non puoi non provare l’approccio offline: fa parte dell’esperienza, se non ci fosse sarebbe come aver mangiato senza sale per un anno. Non sai quante ricerche “antropologiche” ho fatto negli anni: ti aiutano a entrare nella cultura locale al 100% :D
Elisabetta dice
Sei in Italia? Ma come?? Pensavo non tornassi mai più… Vedi di tornare in Cina e anche in fretta!!
Furio dice
Come “pensavo non tornassi mai più”
Io adoro tornare in Italia ogni tanto. Anzi, sospetto che un giorno mi ritrasferirò in Sardegna : P
Elisabetta dice
Ma nooo scherzavo! E’ che io sono nella fase “e chi ci torna in Italia?”, visto che sono in viaggio da soli 6 mesi. Se hai questo sospetto, forse sei stanco di stare nel Regno di Mezzo? La Sardegna comunque mi dicono sia bellissima, e le persone che ci vivono sono molto solari
Furio dice
No, non sono stanco e infatti tra un mese tornò là. Però quella di tornare, un giorno, in Sardegna è un’idea che ho sempre avuto
marta dice
pensavo di aver letto andassi da qualche altra parte (non mi ricordo dove ;P) da questa parte di mondo, me lo sono sognata o ti manca così tanto la Cina che hai deciso di tornare qui?
Billy Can dice
Super complimenti per Marta!
solo 16 anni ma gia’ una vagonata di cose da insegnare!
marta dice
Grazie ;D
Per le cose da insegnare sono convinta ne abbia un sacco chiunque, se vuoi possiamo barattare qualcosa! ;P
manuela dice
Ciao Piccola grande Marta!
sono orgogliosa e fiera di leggere la tua avventura cinese!
Sei una vera forza della natura!!!
Ricordo con piacere quando piccola e sorridente giocavi con me a nascondino in ufficio VIP!!!
Mi sono “innamorata ” di te fin da quando eri piccola…. e ora posso solo essere entusiasta della tua vita!!!
Continua a scrivere le tue avventure… perché sia nella forma che nel contenuto traspare tutta la tua vitalità e la gioia di vivere!!
E’ meraviglioso trovare un’adolescente ottimista e pieno di vitalità!!!
Ti abbraccio da lontano!!!
Manuela …ex Vip…
marta dice
Grazie dei complimenti e del tuo abbraccio!
Se poi vuoi sapere cosa combino chiedi a mamma, ogni tanto a lei le cose le racconto.
Un bacione
Ivano dice
Complimenti a Marta per il coraggio di affrontare un cambiamento, seppur breve, ma radicale decisamente al di sopra della classica mentalità provinciale di un teenagers italiano. Anche io nonostante la voglia e la passione mi sono “mosso” con ritardo rispetto a Marta ma Furio come si dice meglio tardi che mai, no?
Sicuramente questa esperienza ti farà tornare in patria con un bagaglio culturale non indifferente! mi auguro che molti più ragazzi come te seguano il tuo esempio! Un saluto a tutti e buon natale!
Ivano da Hangzhou :D
marta dice
Grazie per i complimenti
Secondo me non c’è un momento “giusto” per muoversi, tante persone pensano che il mio sia quello sbagliato. Dal canto mio penso che ognuno abbia il proprio momento giusto, che siano 16 anni o 70.
Per quanto riguarda il mio “bagaglio che mi porterò a casa” penso che oltre alle tante cose imparate sarà pieno di emozioni, belle e brutte, che forse valgono ancora di più.
Buon Natale anche a te ;)
(e buon compleanno a me perchè a santo Stefano il titolo di questo articolo diventa sbagliato : P)
furio dice
Il titolo non si cambia che 17 porta sfiga haha
Comunque l’età giusta secondo me è soggettiva. Alcuni sono già pronti a 16 mentre altri alla stessa età fallirebbero miseramente (magari restando bruciati) mentre farebbero bene ai 25.
Più che di maturità secondo me è un problema di flessibilità e adattabilità
marta dice
ma come.. abiti in Cina e non ti sei ancora fatto contagiare dalle superstizioni cinesi???? cioè io ormai ho paura del 14 (“yaosi” voglio morire) altro che del 17!! ; P
furio dice
“Io non mi sento italiano ma perf fortuna o purtroppo lo sono” Giorgio Gaber ; )
ileana dice
ciao marta complimenti! Sei stata davvero in gamba a fare una scelta del genere, questa esperienza ti fara’ apprezzare ancora di piu’ quello che ritroverai in Italia…..
marta dice
grazie, penso che più che altro mi aiuterà ad apprezzare quello che c’è da apprezzare e a disprezzare quello che invece non va. Per lo meno questo mi sta succedendo qui, avendo a disposizione due realtà così diverse ovviamente si è portati a confrontarle, e un’analisi così approfondita di quello che ho intorno come quella che sto facendo adesso penso di non averla mai fatta prima do’ora.
stefano dice
non e’ che si debba essere pazzi per vivere in cina pero aiuta molto…
marta dice
pazza? perchè no!
Se ci pensi, essere equilibrati è nella media, io di solito preferisco scegliere la mia strada, uscire dal gregge e fare quello che mi va in somma, e se per farlo bisogna essere un po’ svitati io sono pronta ad esserlo con il sorriso sulle labbra! ;)
fily1212 dice
Oddio Marta, provo un pizzico di invidia nei tuoi confronti!!
Sono un ragazzo di genitori cinesi nato in Italia e conosco pochissimo il cinese…
Dovrei sfruttare di più le possibilità che ho, ed impararlo! Ma crescendo in Italia mi è ovviamente più facile parlare italiano…
Quando hai parlato della carta igienica mi hai fatto morire, il primo giorno tra me e mia sorella abbiamo intasato due volte il bagno della nonna xDDDD
marta dice
pensa se fossi stato a casa di sconosciuti.. ahah.. un ragazzo che è stato qui qualche anno fa ha dovuto sturare il bagno 3 volte prima di imparare!
nana82 dice
Un intervista molto interessante. Io ho insegnato inglese l’anno scorso in Nanjing e quest’anno in una tipica e tradizionalissima scuola superiore. Leggere di Marta e delle sue avventure da anche a me una migliore visione dei miei cari studenti cinesi. Attendo la seconda parte con curiosità.
Complimenti per il blog. Interesting read and useful tips on learning Chinese!!!
Alex dice
Una curiosità riguardo a questo… come hai fatto a insegnare inglese in Cina?
Sei di madrelingua inglese? Oppure in Cina cercano insegnanti in base alle capacità effettive piuttosto che ai titoli e alle qualifiche?
Sono curioso perchè mi piacerebbe insegnare una lingua ricevendo in cambio l’apprendimento del cinese (vivendo in Cina tutti i giorni, per un anno magari) ma la mia lingua madre è l’italiano e non so quanto i cinesi siano effettivamente interessati ad impararlo…
Grazie
marta dice
Io ho dato lezioni private, tipo ripetizioni, così facendo se sai l’inglese puoi spacciarti per inglese e nessuno verrà mai a chiederti un documento.
Detto questo io ho sempre detto di essere italiana e di sapere molto bene l’inglese e sono sempre stata piena di clienti, per loro sei bianco = sai l’inglese.
Però il mio era un passatempo per fare su qualche soldo, non è mai stata una cosa troppo seria, quindi non so effettivamente quanto si trovi, comunque se sei disposto a lavorare alla sera e nei weekend e ti fai pubblicità fuori dalle scuole secondo me trovi in fretta clienti! ;)
Alex dice
Grazie
penso però che preferirei lavorare in una scuola, magari come assistente linguistico. Sarebbe un’entrata più sicura.
Al momento sono in Inghilterra per un erasmus e vedo che il ministero dell’Istruzione qui offre questa possibilità (remunerata!) agli studenti inglesi dopo la loro laurea… non credo si possa dire altrettanto del ministero italiano.
marta dice
Non ho idea di come fare, io forse mi appogerei ad un’agenzia.. però ovviamente per i non inglesi è più difficile..
Furio dice
Ciao Nana,
grazie del commento
devo dire che io ho imparato un sacco di cose che non sapevo dai racconti di Marta, molte delle quali saranno online tra due giorni : )